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Oltre alla rassegna degli interventi all'Assemblea, al volume è allegato il fascicolo contenente le delibere approvate dal comitato direttivo
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Le donne rappresentano una percentuale minoritaria dell’intera popolazione detenuta italiana, appena il 4%. Questa loro scarsa presenza, invece di garantire una migliore gestione degli istituti che le ospitano, si traduce spesso in irrilevanza, e porta con sé un’omologazione all’immagine della detenzione maschile che cancella ogni differenza di genere e ogni analisi che la includa. Il libro si basa su una ricerca condotta nelle carceri di Sollicciano, Empoli e Pisa, e indaga la soggettività delle donne detenute dando loro voce, senza assecondare visioni «patologizzanti» del reato al femminile, né facili stereotipi sulla «debolezza» delle donne detenute. Al contrario, lo sforzo è di rintracciare nelle loro biografie, nelle loro autoriflessioni e valutazioni due diverse «mappe»: quella delle sofferenze, dei fattori di stress e dei momenti critici indotti dalla carcerazione, ma anche quella delle risorse, delle strategie personali, della forza che consente loro, nonostante tutto, di apprendere e immaginare un futuro. Le autrici compiono un’analisi critica dell’istituzione carcere che guarda a possibili trasformazioni: pur consapevoli dell’inevitabile sofferenza inflitta dalla detenzione, si muovono nel solco di un «riformismo disincantato», volto a contrastare la quota di «sofferenza aggiuntiva», inutile e ingiusta, basata su un insufficiente riconoscimento di diritti umani e civili inalienabili. Con l’obiettivo di promuovere una cultura e una prassi che supportino – invece di limitare o osteggiare – le strategie di «tenuta» che la differenza femminile mette in campo.
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Attraverso l’analisi dei dati contenuti in questo Bilancio sociale, l’Inca offre un’illustrazione di quanto è accaduto in questi ultimi anni – dalla pandemia alla guerra in Ucraina, dalla crisi occupazionale a quella climatica – misurando l’impatto reale delle misure legislative che i governi succedutisi dal 2018 al 2022 hanno provveduto ad approvare per fronteggiare le diverse emergenze; periodi difficili durante i quali il Patronato della Cgil non ha fatto mai mancare il proprio supporto agli assistiti, confermandosi anche come un intermediario prezioso nel rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione. Questo documento è anche un’utile base di riflessione per elaborare un’ipotesi di riforma, di cui gli Istituti di Patronato hanno espresso l’esigenza in diverse occasioni, per rilanciare il loro ruolo sociale e rinnovare i contenuti della Legge 152/2001 a più di vent’anni dalla sua approvazione.
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Per millenni ogni forma di discordia è stata considerata una patologia del «corpo politico». Ma attraverso il conflitto sociale i soggetti discriminati e subalterni hanno espresso i propri bisogni e le proprie istanze, rivendicando libertà, inclusione, uguaglianza, riconoscimento delle proprie identità. Nel corso del Novecento la società si è divisa in campi separati dalla loro posizione nell’ambito della produzione e lungo questa linea si sono articolate le differenti dimensioni del conflitto, che si è rivelato fattore di coesione sociale, condizione della democrazia e dei diritti.
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In un contesto politico e sociale in buona parte dominato dalle idee e dai valori di centrodestra possono assumere grande importanza il ruolo della Cgil e dei suoi iscritti. La ricerca sui tesserati alla Camera del Lavoro di Milano ha messo in evidenza gli orientamenti condivisi e le pratiche più diffuse. È quasi unanime la richiesta di misure per ridimensionare le differenze di reddito fra i cittadini e l’impegno per un ruolo più importante delle donne nella politica. Vengono d’altra largamente rifiutati i pregiudizi diffusi contro gli immigrati, riconoscendo il loro contributo per l’economia italiana. Questi orientamenti si ricollegano spesso con una personale identificazione rispetto alla sinistra. La maggioranza dei lavoratori tesserati attiva in diverse occasioni contatti diretti con il sindacato, in particolare quando emergono problemi relativi al proprio lavoro. Ed è elevata la disponibilità a partecipare alle iniziative e al-le mobilitazioni sindacali. I pensionati tesserati condividono orientamenti sociali e politici ricollegabili alla tradizione della Cgil, anche se ov-viamente è più limitata la loro partecipazione attiva. Esiste però un’area minoritaria di iscritti, composta soprattutto dagli operai più giovani, che attribuiscono importanza so-prattutto al livello troppo basso dei salari. Questi tesserati sono probabilmente influenzati dalle idee più diffuse nell’opi-nione pubblica su temi come la crescita dell’immigrazione e la criminalità. Può essere perciò molto importante per la Cgil impegnarsi per coinvolgere in particolare i tesserati più giovani e meno istruiti nelle iniziative e nelle mobilitazioni.
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Il sindacato è in difficoltà in tutte le grandi città, nonostante le aree metropolitane fossero state il motore della ri-presa della sindacalizzazione a fine anni sessanta e negli anni settanta, ma anche nonostante esse siano al centro delle grandi trasformazioni economiche e sociali contemporanee. Il sondaggio di Biorcio sugli orientamenti politici degli iscritti alla Camera del lavoro di Milano ci aiuta capire alcune delle ragioni di questo impasse, a partire da una composizione degli iscritti e dai loro orientamenti politici forse troppo distanti dall’universo che si vorrebbe rappresentare. Il confronto con quanto avvenuto nelle province medie e piccole del Centro-nord suggerisce una possibile risposta in chiave di sistema di offerta sindacale e di strumenti organizzativi di presenza sul territorio che sono stati sperimentati per dare risposta alla domanda su come si esercita concretamente la tutela dei lavoratori e dei cittadini.
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