• L’articolo riflette sulle trasformazioni dei rapporti di lavoro che il nuovo ordine postindustriale esige. In particolare mette a fuoco il lavoro autonomo professionale di nuova generazione, partendo dalla duplice considerazione che è l’unica categoria occupazionale in crescita e che sta smascherando i limiti della regolazione del lavoro affermatasi fino ad oggi in Europa. Attraverso i risultati di una ricerca comparativa europea, si indaga sulle condizioni di lavoro e di reddito dei professionisti indipendenti, sull’accesso alle tutele sociali e sulla rappresentanza collettiva. Ne emerge un quadro composito dove, accanto all’affermazione di valori soggettivi intrinseci al lavoro autonomo come mezzo di autorealizzazione, si affiancano chiari elementi di precarietà economica, svalutazione delle competenze e vulnerabilità sociali. Redditi da lavoro mediamente bassi o molto bassi, frammentazione e accumulo delle prestazioni professionali, uniti all’individualizzazione dei rapporti di lavoro e all’isolamento dei prestatori d’opera, sono caratteri tipici dell’economia dei servizi. L’articolo fa luce anche sulle disuguaglianze di status tra lavoro autonomo e lavoro dipendente negli ordinamenti europei ed esplora l’esistenza di nuove forme associative neo-mutualistiche da parte di attori non tradizionali che aspirano a ridurle.
  • A partire dal quadro analitico proposto da Tiziano Distefano e dai successivi saggi di Sandra Burchi e di Caterina Satta che mettono a fuoco il tema del lavoro di ‘badante’, il testo propone una riflessione su questa particolare attività dei nostri tempi. Non solo numeri e flussi migratori, ma anche storie di donne che si intrecciano con lo sguardo dei loro datori di lavoro e della rete di solidarietà che esiste nella città di Livorno e che, sostituendo il ruolo dello Stato, cerca di fare incontrare la domanda con l’offerta. Questo volume è il primo passo verso un’analisi più approfondita di questa tematica, realizzato mediante il contributo dello SPI CGIL livornese e grazie all’attenzione e alla cura degli autori. Saggi di Sandra Burchi, Tiziano Distefano, Caterina Satta Sandra Burchi lavora come ricercatrice e docente a contratto nel Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Ha sviluppato ricerche sul lavoro flessibile e precario e sulle strategie di work-life balance delle nuove professioniste. Tiziano Distefano è un ricercatore post-doc nel Dipartimento di Economia e Ma nagement dell’Università di Pisa. Attualmente sta lavorando a un progetto relativo allo sviluppo di un modello macro-economico che includa temi ambientali, sociali e politici. Caterina Satta, PhD in «Sociologia: processi comunicativi e interculturali», svolge attività di ricerca e formazione nell’ambito della so ciologia dell’infanzia, della famiglia e della vita quotidiana nel Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna.
  • Durante il 2010 nella Regione Marche, una terra da sempre accogliente grazie anche a politiche sociali particolarmente attente, meta sempre più di migranti che qui trovano la possibilità di progettare un loro futuro, la popolazione extracomunitaria raggiungerà il 10%. Nelle cittadine più grandi, ma anche nei piccoli paesi dell’entroterra, la presenza di stranieri incomincia ad assumere dimensioni considerevoli. Quasi sempre organizzati in associazioni, i migranti di varia provenienza si adoperano per l’integrazione nel tessuto sociale locale senza però rinunciare alla cultura, alla religione e alle usanze dei paesi di provenienza. Dopo una serie di appostamenti, ricognizioni, visite rabdomantiche, e due lunghi anni di lavoro «sul campo», uno scrittore e un fotografo, Angelo Ferracuti e Daniele Maurizi, hanno cercato di raccontare questa popolazione a volte invisibile, che convive, interagisce, cerca un’integrazione e una cittadinanza non senza difficoltà e contraddizioni. Le foto e i racconti, sempre nella forma del reportage, riguardano i tempi della vita: quella vissuta nel quartiere, a scuola, nei luoghi di lavoro, nei riti religiosi e nei momenti di preghiera, nello sport e nel tempo libero. Il mondo in una regione gioca sullo slogan (L’Italia in una regione) coniato da Piovene nel suo Viaggio in Italia per dare una rappresentazione delle Marche, e, oltre ad essere un’indagine «sul campo» che storicizza e racconta un fenomeno, ha il fine di mostrare la normale umanità di persone che cercano un futuro nel nostro paese. Facendo tesoro della celebre frase di Max Frisch, lo scrittore svizzero che riferendosi all’immigrazione degli anni cinquanta (anche italiana) scrisse: «Aspettavamo delle braccia, invece sono arrivati degli uomini».
  • La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica prevede che gli Stati aderenti assicurino con sistematicità e continuità una azione di monitoraggio delle politiche destinate a prevenire e contrastare ogni forma di violenza, al fine di determinare la rispondenza degli interventi alle necessità delle vittime e agli obiettivi per cui tali politiche sono state elaborate. Nel contesto italiano, tale esortazione stenta ad essere tradotta in un sistema unico e strutturato di monitoraggio, determinando l’oggettiva difficoltà a rappresentare in maniera esaustiva gli interventi attuati. Partendo da alcuni nodi critici che caratterizzano l’attuale sistema nazionale di intervento, il contributo delinea sinteticamente la proposta che gli autori nell’ambito del Progetto ViVa hanno elaborato per sostenere il Dipartimento per le Pari opportunità nell’elaborazione di un sistema di monitoraggio centrale degli interventi attuati a valere sul Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020.
  • Durante il regime nazionalsocialista si verificò una certa eclissi della classe operaia tedesca come soggetto sociale autonomo in grado di condizionare, seppur parzialmente, la politica e la guerra. La classe operaia tedesca per certi versi perdette consistenza come forza autonoma e venne integrata in misura importante nei meccanismi totalitari, di cui condivise alcuni indubbi vantaggi, sottoposta a un livellamento sociale e culturale che ne alterò il profilo e ne ridefinì parzialmente valori e modelli di comportamento. Lo sfruttamento delle risorse, materiali e umane, dei popoli sottomessi a vantaggio della popolazione tedesca modificò sensibilmente anche le condizioni sotto le quali il mondo del lavoro affrontava la guerra, almeno fin quando i bombardamenti strategici degli Alleati sulla Germania non renderanno le condizioni di vita della popolazione durissime. Inoltre, il regime fu capace di introdurre misure riguardanti il diritto del lavoro che mostravano un’attenzione reale e non solo retorica al mondo del lavoro: a titolo esemplificativo possiamo citare la protezione contro i licenziamenti ingiustificati, il salario garantito in caso di malattia, miglioramenti della previdenza sociale, l’equiparazione tra operai e impiegati ecc. Le reazioni alle difficoltà della guerra per la classe operaia non si tradussero in un protagonismo collettivo quanto piuttosto nell’accentuazione di una tendenza già avvertibile negli anni di pace: il ritiro nel privato, l’isolamento dall’esterno e la limitazione dell’interesse alle cose di importanza più immediata. Il movimento nazionalsocialista, inoltre, avviò nella società una mobilità verticale sostanzialmente sconosciuta alla Germania. Il regime, a maggior ragione negli anni della guerra, puntò decisamente sulla razionalità e la modernità in campo tecnico ed economico a dispetto di un’ideologia strettamente legata all’antimodernismo völkisch. Questo favorì come non mai la concentrazione industriale conferendo una spinta decisiva al concentramento della forza lavoro nelle grandi industrie. Le tradizionali barriere professionali e i limiti geografici del mercato del lavoro vennero letteralmente spazzati via dal controllo statale sull’impiego di manodopera favorendo una mobilità enorme sia territoriale che sociale.
  • I rapporti tra Stato e regioni, da sempre al centro di un vivace dibattito, nel corso dell’emergenza pandemica hanno fatto emergere una serie di difficoltà. Il problema non sembra essere rappresentato dall’assetto costituzionale delle competenze, ma piuttosto dalle modalità con cui le competenze sono state sinora esercitate. Il contributo contiene alcune riflessioni su come l’attuale scenario potrebbe costituire una occasione per affrontare le riforme necessarie a rafforzare il principio della leale collaborazione, verticale e orizzontale, tra i livelli territoriali di cui si compone il nostro sistema.
  • Da ormai molti anni l’economia italiana stenta a crescere. Il problema, periodicamente segnalato dal governatore della Banca d’Italia, rimbalza con enfasi varia sulle pagine dei giornali, nei programmi televisivi, nei rapporti delle agenzie tecniche, nei documenti delle parti sociali. All’idea che l’economia non cresca il paese sembra, però, indifferente. ...
  • In Italia la Pubblica amministrazione è gravemente sottodimensionata, come risulta da confronti internazionali e da altri dati. Vengono discussi (a) la necessità di un suo consistente aumento degli addetti, (b) alcuni criteri da seguire in merito ad esso e (c) la modalità di finanziamento, consistente in una piccola imposta di solidarietà sulla ricchezza finanziaria, con aliquote progressive e quota esente.
  • L’articolo inizia col descrivere tre differenti modelli di unione economica e monetaria e le diverse dinamiche politiche sottostanti. Tali dinamiche incidono sull’architettura dell’unione monetaria, che ha un enorme impatto sulle relazioni industriali nazionali e sulle politiche di welfare. L’ipotesi sviluppata dagli autori è che, all’inizio delle difficoltà finanziarie, nel 2008, la «crisi dell’euro» che ne è seguita abbia consacrato la trasformazione di un determinato modello di unione economica in un altro. Nell’articolo vengono descritte una serie di scelte politiche, circostanze e opportunità che hanno permesso che tale particolare visione del modello monetario dell’Unione venisse accettata. Nel contesto di tale modello, l’unione politica non è considerata una via accessibile per gestire la crisi, poiché il salvataggio dell’euro è considerato praticabile solo in un’economia più competitiva. La dimensione sociale, di conseguenza, diventa la variabile di aggiustamento. Si descrive così il nuovo complesso sistema di governance messo in atto per implementare questo nuovo modello di governance economica dell’unione economica e monetaria. Si tratta di un sistema ancora in costruzione, ma già in grado di mettere sotto pressione le relazioni industriali (in termini di salari e decentralizzazione) e il welfare (politiche del mercato del lavoro e delle pensioni).