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Il traffico di esseri umani a scopo di grave sfruttamento sessuale - soprattutto di donne e bambini - ha assunto negli ultimi anni una dimensione considerevole e significativa, sia dal punto di vista quantitativo, sia per le modalità, che configurano spesso una vera e propria riduzione in schiavitù con effetti fisici e psicologici devastanti. Ma mentre sul versante femminile - e in particolare sulle donne adulte - sono state effettuate indagini e studi specifici e attivati servizi sociali a livello territoriale, sulle forme di sfruttamento minorile l’attenzione - in termini di studi e interventi ad hoc - non è ancora all’altezza della drammaticità che caratterizzata l’intero fenomeno. Il volume contribuisce a colmare questa carenza conoscitiva, affrontando a livello teorico ed empirico le configurazioni che assume il fenomeno dello sfruttamento sessuale dei minori e delle minori e delineando, al contempo, gli interventi di tutela sociale attivati da alcune organizzazioni non profit nel settore. L’autore descrive inoltre il quadro normativo entro il quale è possibile l’attivazione di interventi di contrasto verso le bande criminali che gestiscono il corposo giro di affari, nonché le modalità di protezione necessarie in sede giudiziaria in difesa delle piccole vittime del turpe sfruttamento.
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Il destino dei distretti si intreccia con quello del nostro sistema economico, di cui nell’ultimo ventennio hanno costituito la principale ossatura e ne hanno influenzato le dinamiche. Ruolo e collocazione che si confrontano con un mutamento nelle ragioni della competitività, oggi indagato da diversi punti di vista che servono a mettere a fuoco il futuro delle piccole imprese e dello sviluppo a scala territoriale. -Negli studi di caso e nei contributi presentati in questo volume l’attenzione è centrata in modo particolare sul ruolo delle relazioni industriali e della partecipazione dei lavoratori. Dimensioni, queste, che in passato hanno accompagnato, spesso in modo informale, le traiettorie di consolidamento dei distretti. -L'indicazione strategica che se ne ricava è che nelle mutate condizioni attuali le relazioni tra le parti rivestono un ruolo potenziale di grande rilievo, a patto di saper favorire la mobilitazione di tutto il capitale umano disponibile intorno a politiche di innovazione e a nuovi scenari di sviluppo.
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Guerre e terrorismo globali, il lavoro e le sue trasformazioni, il quadro economico e il caso Parmalat, gli anziani, le pensioni e gli infortuni sul lavoro, le politiche sociali e la crisi del welfare, le nuove povertà e il diritto alla salute, lo sfruttamento dei bambini, le problematiche giovanili e la riforma scolastica, il volontariato e l’economia solidale, i nuovi movimenti e la globalizzazione, i diritti umani e le discriminazioni nel mondo, l’Europa politica e quella sociale, lo stato del pianeta e l’ambiente in Italia: sono alcuni dei tanti temi trattati nell’edizione 2004 del Rapporto sui diritti globali. Il Rapporto, curato dall’Associazione SocietàINformazione, è promosso dalla CGIL nazionale in collaborazione con il Coordinamento nazionale delle Comunità di accoglienza (CNCA), con ARCI, Legambiente e Antigone, vale a dire con le associazioni italiane tra le più autorevoli, rappresentative e territorialmente diffuse che sono impegnate sulle problematiche trattate dal Rapporto. Fotografa lo stato dei diritti e analizza le politiche per una loro maggiore affermazione a livello locale e globale, italiano e mondiale. È diviso in quattro sezioni, Diritti economico-sindacali; Diritti sociali; Diritti umani, civili e politici; Diritti globali ed ecologico-ambientali, articolate in 18 capitoli. In ognuno dei capitoli viene analizzato e definito il punto della situazione e vengono delineate le prospettive del 2004. L’analisi e la ricerca sono corredate da ampie cronologie dei fatti, da approfondite schede tematiche, dai dati statistici più aggiornati, da un accurato glossario, dai riferimenti bibliografici e web e dall’indice dei nomi citati. Il Rapporto, unico nel suo genere, è uno strumento fondamentale per arricchire la formazione e supportare l’attività quotidiana di quanti operano nella scuola, nell’informazione, nella politica, nel mondo del lavoro, delle professioni sociali, del volontariato e del non profit. Contributi di: Antigone, Arci, Cgil, CnCa, Legambiente.
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Di fronte al rischio di declino economico del paese e al progressivo aggravamento della crisi, che la Cgil ha denunciato fin dal 1999 rivendicando il riposizionamento del nostro modello di specializzazione produttiva, il governo Berlusconi continua a restare inerte e ripropone, a fini elettorali, la logora ricetta del taglio delle imposte da finanziare con la riduzione del perimetro dell’intervento pubblico. Welfare e politiche pubbliche vanno invece rafforzate per rendere socialmente sostenibile la transizione verso la società dei servizi senza che ciò dia luogo, come purtroppo sta già accadendo, a pericolosi processi di deindustrializzazione. Pur tenendo conto della situazione di difficoltà in cui versa gran parte del nostro apparato produttivo, il reddito disponibile dei lavoratori deve crescere di più. Ciò, secondo Beniamino Lapadula, è necessario non solo per motivi di equità sociale, ma anche per far crescere la domanda aggregata depressa da un export che ha il fiato corto e dall’assenza di investimenti, bloccati dalla crisi di sfiducia che attanaglia il paese. Pensare però che questo obiettivo possa essere conseguito con una forte spinta salariale basata sui rapporti di forza è illusorio e sbagliato. Non c’è alternativa credibile ad una nuova politica dei redditi da rilanciare con un patto tra produttori capace di dare «una scossa» per rimettere in moto l’economia del paese.
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La crisi della partecipazione elettorale è ormai da qualche anno un tratto che accompagna le vicende politiche del nostro paese. Si presenta come fenomeno non contingente e neppure specificamente italiano, che ha a che vedere con le trasformazioni, le sfide e i pericoli che attraversano le democrazie contemporanee. Non va quindi sottovalutato né subìto come qualcosa di inevitabile (o addirittura salutare per la democrazia), ma studiato e compreso in tutte le sue dimensioni e implicazioni, anche per poterlo fronteggiare meglio. Del resto, come dimostrano le più recenti consultazioni, la capacità di riportare i cittadini alle urne si configura sempre di più come una decisiva risorsa strategica nella competizione elettorale (ancor più se di tipo maggioritario e bipolare). Comunque, riflettere sul declino della partecipazione elettorale è necessario e urgente soprattutto perché la progressiva de-inclusione di cittadini appartenenti ai ceti sociali «periferici» e svantaggiati, sempre più orfani di un’adeguata rappresentanza politica, implica l’ulteriore caduta della loro influenza politica e, alla lunga, potrebbe aprire una falla nel consenso verso la democrazia. Di tutto ciò si occupa questo libro, che - riallacciandosi a una prestigiosa tradizione di ricerca, e apportandovi nuove ipotesi e metodologie - analizza l’astensionismo in Italia, la sua evoluzione storica, le sue cause dirette e indirette, le sue diverse espressioni, le sue conseguenze.
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Le lavoratrici private, in gergo denominate «badanti», svolgono un nuovo mestiere. Assistono, solitamente in convivenza, persone non autosufficienti. Il loro lavoro è importante non solo per l’aiuto concreto, spesso insostituibile che danno alle famiglie, ma anche in quanto sviluppa nuove competenze professionali nel settore della cura e costruisce forti legami sociali tra le donne italiane e straniere. Tra i rischi di questo lavoro ci sono: sfruttamento e non rispetto del contratto, convivenze transitorie, isolamento, burn-out per i lunghi orari e per la coincidenza tra luogo di vita e di lavoro. Alcuni enti locali stanno costruendo una nuova linea di servizi per non lasciare soli i soggetti di queste nuove convivenze: anziano, familiare e lavoratrice. Gli interventi descritti nella Guida sono frutto delle esperienze di ricerca in diversi contesti territoriali. La dispensa offre spunti di riflessione nell’ottica di una diffusione di best practices per l’integrazione del lavoro di cura privato nella rete dei servizi pubblici professionali: agenzie di incontro domanda/offerta, sportelli informativi, affiancamento delle lavoratrici e delle famiglie, contributi economici e indicazioni di tipologie contrattuali per l’emersione del lavoro nero, formazione di base e continua per chi assiste, gestione delle sostituzioni.
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L’apprendimento per tutto il corso della vita è una priorità dei nostri tempi, così importante da configurarsi come un nuovo diritto, sociale e individuale. Circoscriverlo alla sola formazione continua è riduttivo. Il Memorandum europeo sull’istruzione e la formazione permanente illustra con chiarezza sia la sua duplice finalità - l’occupabilità ma anche la cittadinanza attiva - sia le relazioni tra tenuta nel mercato del lavoro e partecipazione civile: e la portata strategica, per entrambe, della padronanza di strumenti culturali e professionali. Ciò è tanto più importante in Italia dove la deprivazione culturale di settori ampi di popolazione, anche giovane, determina rischi diffusi di marginalità sociale e lavorativa, e difficoltà individuali e collettive di vario tipo. Sono indispensabili, anche per rispettare gli impegni comunitari, politiche ad ampio raggio di sviluppo delle competenze della popolazione. Negli ultimi anni, in verità, i cantieri della formazione permanente si sono finalmente aperti. Si moltiplicano offerta e domanda, in collegamento con il lavoro e anche fuori, ma con limiti che denotano l’insufficienza delle culture politiche e sociali prevalenti. Questo libro offre un’informazione puntuale sullo stato dell’educazione degli adulti, ma anche strumenti per chi voglia utilizzare le opportunità esistenti o sia interessato, nei diversi ambiti, a svolgere ruoli attivi in questo campo.
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Il volume raccoglie quarantasette storie di vita di donne e uomini il cui tratto dominante è costituito dalla militanza sindacale e politica. Storie di un impegno personale e sociale straordinario che oltrepassa lo stesso ambito sindacale per estendersi a tutto ciò che questa generazione «giovane» era chiamata a dover affrontare - spesso con immediate responsabilità che escludevano ogni apprendistato - per ricostruire l’intero tessuto civile, politico e istituzionale dopo il disastro materiale e morale della seconda guerra mondiale e del ventennio fascista. Storie che ci raccontano di una rivoluzione. Sì, una rivoluzione perché nella provincia di Modena, così come in molte altre zone della regione, ciò che avviene dopo il 1945 è qualcosa che rompe radicalmente con il passato, non solo con il passato fascista, ma con il passato dell’intera storia d’Italia. Per la prima volta prende corpo un ceto dirigente politico e amministrativo costituito in modo pressoché esclusivo da persone provenienti dalle classi popolari, dagli ambienti rurali della campagna modenese - soprattutto mezzadri e braccianti - e dai quartieri operai della città. Più ancora che in altre città dell’Emilia Romagna, a Modena il carattere «proletario» di questo nuovo ceto dirigente è marcato e si profila come un gruppo compatto socialmente e culturalmente ancor prima che politicamente.
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Giugno 2004, Roma, quartiere Trieste: Giuseppe e Letizia, un avvocato ottantenne di origini siciliane e un’anziana maestra di origini tosco-umbre, con i loro assistenti Amparo e Ousmane, una filippina e un senegalese, vivono due strane storie d’amore in un luogo simbolico della città e della storia: Villa Torlonia, ex dimora nobiliare settecentesca, ex dimora privata di Benito Mussolini per oltre vent’anni, giardino pubblico sempre più vitale nella Roma di oggi. Le vite private dei quattro protagonisti, vecchi e adulti, colti e ignoranti, benestanti e malestanti, si intrecciano con quella ormai storica del «Duce», attraverso un continuo rimando di azioni e riflessi dall’Italia del ventennio alla Roma contemporanea. Sedici fotografie a colori dell’autore illustrano lo scenario delle vicende narrate.