• I contributi raccolti in questo libro si propongono di affrontare la tematica delle delocalizzazioni muovendo da un approccio critico rispetto all’opinione dominante che considera il fenomeno come un aspetto inevitabile del capitalismo. Al contrario, gli Autori ritengono che le delocalizzazioni possano – e debbano – essere regolate a livello nazionale ed europeo per evitare i loro effetti negativi non solo sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro, ma anche sull’ambiente e sulle politiche pubbliche. Partendo dalla ricostruzione dei più rilevanti casi recenti di delocalizzazione, il libro presenta le misure nazionali ed europee che sono state adottate per prevenire la delocalizzazione o per limitarne gli effetti negativi. L’analisi è diretta, da una parte, ad evidenziare il ruolo dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori durante il processo di delocalizzazione, dall’altra, ad approfondire le ragioni che stanno all’origine della decisione di delocalizzare, denunciando al contempo lo spreco dei fondi pubblici concessi alle imprese che spostano la produzione all’estero e le altre conseguenze negative che tale decisione produce sull’ambiente e sugli obiettivi industriali e sociali perseguiti dagli Stati e dall’Unione europea.
  • Nel maggio del 1947 – a poco più di una settimana dalla strage di Portella della Ginestra – a Caltanissetta si svolge il primo Congresso della Cgil siciliana. Emanuele Macaluso incontra per la prima volta Giuseppe Di Vittorio che gli propone di diventarne segretario generale ad appena 23 anni. Sono in corso le lotte dei contadini per la terra e degli zolfatari per il lavoro, il salario e migliori condizioni di vita. Sono gli anni dei sindacalisti assassinati e senza giustizia (Andrea Raia, Nicolò Azoti, Accursio Miraglia, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Calogero Cangialosi…), dei mafiosi impuniti e protetti dal padronato agrario e industriale e dalla politica reazionaria. Sono anche gli anni dell’indipendentismo, siciliano naufragato tra mafia e banditismo, e della risposta autonomista dei partiti nazionali, soffocata dal sangue di Portella, dalla burocrazia e dal clientelismo. Verrà poi «l’operazione Milazzo» e il sogno di un’autonomia da rigenerare, il miracolo economico, la crisi del comunismo sovietico da Budapest a Praga, di tentativi (veri e presunti) di golpe fascisti, della repressione delle lotte dei braccianti ad Avola. Il libro narra, da una prospettiva poco nota, la vicenda umana e politica di Emanuele Macaluso negli anni del suo impegno sindacale in Sicilia dal 1944 al 1956, e poi negli anni del suo impegno politico nel Pci tra Palermo e Roma, attraverso documenti ufficiali, editi e inediti, e racconti di vita privata.
  • CM 3/2025

    15.00 
    La lezione di Aldo Tortorella
    • Giovanni Princigalli, Nella Resistenza. Intervista ad Aldo Tortorella
    • Aldo Tortorella, Storia di un comunista italiano 
    Osservatorio
    Territorio e ambiente: il caso Emilia Romagna
    • Sergio Caserta, Il caso Emilia Romagna: riflessione a cinque voci su clima, ambiente e uso del territorio 
    • Ugo Mazza, Eventi climatici drammatici: un’occasione per cambiare
    • Vinicio Ruggeri, Una analisi storica critica delle leggi sulla difesa del suolo
    • Rudi Fallaci, Il consumo di suolo in Emilia Romagna e la nuova legge urbanistica
    • Piero Cavalcoli, Urbanistica: tre paradossi e una pericolosa analogia
    • Pietro Maria Alemagna, Territorio e partecipazione: serve una nuova cultura per la politica e l’amministrazione
    • Davide Bubbico, Angelo Moro, L’automotive italiano tra quadro europeo e mobilitazioni sindacali 
    Laboratorio culturale
    • Fabrizio Denunzio, Come il giornalismo si fa ricerca empirica. Il questionario di Marx per un’inchiesta operaia 
    • Luciano Beolchi, La variante Bucharin 
    • Antonino Infranca, Il carteggio Coutinho-Lukács con le lettere tra i due filosofi
    • Giulio Di Donato, Derivazione e autonomia relativa dello Stato 
    Schede critiche
    • Guido Liguori, Gramsci, Togliatti e il comunismo italiano 
    • Antonio Viteritti, Il pensiero gramsciano di Coutinho
    • Lelio La Porta, Il marxismo di Mario Rossi
    • Claudio Natoli, In lotta contro il fascismo
    • Fabio Vander, Una contro-storia della Repubblica
         
  • In fondo proponiamo delle storie. Storie di fabbriche e di tribunali, di piccoli o grandi soprusi, inserite nel contesto storico e politico degli anni in cui si sono verificate, raccontate nel loro sorgere e svilupparsi, sino a un epilogo finale in tempi incredibilmente brevi, grazie a quella norma straordinaria che è l’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
  • Nella visione di Bruno Trentin, l’azione sindacale deve puntare innanzitutto all’affermazione della persona e della sua libertà dentro al processo lavorativo, contro tutte le eteronomie alienanti e spersonalizzanti. Muovendo da questo presupposto, l’ultima fase della sua vita lo ha visto interrogare quelle correnti eretiche del socialismo che, carsicamente, hanno attraversato l’intera vicenda del movimento operaio. È solo a partire dal confronto con questo caleidoscopio politico-culturale che si può spiegare il carattere originale, eterodosso e sincretistico della sua elaborazione più matura, irrequieta e insoddisfatta verso le tradizioni maggioritarie della sinistra. Nel quadro di una vera e propria genealogia teorica e intellettuale, questo numero degli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propone di toccare e approfondire alcune delle principali fonti di ispirazione del bagaglio culturale trentiniano.
  • RPS N. 1/2025

    22.00 
    Innovare è possibile. Percorsi per un Servizio sanitario nazionale all’altezza delle sfide in atto  
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    Il prezzo originale era: 1.00 €.Il prezzo attuale è: 0.01 €.
  • RPS N. 3/2024

    22.00 
    Quo Vadis? Il lavoro nel sistema sanitario italiano tra pubblico e privato
    • La forza del modello sociale europeo
    • La legge delega in materia di disabilità
    • Le donne tra cura e lavoro
  • Mentre consegniamo queste pagine, arrivano storie e immagini di una tragedia dai luoghi di cui si parla nel libro. Quando nelle luminose giornate di maggio intervistavamo donne palestinesi e israeliane, non potevamo immaginare che pochi mesi dopo ci saremmo trovate nel buio di un genocidio. Oltre 30.000 donne, uomini, bambine e bambini palestinesi uccisi da Israele nella striscia di Gaza, e non solo. È una storia che viene da lontano, non solo dal 7 ottobre. Una storia coloniale. In Palestina e Israele andiamo da anni, per impegno, amore forse, verso un luogo, le sue abitanti, le loro vite. Tra il 2022 e il 2024 abbiamo raccolto storie di donne palestinesi che vivono in quei territori, di israeliane, meno numerose di un tempo, che gridano la necessità di un’altra Israele, e di donne italiane che sono andate là partendo da qui, per restare una settimana o 25 anni, per tradurre in concreto parole difficili come giustizia e solidarietà. Storie che vengono da Ramallah, Gaza, Nablus, Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv, da villaggi e città, e anche dal l’Italia. Luoghi difficili, di occupate e occupanti che condividono la ricerca comune di giustizia per sé e per il mondo. Dopo il 7 ottobre le abbiamo ricercate, a volte senza più ritrovarle. Anche oggi non rinunciano al desiderio di parlare. Sono testimonianze di un legame che vuole, ostinatamente, attraversare i confini più difficili.
  • Gli Stati Uniti di oggi, alla fine del «fallito esperimento quarantennale del neoliberismo», come lo ha definito Biden, e appena prima delle elezioni presidenziali del 2024, in cui si deciderà il ritorno oppure la sconfitta definitiva del «trumpismo». Una fase cruciale, con la democrazia interna alterata dallo strapotere del Grande capitale e dalle trasformazioni profonde del mondo del lavoro, e resa «fragile» dalle disuguaglianze sociali e dalle divisioni ideologiche e politiche che attraversano la società. L’unica certezza, per ora, risiede nel grave insuccesso dei progetti di ricomposizione cui Biden aveva puntato, con il quadro internazionale investito sia dalla guerra in Ucraina, sia dal montare della contrapposizione nei confronti della Cina: due «fronti» diversi tra loro e che investono entrambi il Paese nelle sue aspirazioni «neo imperiali». Un quadro che, nell’insieme, riguarda anche l’Europa e l’intero sistema dei rapporti economico-politici e culturali su scala mondiale.
  • Per millenni ogni forma di discordia è stata considerata una patologia del «corpo politico». Ma attraverso il conflitto sociale i soggetti discriminati e subalterni hanno espresso i propri bisogni e le proprie istanze, rivendicando libertà, inclusione, uguaglianza, riconoscimento delle proprie identità. Nel corso del Novecento la società si è divisa in campi separati dalla loro posizione nell’ambito della produzione e lungo questa linea si sono articolate le differenti dimensioni del conflitto, che si è rivelato fattore di coesione sociale, condizione della democrazia e dei diritti.