• Oggetto del presente volume, in lingua italiana e inglese, è il lavoro gravemente sfruttato e altre attività svolte in condizione forzosa e coatta che coinvolgono cittadini delle comunità nigeriane residenti in Italia. Il volume non prende in considerazione lo sfruttamento sessuale, poiché su tale fenomeno sono state realizzate molte più indagini e il quadro generale è più conosciuto. Il punto di vista prescelto per l’analisi ha tenuto in considerazione tre aspetti principali. Il primo riguarda le differenze intercorrenti tra l’Italia e la Nigeria in generale e le forme che in entrambi i paesi assume il fenomeno del grave sfruttamento lavorativo in ragione del fatto che sono diverse le normative che regolano il lavoro nell’uno e nell’altro paese, come sono diverse le procedure di tutela e di previdenza sociale, nonché gli istituti ispettivi competenti per il monitoraggio delle condizioni di lavoro e le modalità di compensazione quando vengono violati i diritti delle persone nella loro qualità di lavoratori. Il secondo riguarda la diversa ampiezza della domanda e dell’offerta di lavoro sommerso in Italia e in Nigeria, dove l’economia sommersa ha un peso stimato dell’80%. Cosicché quando i lavoratori nigeriani arrivano in Italia e si collocano – o vengono collocati – nelle fasce produttive che configurano l’economia sommersa (anche nelle forme più precarie e indecenti), non fanno che passare da un lavoro informale all’altro, non comprendendo, generalmente, almeno nelle fasi iniziali, le eventuali differenze e dunque le possibilità di considerarsi come titolari di diritti. Il terzo aspetto, infine, riguarda la capacità di intercettare, nell’uno e nell’altro paese, il segmento di lavoro para-schiavistico e gravemente sfruttato all’interno del più generale lavoro sommerso. A questo riguardo, accanto a una base normativa comune che consente di considerare le nuove schiavitù come un «crimine contro l’umanità», permangono difficoltà concrete nel definire, all’interno dei diversi paesi (per la specifica storia e cultura, in modo peculiare nelle relazioni umane e nei rapporti di lavoro), la condizione schiavistica e dunque i rapporti di dipendenza. In altre parole non sempre ciò che appare un rapporto schiavistico nel «modello occidentale» è considerato tale nella prospettiva africana, nonostante gli sforzi armonizzanti che le organizzazioni internazionali perseguono ormai da decenni.
  • Il volume propone una selezione di vignette tratte dal periodico del la Cgil «Lavoro» dal 1949 al 1955, in gran parte pubblicate nella rubrica satirico-umoristica «Tra l’incudine e il martello». Dall’antologia, attraverso una chiave di lettura satirico-iconografica, emerge una rappresentazione a tratti inedita del difficile percorso di ricostruzione prima e sviluppo poi del Paese, veicolata da una rivista che si impone nel panorama editoriale di quegli anni per lo sguardo innovativo con cui affronta le tematiche legate al lavoro. È una storia narrata dal «basso», da militanti e attivisti sindacali spesso autori delle vignette, ma anche una forma di comunicazione politica e diretta in cui, come sottolinea Michele Serra nella prefazione, «non c’è tempo né spazio per il dubbio. Ci sono i buoni e ci sono i cattivi, ci sono gli sfruttati e gli sfruttatori. C’è la Dc che è il partito dei padroni, ovviamente foraggiato dall’imperialismo americano. Ci sono i crumiri, il sindacato giallo, i cento espedienti (che vanno dai manganelli di Scelba a svariate leggi truffaldine) messi in campo per fermare l’irresistibile ascesa del movimento operaio». Il volume, che si vale di due saggi introduttivi delle autrici sull’evoluzione storica della satira di «Lavoro», si chiude con una ricca appendice fotografica.
  • Il volume presenta i risultati delle ricerche svolte nell’ambito di un più ampio progetto che la Fondazione Lelio e Lisli Basso - ISSOCO ha realizzato con la Comissão de Anistia del Ministero della Giustizia del Brasile e in collaborazione con l’Università federale del Paraíba (UFPB). Collegato al lavoro delle Commissioni di Verità, costituitesi in Brasile e in altri paesi dell’America Latina, il progetto ha inteso offrire un contributo al percorso della giustizia di transizione, volto ad accertare e a rendere pubbliche le violazioni dei diritti umani perpetrate negli anni dei regimi repressivi. Proprio uno degli obiettivi che si propose Lelio Basso quando, all’inizio degli anni settanta, elaborò, istruì e diede vita al Tribunale Russell II sulla repressione in Brasile, Cile e America Latina il cui Fondo archivistico rappresenta, nell’ambito del progetto, il corpus principale della documentazione trattata e delle fonti utilizzate per le ricerche. La Fondazione Basso, ente morale dal 1974, offre un servizio continuativo con l’apertura della biblioteca e dell’archivio storico (consultabili anche online). La Biblioteca (circa 100.000 volumi e 5.000 testate di periodici) possiede fondi molto rari, a partire dal XVI secolo, sulla storia della democrazia e dei movimenti di massa in Europa, oltre a un importante fondo sull’America Latina, l’Africa e l’Asia. L’archivio storico, accanto ai fondi novecenteschi, conserva manoscritti e documenti sin dall’epoca della Rivoluzione francese. L’intensa attività scientifica e culturale si articola in ricerche, corsi di formazione, seminari, convegni, pubblicazioni e mostre, nei settori della ricerca storica, della cultura delle fonti, della teoria politica e del diritto. Contributi di: Davide Conti, Simona Fraudatario, Lúcia de Fátima Guerra Ferreira, Paulo Giovani Antonino. Nunes, Enrico Pugliese.
  • Il volume ripubblica gli atti di un importante convegno sui Consigli di Gestione tenuto a Milano nel febbraio del 1946, presieduto da Giovanni Demaria, rettore dell’Università Bocconi di Milano e presidente della Commissione economica per la Ricostruzione. Atti che furono pubblicati a suo tempo dal CER (Centro Economico per la Ricostruzione), presieduto da Antonio Pesenti, autorevole dirigente comunista, economista e docente universitario, ministro nei governi Bonomi, oltre che presidente della Commissione per lo studio dei problemi del lavoro, costituita presso il Ministero per la Costituente diretto da Pietro Nenni. In un Paese solitamente immemore delle proprie luci, anche di quelle più vivide, il volume intende rendere il giusto riconoscimento al coraggio e allo sforzo generoso di coloro che si impegnarono prima nei CLNA (Consigli di liberazione nazionale aziendali) e poi nei Consigli di Gestione, per la salvezza e la conduzione dell’apparato produttivo italiano. Una vicenda da cui trarre anche utili insegnamenti per la difficile, complessa, ma inevitabile problematica della democrazia industriale. Gli Atti del Convegno sono preceduti da una puntuale ricostruzione storica della vicenda da parte di Stefano Musso. Seguono due contributi. Il primo di Francesco Vella, che, anche alla luce di una sintetica ricostruzione del quadro normativo attuale e con uno sguardo rivolto al futuro, cerca di trarre dall’esperienza storica dei Consigli di Gestione indicazioni e suggerimenti per un possibile percorso di partecipazione dei lavoratori al governo dell’impresa. Il secondo del curatore, che affronta temi e prospettive della democrazia industriale alla luce delle esperienze precedenti e successive a quella dei Consigli di Gestione. Vicende ricordate anche in relazione ai correlati avvenimenti storici e alle dinamiche politiche. Completano il volume un’Appendice contenente alcuni documenti significativi e una bibliografia ragionata a cura di Maria Paola Del Rossi.
  • "Il libro è risultato tra i finalisti del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2015" L’architettura moderna nasce dalla sovrapposizione di due grandi «rivoluzioni»: quella tecnologica, che conduce all’introduzione di nuovi materiali – soprattutto calcestruzzo e acciaio – nella costruzione dell’edilizia corrente, e quella figurativa, in cui è preminente il ruolo delle avanguardie novecentesche che nella pittura hanno già messo in crisi quella spazialità prospettica e tridimensionale tramandata invariata fin dal rinascimento. Ma l’architettura moderna nasce soprattutto dalla risposta ad un interrogativo: qual è lo stile dell’architettura della «Prima età della macchina»? In questo libro la parabola dell’architettura moderna viene ricostruita attraverso l’opera di quattro protagonisti, scelti per raccontare quattro «paradigmi» che rappresentano nodi problematici anche per l’epoca contemporanea: Le Corbusier per il paradigma dell’innovazione; Mies van der Rohe per quello della costruzione; Terragni per quello della sovversione del linguaggio; Niemeyer per quello del globale vs locale.
  • I tempi ci hanno abituati a valutazioni politiche, sociali e giuridiche sul riconoscimento della coppia di persone dello stesso sesso, sul matrimonio egualitario, sulle unioni registrate, sui PACS, sulle civil partnership, ecc., ma non abbastanza si sa e si discute sulla condizione di figli e figlie delle rainbow family, mentre il benessere del bambino è centrale nel diritto internazionale, costituzionale e privato ed è proprio il principio della salvaguardia del minore ad avere forza dirompente a sostegno di queste nuove famiglie. Il volume – che può essere considerato un testo pilota per giuristi – analizza la dimensione giuridica delle famiglie omoparentali all’interno della UE e le difficoltà che queste incontrano nello spostarsi da uno Stato all’altro, dato che il riconoscimento di status familiare, l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita, l’adozione e la tutela giuridica di figli e figlie variano in maniera rilevante all’interno dell’Unione. Esso propone quindi un’analisi delle fonti del diritto discriminatorio nella UE e degli strumenti di soft law, dei principi di Yogyakarta, della sicurezza sociale e della tutela del lavoro nei vari Stati, delle nuove policy aziendali, soffermandosi sul ruolo delle organizzazioni sindacali nazionali ed europee con i diversi livelli di contrattazione. Alla stesura del libro, che si apre con le testimonianze delle più importanti associazioni di interesse nel nostro Paese e in Europa, hanno collaborato, tutti senza compenso, giuristi del lavoro, accademici, esperti di previdenza e responsabili di importanti settori della CGIL, che ringraziamo.
  • Le trasformazioni che di recente hanno investito molti sistemi di relazioni industriali pongono tanto l’esigenza di sviluppare maggiori capacità comparative quanto l’urgenza di rafforzare ogni canale in grado di favorire un maggior raccordo transnazionale delle politiche sindacali. Di questa duplice ambizione i CAE costituiscono un pilastro imprescindibile. A venti anni dalla loro nascita, pur fra tante difficoltà e limiti, si confermano come una delle poche acquisizioni certe e operative in uno scenario internazionale altrimenti segnato da un’erosione senza precedenti dei diritti sociali e sindacali. Se ne contano un migliaio, riguardano circa venti milioni di lavoratori e impegnano non meno di 20.000 delegati di tutti i paesi. Un’infrastruttura di competenze e capacità, l’unica in condizione di sviluppare l’europeizzazione dal basso dell’azione sindacale. Una ricerca empirica condotta dall’Associazione Bruno Trentin ne offre qui uno spaccato qualitativamente significativo, analizzandone il concreto funzionamento in alcune realtà a composizione multisettoriale. Un’analisi utile e aggiornata per capire, nella pratica e nella testimonianza di chi ci opera, le novità introdotte dalla direttiva 2009/38, la complessità dei rapporti fra i delegati europei e le strutture sindacali, il fabbisogno formativo sulla dimensione europea delle relazioni industriali.
  • Sesso e genere sono concetti assai diversi, l’uno determinato dalla biologia, l’altro costruito socialmente. Assumendo tale diversità come punto di partenza del loro lavoro, le autrici propongono un percorso che – offrendo sguardi su storia umana, linguaggio, scuola, maternità, violenza, cambiamento del maschile e sfida ai ruoli di genere rappresentata dalle famiglie omogenitoriali – porta a sottolineare quanto i ruoli socialmente attribuiti a donne e uomini siano culturalmente pre-determinati e rappresentino delle gabbie che perpetuano il dominio maschile e la subalternità femminile, riproducendo immagini di uomo e di donna rigide e stereotipate. L’obiettivo è contribuire a scrivere un’altra storia, oltre i destini, che dia spazio al libero pensarsi. Come scrive la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, «le autrici hanno saputo affrontare, con rara competenza e completezza, le riflessioni su quelle definizioni del femminile e del maschile ancora vincolate a predeterminati destini, assai limitativi per chi intende osservare i cambiamenti del mondo e desidera interpretarli alla luce di valori non negoziabili come la solidarietà, l’uguaglianza, la libertà».
  • Il volume è dedicato al grande matematico italiano Bruno de Finetti nel trentennale della scomparsa, commemorato di recente dall’Accademia nazionale dei Lincei di cui fu socio autorevole. Bruno de Finetti, di elevato prestigio internazionale, è soprattutto noto per essere tra i fondatori della concezione soggettivistica della probabilità, che con i suoi teoremi assunse definitiva sistemazione scientifica. Ma ha dato significativi contributi anche alla disciplina economica e alla riflessione riformatrice per un mondo «accettabile» sul piano individuale e della collettività; in ricercata coerenza con la sua concezione probabilistica che è stata pertinentemente considerata la «logica dell’incerto». Contro ogni determinismo e intolleranza intellettuale, particolare attenzione dedicò anche alla didattica che rifiutasse ogni forma di indottrinamento passivo, ma che suscitasse le autonome capacità logico-intuitive dei discenti. Il volume, nel pubblicare alcuni suoi scritti significativi, mette in evidenza la sua statura di economista, di riformatore sociale e di persona impegnata nella difesa dei diritti civili, per la quale rischiò anche l’arresto. In particolare viene ricordata un’esperienza unica nel panorama intellettuale ed economico in Italia: quella dei corsi CIME (Centro Internazionale Matematico Estivo) diretti dal Nostro, da metà anni sessanta a metà anni settanta. Corsi che videro la presenza di alcuni tra i massimi economisti internazionali e a cui parteciparono molti giovani economisti italiani, oggi accademici. Bruno de Finetti (Innsbuck, 13 giugno 1906 - Roma, 20 luglio 1985). Laureato in matematica nel 1927, è subito assunto all’ISTAT dove lavora sino al 1931, per passare poi alle Assicurazioni Generali di Trieste che lascia nel 1946 per dedicarsi all’insegnamento. Libero docente già dal 1930, insegna prima all’Università di Trieste dal ’47 al ’54 e poi a Roma. Presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma insegna matematica generale e finanziaria sino al 1961. Si trasferisce poi alla Facoltà di Scienze come titolare della cattedra di calcolo delle probabilità, che tiene sino al 1976. È autore di oltre 300 lavori scientifici, che spaziano dal calcolo delle probabilità alla matematica attuariale, dall’economia alla teoria delle decisioni, dalla filosofia della probabilità alla didattica della matematica. La sua opera più importante, tradotta in molte lingue, è Teoria delle probabilità (Einaudi, 1970; Giuffrè, 2005). Ha lavorato anche nel campo dell’automazione, della ricerca operativa, dell’organizzazione aziendale e dell’Amministrazione statale. Ha dedicato il suo impegno anche ai diritti civili e a un riformismo sociale a vantaggio degli individui e della collettività. Numerosi i riconoscimenti nazionali ed internazionali compreso quello di socio nazionale dell’Accademia dei Lincei.
  • Il Rapporto sui diritti globali è uno studio annuale, unico a livello internazionale, che analizza i processi connessi alla globalizzazione e alle sue ricadute, sotto i vari profili economici, sociali, geopolitici e ambientali, osservati in un’ottica che vede i diritti come interdipendenti. La struttura del Rapporto, giunto alla sua quattordicesima edizione, è articolata in capitoli tematici, suddivisi in una panoramica generale e in Focus di approfondimento su alcune delle problematiche più rilevanti e attuali dell’anno. L’analisi e la ricerca sono corredate da cronologie dei fatti, dati statistici, riferimenti bibliografici e web. Il Rapporto sui diritti globali, contenente le analisi più approfondite, le cifre più aggiornate, il quadro più ampio, si è confermato come uno strumento fondamentale di informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media e nell’informazione, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni. Ideato e realizzato dall’Associazione Società INformazione ONLUS, è promosso dalla CGIL nazionale, con la partecipazione di: ActionAid, Antigone, ARCI, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Gruppo Abele, Legambiente. Prefazione di Susanna CAMUSSO, introduzione di Sergio SEGIO, interventi di Maurizio ALBAHARI, Danilo BARBI, Marco BERSANI, Stefano CECCONI, Iván CEPEDA, Luigi CIOTTI, Giuseppe COSTA, Alessandro DE GIORGI, Monica DI SISTO, Fausto DURANTE, Andrea FUMAGALLI, Ivana GALLI, Ágnes HELLER, Gavino MACIOCCO, Salvatore PALIDDA, Rosa PAVANELLI, Leopoldo TARTAGLIA, Adem UZUN, Edoardo ZANCHINI. REDAZIONE: José Miguel Arrugaeta, Orsola Casagrande, Antonio Chiocchi, Roberto Ciccarelli, Massimo Congiu, Monica Di Sisto, Susanna Ronconi, Alberto Zoratti, Sergio Segio (coordinatore). COMITATO SCIENTIFICO: Aldo Bonomi, Massimo Cacciari, Massimo Campedelli, Francesco Ciafaloni, Franco Corleone, Chiara Daniele, Andrea Di Stefano, Guglielmo Epifani, Davide Galliani, Maurizio Gubbiotti, Maria Luisa Mirabile, Mauro Palma, Livio Pepino, Andrea Pugiotto, Marco Revelli, Claudio Sarzotti, Gianni Tognoni, Guido Viale, Danilo Zolo.
  • Il volume, unendo al rigore dell’indagine storica l’agilità dell’esposizione e la vivacità offerta dal copioso materiale documentario e iconografico, racconta in modo sintetico e divulgativo la storia centenaria della Confederazione generale italiana del lavoro, collocandola all’interno della più generale vicenda italiana, fatta di avvenimenti politici, trasformazioni economiche, mutamenti sociali e culturali. Seguendo il filo conduttore della storia della CGIL il volume esamina così il ruolo delle classi dirigenti politiche ed economiche, la natura delle istituzioni, l’evoluzione del sistema produttivo, la dialettica tra le classi sociali, le culture popolari, le identità territoriali e professionali. Al centro dell’affresco storico fornito dal volume si collocano i due concetti costitutivi della CGIL: il valore sociale del lavoro, cioè la sua capacità di agire in modo organizzato e collettivo per ridurre le disuguaglianze e per promuovere le libertà; e il valore della confederalità, attraverso il quale il sindacato riesce pienamente a rappresentare e tutelare l’interesse generale delle classi lavoratrici. Il testo si compone di quattro parti: La CGdL e l’età liberale, dall’Ottocento alla crisi dello Stato liberale nel primo dopoguerra; La CGdL e il fascismo, che esamina il ventennio della dittatura; La CGIL e la costruzione della democrazia, che ripercorre il secondo dopoguerra, fino agli anni Sessanta; La CGIL nella crisi italiana e globale, che analizza le vicende che a partire dalla crisi degli anni Settanta del Novecento arrivano ai primi anni del nuovo millennio. Completano il volume le conclusioni, La CGIL del tempo presente, che rivisitano le cronache degli ultimi dieci anni. La narrazione viene inoltre arricchita con la riproduzione di interessanti documenti storici, nonché di brani di dirigenti o personaggi pubblici che espongono idee fondamentali del sindacalismo; il testo è impreziosito con foto, quadri, citazioni e schede di approfondimento; infine, al termine di ciascun capitolo, sono inserite pagine di storiografia e brevi bibliografie di orientamento, nelle quali sono indicati sia i «classici», sia gli studi più recenti di storia del movimento sindacale
  • Possiamo «controllare le droghe»? Le droghe, legali e illegali, fanno parte della vita quotidiana di milioni di persone. Queste, in grande maggioranza, attuano strategie di controllo e autoregolazione del proprio consumo che consentono loro di vivere una vita «a basso rischio» e senza danno. Quello che queste strategie personali e collettive di autocontrollo insegnano, le loro culture e i loro dispositivi sociali, appaiono oggi il metodo più promettente per pensare di governare un fenomeno di massa che ha dimostrato il fallimento dell’approccio repressivo e i limiti di quello medico. Partendo dall’analisi dei risultati della ricerca internazionale, il libro offre un contributo di conoscenza del fenomeno sociale dell’autoregolazione dei consumi di droghe e al tempo stesso ne trae indicazioni concrete verso un nuovo modello di intervento, mirato sia a tutti quei professionisti che sono alla ricerca di un modo più efficace di operare, sia a quei consumatori che intendono accrescere le proprie competenze di autoregolazione. Gli autori sono ricercatori ed esperti italiani ed europei ed operatori attivi nel sistema degli interventi di riduzione del danno, del trattamento e della nuova frontiera del web.