• In questo testo ci si chiede se sia possibile perseguire, anche nel campo delle scienze sociali, non soltanto una «comprensione intuitiva» o «interpretativa», ma – come ac cade per le scienze fisiche o naturali – una «spiegazione causale» dei processi storico-sociali osservati. Per questo riteniamo che questo testo possa essere utile nell’insegnamento delle scienze umane e sociali nel nostro paese. Nel primo capitolo si discute dell’impianto metodologico di vari autori come Elias, Bendix e Wallerstein, nessuno dei quali tuttavia mostra di utilizzare metodi in gra do di raggiungere una spiegazione causale. È solo nel secondo capitolo, dedicato a Max Weber, che si vede come questo autore, tramite l’analisi storica comparata e la tecnica narrativa e «iterativa» cui egli ricorre, sia invece in grado di raggiungere una spiegazione causale, con riferimento, in particolare, alle origini del capitalismo in Occidente. Weber dimostra infatti il ruolo autonomo e innovativo rilevante che possono svolgere determinati soggetti dotati di forti convinzioni etiche (come i profeti giudaici o gli imprenditori protestanti), nell’indurre mutamenti importanti nei canoni sociali e morali dominanti. Il terzo e ultimo capitolo offre poi un riepilogo delle caratteristiche dell’analisi storica comparata, mentre nell’appendice si mostra come la concezione del «capo carismatico» di Weber muti negli ultimi anni della sua vita e come questo mutamento si comprenda meglio «storicizzando» Weber, cioè situandolo nella temperie della crisi politica e sociale della Germania di Weimar.
  • Il volume raccoglie i lavori del convegno svoltosi a Genova il 24 maggio del 2018 nell’ambito delle iniziative per il centenario della nascita di Alessandro Natta. I saggi contenuti nel volume sono frutto della rielaborazione delle ricerche presentate in occasione della giornata di studi genovese e tematizzano in particolar modo il nesso tra politica e cultura che ha caratterizzato la biografia di Natta. Sono state inoltre pubblicate le testimonianze, fonti preziose grazie alle quali emergono aspetti pubblici e privati della sua esistenza. Seguendo questo filo rosso e avvalendosi anche di fonti d’archivio solo di recente disponibili, i saggi affrontano alcuni snodi della vita del dirigente comunista: la formazione alla Scuola Normale di Pisa, il periodo di direzione dell’Istituto Gramsci, il rapporto col movimento studentesco, la collaborazione con Enrico Berlinguer tra il 1972 e il 1984, gli anni alla guida del Pci e infine il suo contributo alla conoscenza della storia del comunismo italiano e della Resistenza.
  • Il libro affronta il tema complesso ma avvincente che riguarda la sa lute delle persone e il loro benessere, e come la programmazione pubblica possa concorrere a determinare questa condizione. A questo riguardo non vi è dubbio che l’Italia si collochi tra i Paesi più avanzati del globo per quanto concerne lo stato di salute e la durata della vita ma og gi, dopo 40 anni dall’istituzione del Sistema Sanitario Nazionale, cosa sta realmente avvenendo all’interno delle regioni? Gli stessi principi costitu zionali della promozione della salute con quelli della salvaguardia dell’ambiente richiedono il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile del l’Agenda 2030 dell’ONU. Ma, co me sostiene anche l’ASviS, aumentano le difficoltà e le disuguaglianze negli accessi ai servizi sanitari, si assiste al drastico ridimensionamento degli operatori e alla crescita della spesa sostenuta direttamente dalle famiglie e dai cittadini. Nerina Dirindin, di fronte a questo scenario, ci invita a considerare come la programmazione degli interventi in sanità debba partire necessariamente dai bisogni dei cittadini e non dal desiderio di avviare l’ennesima «riforma organizzativa» di aziende sanitarie e ospedali, o il rilancio – molto di moda in questo periodo – di preoccupanti forme di autonomia regionale che mettono a rischio l’applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in tutto il Paese.
  • L’idea di questo libro è nata per raccontare quello che ha voluto dire per i lavoratori del Monte dei Paschi di Siena confrontarsi con un evento fondamentale nella storia del Paese; nel 2009 infatti era entrata a far parte di Montepaschi la Banca Nazionale dell’Agricoltura nella cui sede di Piazza Fontana fu consumata la strage, dunque in seguito alla fusione i lavoratori e i sindacalisti della banca si sono sentiti, se possibile, ancora più coinvolti. Viene così raccontato tutto ciò che, negli anni, il coordinamento Fisac Cgil del Monte dei Paschi ha realizzato per ricordare quei tragici avvenimenti, dando con tinuità al lavoro compiuto precedentemente dal sindacato della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Sono stati inoltre coinvolti giornalisti, storici, militanti politici e sindacali, scrittori, artisti, familiari delle vittime, per acquisire la loro conoscenza e memoria sulla strage e per dare voce anche ai sentimenti evocati dal ricordo. Vengono inoltre ospitati nel libro gli interventi di una scrittrice e di un gruppo di cartoonists che, pur non avendo vissuto direttamente gli anni di cui si parla nel libro, hanno fornito contributi preziosi utilizzando le loro specifiche for me d’arte. Si è così composto nel libro un concerto di voci, un tributo, un coro, un corteo di parole, «Parole per Piazza Fontana». Con il contributo di Carlo Arnoldi, Alessio Atrei, Simona Baldanzi, Marco Cattaneo, Lido Contemori, Francesco Del Casino, Saverio Ferrari, Paolo Lombardi, Paolo Morando, Antonio Pizzinato, Saro Pizzuto, Tiziano Riverso, Vanessa Roghi, Guido Scalvinelli, Fortunato Zinni.
  • QRS N. 3/2019

    22.00 
    • Le inchieste operaie e i cambiamenti del lavoro 
    • Mercato del lavoro e riforme in Brasile 
    • Euro al capolinea?
  • Nel corso degli ultimi decenni, con la crescita dell’economia della conoscenza e della creatività, gli spazi di collaborazione sono aumentati in modo esponenziale come risposta alle molteplici esigenze dettate dai recenti cambiamenti nel contenuto e nelle forme di lavoro, dalla forte spinta alla creatività a diversi livelli e dai sempre più frequenti e necessari processi di rigenerazione urbana e sociale. Gli spazi di collaborazione sono luoghi dove attori provenienti da diversi contesti e con differenti background svolgono la loro attività lavorativa e professionale uno accanto all’altro. Pur non lavorando per la stessa azienda o sullo stesso progetto lavorativo (o addirittura nello stesso settore), essi condividono lo stesso ambiente di lavoro e i relativi servizi e risorse materiali. Il presente studio analizza i fattori organizzativi e, in particolare, le dinamiche relazionali che, all’interno di spazi di collaborazione orientati ai lavoratori delle industrie creative, incidono sulla creatività delle persone che li frequentano.
  • L’articolo propone un’analisi delle forme e strategie organizzative e delle logiche e modalità di azione degli attori della rappresentanza degli interessi nell’ambito delle industrie creative. A tal fine, presenta i risultati di un progetto di ricerca con specifico riferimento al caso italiano, mettendo a confronto due settori di attività tra loro diversi per età, struttura, forme di impresa e caratteristiche del lavoro, oltre che per tradizione associativa: il graphic design e lo sviluppo di videogiochi. Esso mostra come gli attori tradizionali giochino un ruolo limitato, seppure non irrilevante, e condividano lo spazio della rappresentanza con altri tipi di attori e forme aggregative spontanee. Fa quindi emergere una soggiacente tensione tra individualismo e comunitarismo e tra logica del mercato e logica della comunità.
  • Nel 1990 alcuni professionisti nel settore della musica e teatro si riuniscono nella cooperativa Doc Servizi: in qualità di soci lavoratori trovano riconoscimento professionale e tutele sociali, negoziando migliori condizioni di lavoro, di sicurezza e di mercato in stretta sinergia con le organizzazioni sindacali. La loro esperienza oggi viene mutuata alle nuove attività dell’innovazione e creatività, nella gig economy, oltre al settore dello spettacolo.
  • L’alta incidenza del lavoro indipendente in Italia rispetto agli altri paesi dell’Ue deriva soprattutto dal peso della componente senza dipendenti, un aggregato statistico poco omogeneo. Tra questi lavoratori ve ne sono alcuni che sperimentano una limitata autonomia organizzativa, con livelli di subordinazione prossimi a quelli dei lavoratori dipendenti: difatti il confine tra dipendenza e autonomia è tutt’altro che netto, tanto che nel corso della 20th International Conference of Labour Statisticians dell’ottobre 2018 è stata approvata una nuova classificazione dello status nell’occupazione, che ha individuato la nuova figura del dependent contractor, a cavallo tra autonomia e subordinazione. Allo stesso tempo, nel 2017, il modulo ad hoc della Rilevazione sulle forze di lavoro europea è stato dedicato proprio al lavoro autonomo, con l’obiettivo di descrivere le principali caratteristiche del lavoro indipendente e nel tentativo di definire le figure ibride. In questo studio i lavoratori indipendenti sono distinti in tre aggregati più omogenei e coerenti al loro interno, la cui lettura su base geografica fornisce ulteriori elementi di riflessione sulle differenze nei diversi mercati del lavoro ponendo alcuni interrogativi sulle componenti più fragili del lavoro indipendente.
  • In Italia, le retribuzioni sono basse, più basse dei principali paesi europei a noi paragonabili, ad eccezione della sola Spagna. È quanto emerge da un report della Fondazione Giuseppe Di Vittorio che mette a confronto le retribuzioni del lavoro dipendente in Italia con quelle delle altre 5 maggiori economie dell’Eurozona, utilizzando dati elaborati dall’Ocse. Nel 2017 le retribuzioni medie italiane nella statistica dell’Ocse sono pari a 29.214 euro lordi annui, in lievissima crescita rispetto al 2001, in diminuzione rispetto al 2010 e rispetto al biennio 2015-2016. Il divario nei livelli retributivi rispetto alle altre economie, dunque non solo è ampio ma si è andato allargando dal 2010 in poi. Le retribuzioni annue tedesche, invece, sono cresciute in modo consistente negli anni più recenti; in Francia, e in misura più contenuta, anche in Olanda e Belgio, sono calate nel 2017 rispetto al 2015, ma registrano comunque una crescita rispetto al 2008. Come si può notare, prendendo a riferimento il periodo della crisi 2008/2015 e i due anni di cosiddetta «ripresina» 2016/2017, tutti gli altri paesi hanno nel 2017 registrato un incremento delle retribuzioni lorde annue rispetto al 2008. In Italia, invece, si registra un calo; si conferma così, anche sul versante retribuzioni, il dato generale relativo all’economia che vede l’Italia calare più degli altri paesi quando l’economia è in crisi e non recuperare adeguatamente neanche dopo le fasi di sviluppo. La scarsa crescita delle retribuzioni è uno degli effetti, ma è anche causa, dello scarso sviluppo del paese; provoca gravi disagi alla condizione delle persone, fa lievitare il lavoro povero e rappresenta una delle cause della permanente situazione emergenziale dei conti pubblici italiani.
  • Il saggio è frutto della relazione presentata al Convegno internazionale 200 Marx. Il futuro di Karl. Convegno Internazionale (Roma, 13-16 dicembre 2018) nell’ambito della Sessione Per la critica del capitalismo globale. A partire dall’analisi del rapporto tra globalizzazione odierna e populismi contemporanei, con connessi sovranismi, l’A. si domanda se un ricorso a quella singolare attenzione alla spiritualità presente nel giovane Marx non possa aiutare nell’interpretazione anche dell’oggi.
  • Il mondo del lavoro, il sindacato e la Cgil in particolare hanno ritenuto di dover dare ampio rilievo con un ciclo di iniziative, insieme ad altre prestigiose Fondazioni, a una riflessione su Marx, non semplicemente per un obbligo di onomastico e di ricorrenze, ma per una ragione «banale» e al tempo stesso intrinseca: Karl Marx «non esiste» fuori dal lavoro. Credo che non ci sia la possibilità di espungerlo, nonostante tutti i tentativi di alleggerirne la complessità e le finalità del suo pensiero e delle sue riflessioni, dalle vicende del mondo del lavoro. È infatti il mondo del lavoro a rimanere, nonostante tutte le illusorie analisi volte a stabilire la fine del lavoro stesso, sostanzialmente il baricentro, il perno della società e della storia contemporanea. È evidente, dunque, che per il mondo sindacale in particolare la figura di Marx e il suo pensiero rimangono un costante punto di riferimento analitico e, insieme, valoriale.
  • Dalla seconda metà del 1990 i paesi europei hanno attuato politiche volte ad aumentare il concetto di flessicurezza ridefinendo principi cardine dello stato sociale. Negli stessi anni, un altro fenomeno è apparso con estremo vigore il costante e forte aumento del debito privato familiare. Alcuni studi hanno evidenziato una relazione tra questi due fenomeni, individuando, nell’indebitamento familiare, un fattore stabilizzante di un più ampio processo di ridefinizione del welfare a seguito dei processi di finanziarizzazione dell’economia. L’articolo analizza, così, la funzione dell’indebitamento familiare e le sue implicazioni macroeconomiche per l’affermazione e stabilizzazione di un nuovo modello di welfare (capitalistico/finanziario) prodotto da una comune traiettoria neoliberale che ha attraversato l’Europa negli ultimi decenni.
  • L’autore analizza il recente Documento dell’International Labour Organization, «Lavorare per un futuro migliore», in cui si elabora una idea di sviluppo «centrata sulla persona». Il progetto, articolato su tre «pilastri» di «investimenti» e dieci gruppi di «raccomandazioni», propone una innovativa idea di sviluppo delle qualità del lavoro («lavoro dignitoso») e della crescita economico-sociale, in cui viene meno la tradizionale separazione dei «due tempi», l’economico e il sociale, che ha a lungo ostacolato l’azione del movimento del lavoro. In questa maniera, infatti, si prefigura la possibilità di un processo unitario di lotta per la libertà e qualità del lavoro nei luoghi di lavoro e la lotta per una società democraticamente e socialmente più avanzata.
  • L’avanzare degli studi su Industria 4.0 pone la necessità di riproporre quegli approcci epistemologici che analizzano il ruolo dei soggetti sociali coinvolti. In base ai primi risultati di una ricerca ancora in corso sulle condizioni di lavoro e salute dei lavoratori impiegati in aziende che stanno adottando tecnologie riferibili a Industria 4.0, l’articolo discute tre dimensioni di analisi cercando di metterne in rilievo alcune criticità. La prima dimensione tratta di un percorso non lineare di sostituzione tecnologica, la seconda mette in risalto la relazione spesso in ombra fra intensificazione del lavoro e salute, la terza cerca di evidenziare alcune linee di continuità con la logica taylorista della produzione.
  • Negli ultimi anni, la discussione su cambiamento tecnologico e futuro del lavoro è diventata centrale nei dibattiti di policy e nelle discussioni accademiche. Tuttavia, raramente il cosiddetto nuovo paradigma «Industria 4.0» viene calato all’interno di un’analisi approfondita dei processi di organizzazione del lavoro ed interazione dei soggetti operanti all’interno di un’organizzazione produttiva. In questo lavoro, proponiamo uno studio di caso sull’evoluzione storica della contrattazione aziendale all’interno dell’azienda automobilistica Lamborghini su alcuni temi specifici legati all’introduzione di nuove tecnologie, quali l’organizzazione del lavoro e la formazione dei lavoratori, attraverso uno studio approfondito della base documentale già utilizzata in Russo et al. (2018, 2019) ed una serie di interviste ai rappresentanti sindacali. La nostra analisi conferma la natura non neutrale del processo di innovazione tecnologica, esito della negoziazione tra direzione aziendale e lavoratori, e sottolinea la necessità di guardare con attenzione al ruolo delle relazioni industriali a livello aziendale per comprendere la direzione dei cambiamenti in discussione oggi.
  • Il presente contributo presenta alcuni risultati di un’ampia ricerca promossa dalla Fiom Cgil che ha esplorato la percezione dei lavoratori rispetto all’impatto sulle condizioni di lavoro e sugli spazi di partecipazione dell’introduzione del modello World Class Manufacturing (Wcm) negli stabilimenti del gruppo Fca-Cnh. Si mostra come, nel modello di produzione snella implementato da Fca-Cnh, le logiche di intensificazione del lavoro tendano a predominare sull’attenzione per i miglioramenti ergonomici e della sicurezza, sulle logiche di empowerment dei lavoratori e sulle pratiche di partecipazione. Questa tendenza non è tanto il risultato di una scorretta o distorta applicazione del modello Wcm, quanto piuttosto il frutto di una tensione intrinseca ai modelli lean, che origina dagli imperativi organizzativi tra loro contrastanti, e del modo in cui queste tensioni vengono accomodate dal management in ogni specifico contesto aziendale.
  • Analizzando il principale centro logistico italiano di Amazon attraverso l’etnografia e l’osservazione partecipante, l’articolo porta al centro del dibattito sulle piattaforme il tema dell’organizzazione scientifica del lavoro e del taylorismo e ne mette alla prova la pertinenza e l’attualità. Nella prima parte viene presentato il funzionamento interno del centro di distribuzione, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, la gestione della manodopera e il rapporto fra forza a lavoro e management. Nella seconda parte questi aspetti vengono osservati nella loro evoluzione , in cui si susseguono due fasi di sviluppo dell’organizzazione e delle relazioni lavoratori-management: la prima, «neo-familistica» e consensuale, nella quale l’impresa riesce a integrare la forza-lavoro nel processo produttivo; la seconda, «burocratico-disciplinare» nel quale la crescente taylorizzazione, insieme ad altri fattori, mette in crisi l’integrazione della forza-lavoro. Dalla ricostruzione emerge la pertinenza del concetto di taylorismo così come teorizzato da vari autori (fra cui Braverman, Burawoy, Edwards), ma a condizione di prenderne in considerazione i limiti e gli aggiustamenti.
  • I cambiamenti nella struttura e negli obiettivi che hanno caratterizzato il settore bancario hanno importanti ricadute sulle condizioni di lavoro, i livelli di soddisfazione e le aspettative dei lavoratori del comparto. A partire dalla discussione dei risultati di una indagine condotta su 400 lavoratori della regione Toscana, il paper evidenzia il progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e un abbassamento dei livelli generali di soddisfazione con importanti differenze legate soprattutto all’anzianità di servizio.
  • L’articolo riflette sulle trasformazioni dei rapporti di lavoro che il nuovo ordine postindustriale esige. In particolare mette a fuoco il lavoro autonomo professionale di nuova generazione, partendo dalla duplice considerazione che è l’unica categoria occupazionale in crescita e che sta smascherando i limiti della regolazione del lavoro affermatasi fino ad oggi in Europa. Attraverso i risultati di una ricerca comparativa europea, si indaga sulle condizioni di lavoro e di reddito dei professionisti indipendenti, sull’accesso alle tutele sociali e sulla rappresentanza collettiva. Ne emerge un quadro composito dove, accanto all’affermazione di valori soggettivi intrinseci al lavoro autonomo come mezzo di autorealizzazione, si affiancano chiari elementi di precarietà economica, svalutazione delle competenze e vulnerabilità sociali. Redditi da lavoro mediamente bassi o molto bassi, frammentazione e accumulo delle prestazioni professionali, uniti all’individualizzazione dei rapporti di lavoro e all’isolamento dei prestatori d’opera, sono caratteri tipici dell’economia dei servizi. L’articolo fa luce anche sulle disuguaglianze di status tra lavoro autonomo e lavoro dipendente negli ordinamenti europei ed esplora l’esistenza di nuove forme associative neo-mutualistiche da parte di attori non tradizionali che aspirano a ridurle.
  • L’articolo presenta, in termini generali, la configurazione del mercato del lavoro e la costituzione graduale del sistema di protezione sociale come è andato delineandosi in Brasile dal secolo scorso ai nostri giorni. Si basa su un approccio qualitativo, utilizzando fonti bibliografiche, documenti e dati quantitativi relativi al tema. Analizza soprattutto la più recente situazione brasiliana, con particolare attenzione ai cambiamenti nel mercato del lavoro e al ruolo dello Stato in relazione agli investimenti pubblici e alla regolazione delle organizzazioni degli interessi e delle relazioni industriali. Nel corso degli ultimi tre decenni, l’orientamento neoliberista ha ispirato i vari Governi che si sono succeduti attraverso l’adozione di varie riforme nella previdenza sociale e nel mercato del lavoro. Tali politiche hanno progressivamente rappresentato la perdita di diritti sociali per la popolazione e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, unitamente alla crescita delle disuguaglianze sociali, della disoccupazione e di forme atipiche di lavoro incentrate su flessibilità e precarietà. La nuova e attuale legislazione sul lavoro (Legge n. 13.467 del 13 luglio 2017), frutto della riforma presentata e approvata dal Congresso Nazionale, rappresenta una battuta d’arresto per i progressi sociali, la perdita di diritti e lo smantellamento della protezione sociale per i lavoratori brasiliani.
  • Il contributo si concentra su di un avvenimento poco noto avvenuto nel gennaio 1951: l’espulsione, su decisione governativa, della Federazione sindacale mondiale dal territorio francese. Se le fonti consultabili per ricostruire il contesto generale in cui matura la decisione sono numerose e diverse, al contrario rare risultano essere quelle relative all’avvenimento specifico che si è scelto di raccontare privilegiando fonti d’archivio inedite ed originali.
  • Le tematiche sociali, economiche, sindacali ovviamente sono uno dei pilastri del ragionamento sull’Europa che oggi vanno inserite nel mutato scenario politico e geo-economico dell’Europa. Solo così è possibile sperare di superare le evidenti difficoltà che ha incontrato da Lisbona in poi la dimensione sociale dell’Europa, come fattore di stabile integrazione e omogeneizzazione delle diversità strutturarli di questo spazio.
    • Il principio di eguaglianza tributaria e il diverso trattamento tra pubblico e privato per il riscatto di pensione complementare
    • La Cassazione su presunzione della natura ritorsiva del licenziamento e limiti alla restituzione dell’indennità di disoccupazione
    • La Corte di Appello dell’Aquila e il Tribunale di Bologna su non imputabilità e insussistenza del fatto ai fini della reintegra nel posto di lavoro
    • I criteri di valutazione della maggiore rappresentatività nelle sentenze dei Tribunali di Genova e Torino
    • La Corte di Giustizia sulla durata massima del contratto a termine nei rapporti di lavoro a tempo parziale
    • Il diritto all’oblio secondo i provvedimenti dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali
  • Tutti ne parlano in maniera diversa, cosa sia davvero nessuno lo sa. Le esperienze passate non consentono di avere una concezione univoca della politica industriale. Invocarla ora senza specificare obiettivi, percorsi, modalità e governance rischia di essere un esercizio sterile. Dopo una breve rassegna delle esperienze più significative del secolo passato e delle trasformazioni socio-economiche portate dalla crisi, si ritiene necessario ripartire dai bisogni per individuare le linee più efficaci di politica economica. In particolare dai bisogni sociali e del territorio. Su questi declinare gli strumenti e le modalità di una nuova politica di sviluppo e innovazione economico-sociale.
  • Dopo STORIA D'ITALIA Cortissima. 1860-2010: 150 anni, realizzato in occasione dei 150 anni del l’Unità d’Italia, lo stesso autore presenta una nuova proposta comunicativa-in formativa-didattica dedicata questa volta alla storia del popolo italiano. Una nuova pubblicazione simile alla precedente per le sue caratteristiche (una breve sintesi storica con decine di piccole illustrazioni in ogni capitolo, un linguaggio non specialistico semplice e chiaro), rivolta nuovamente ad un pubblico misto e vario per età e formazione, cittadini italiani e stranieri. Un libro pensato per condividere una memoria specifica relativa alle origini preistoriche e storiche del «popolo italiano», per vivere e affrontare la realtà delle nuove immigrazioni con una conoscenza-coscienza alternativa al rifiuto, al razzismo, alla xenofobia, che vada anche oltre la tolleranza, l’accoglienza, l’integrazione per una convivenza civile più matura. Un libro semplice e piacevole per ricordare e forse riscoprire che noi, italiane e italiani di oggi, siamo il risultato genetico e storico di iniziali e continue mescolanze fra decine di popolazioni con culture diverse, grazie alle progressive immigrazioni da quasi tutto il mondo verso la nostra penisola. Dieci capitoli di storia sintetica illustrata e un’Appendice con altri quattro capitoli brevi: uno sull’origine del nome Italia, uno sulle origini miste di alcune personalità della storia e del presente d’Italia, una scheda sulla popolazione italiana di oggi e infine una piccola biblio-sitografia.
  • L’articolo esamina l’adeguatezza del sistema pensionistico italiano a fronte delle diseguaglianze sociali in salute, in particolare concentrandosi sull’aspettativa di vita, un indicatore omnicomprensivo in grado di sintetizzare le diseguaglianze che si sperimentano e cumulano lungo tutto il corso della vita. Si presentano e si discutono i più recenti studi sui differenziali di mortalità fra gruppi sociali in Italia e sulle loro implicazioni in termini di equità del trattamento pensionistico, inquadrando il tema nella più generale cornice delle diseguaglianze sociali in salute e di come queste vengono affrontate dal dibattito politico corrente.
  • L’articolo esamina l’adeguatezza del sistema pensionistico italiano a fronte delle diseguaglianze sociali in salute, in particolare concentrandosi sull’aspettativa di vita, un indicatore omnicomprensivo in grado di sintetizzare le diseguaglianze che si sperimentano e cumulano lungo tutto il corso della vita. Si presentano e si discutono i più recenti studi sui differenziali di mortalità fra gruppi sociali in Italia e sulle loro implicazioni in termini di equità del trattamento pensionistico, inquadrando il tema nella più generale cornice delle diseguaglianze sociali in salute e di come queste vengono affrontate dal dibattito politico corrente.