• Il libro – costituito da alcuni saggi e studi recenti (2008-10) – propone un’interpretazione della crisi politica del paese che vede l’origine della fase attuale nella sconfitta della politica di solidarietà democratica. L’omicidio di Aldo Moro (1978), l’uomo politico che con maggior lucidità aveva diagnosticato l’incipiente crisi di regime e stava lavorando a una ricomposizione degli equilibri politici, non segnò solo la fine della politica di solidarietà. Quell’episodio, anche per le sue modalità, interruppe il percorso del progetto democratico-costituzionale che era stato alla base della rinascita del paese, con la conseguenza di snaturare il senso della convivenza nazionale e costringere le istituzioni repubblicane a torsioni innaturali. Dopo il delitto Moro la politica italiana si è caratterizzata per una linea di divisione (che si è ripresentata in varie forme: il preambolo Dc nel 1980, il craxismo, il berlusconismo) che ha comportato l’esclusione «programmatica» di settori essenziali della società (sia masse, sia élite politiche) dall’esercizio del potere. Questa linea di divisione (che perdura ed è all’origine della crisi politica attuale) caratterizza, da oltre un trentennio, una fase di declino civile e politico del paese che la cultura e la politica democratiche non hanno ancora valutato in tutta la sua portata.
  • A 25 anni esatti dalla chiusura dell’Eternit di Casale Monferrato e a due dall’inizio del processo di Torino contro i proprietari della multinazionale svizzera, accusati di «disastro doloso e omissione di misure di soccorso», il libro raccoglie le testimonianze di dieci ex lavoratori dello stabilimento, quasi tutti ammalati di asbestosi, e di dieci abitanti della città piemontese (tra cui, alternati, i ricordi dei congiunti sopravvissuti), colpiti da infermità ancora più insidiose, soprattutto mesotelioma pleurico e carcinoma polmonare. Ne emerge un quadro sconvolgente. In fabbrica, soprusi all’ordine del giorno da parte di una proprietà che, consapevole del pericolo, non si limitava a far convivere i suoi dipendenti con l’amianto, ma li costringeva a condizioni di lavoro disumane, in ambienti malsani e con in più la continua minaccia di punizioni per chi osava alzare la testa. Fuori dalla fabbrica, un’intera comunità cittadina tenuta per anni all’insaputa dei rischi derivanti dall’esposizione alla fibra avvelenata.
  • «Ci sono due modi possibili di leggere e interpretare questa imponente mole di documenti, introdotti e annotati con ammirevole cura da Francesco Giasi, Fabrizio Loreto e Maria Luisa Righi: due modi che in realtà si debbono integrare a vicenda», scrive Aldo Agosti nella sua prefazione. Le carte provenienti dal fascicolo di Giuseppe Di Vittorio nel Casellario politico centrale da un lato forniscono tanti preziosi tasselli per la costruzione di una biografia del sindacalista pugliese che, dai primi passi mossi nella nativa Cerignola nel 1911 sino alla sua liberazione dal confino a Ventotene, nel 1943, si snoda per oltre trent’anni. Dall’altra vi si può leggere l’evoluzione delle politiche repressive dello Stato, liberale prima, fascista poi. Finalizzate al controllo dei «sovversivi» e alla loro cattura quando perseguiti dall’autorità giudiziaria, le carte del Ministero dell’Interno debbono essere ovviamente «interpretate» e lette nel loro contesto storico. Per questo al lettore sono proposte nove tappe della biografia politica di Di Vittorio sino al 1943, illustrate da altrettante introduzioni. Oltre a ciò, i documenti – corrispondenza, appunti, note della polizia politica, lettere delle ambasciate, dei prefetti, delazioni di spie e infiltrati, materiale sequestrato – sono riccamente annotati per chiarire episodi, luoghi e soprattutto chi sono le centinaia di personaggi citati nei documenti che Di Vittorio incontrò nella sua lunga attività: contadini e sindacalisti, socialisti e comunisti, repubblicani e giellisti, liberali e anarchici, avversari e persone amatissime, dirigenti e semplici militanti.
  • Un ragazzo di Hong Kong che studia belle arti a Milano, una giovane ciclista lituana alle prese con l’umorismo toscano, una bambina cilena sbarcata nella Roma degli anni ottanta, un uomo camerunense che realizza il sogno di costruirsi una casa in patria: sono alcune delle storie riunite in questa breve raccolta, raccontate con stili diversi e unite dal filo rosso dell’ironia. Quattordici giornalisti di origine straniera firmano questo omaggio collettivo all’autore delle Lettere persiane. Alcuni, i più giovani, sono nati o cresciuti qui, altri sono arrivati già adulti. Come Montesquieu, hanno immaginato dei personaggi, più o meno autobiografici, che raccontano le loro impressioni sull’Italia ad amici o parenti. E ci ricordano l’importanza di aprirsi a nuovi sguardi sul mondo in cui viviamo. Gli autori: Farid Adly, Ejaz Ahmad, Ismail Ali Farah, Lubna Ammoune, Mayela Barragan, Paula Baudet Vivanco, Domenica Canchano, Alen Custovic, Raymon Dassi, Darien Levani, Gabriela Pentelescu, Edita Pucinskaite, Sun Wen-Long, Akio Takemoto. Illustrazioni di Zerocalcare.
  • La Bella, la Bestia e l’Umano

    Fascia di prezzo: da 4.99 € a 12.00 €
    Questo volume inaugura la collana sessismoerazzismo, edita in collaborazione con l’Associazione Crs e curata da Lea Melandri, Isabella Peretti, Ambra Pirri e Stefania Vulterini. Ad assimilare specismo, sessismo e razzismo – sostiene l’autrice sulla scia di una linea di pensiero che va dalla Scuola di Francoforte a studiosi/e quale Colette Guillaumin – è l’attribuzione agli «altri», alle donne, ai non umani di una natura diversa, inferiore o mostruosamente superiore, da controllare e soggiogare. Dei tre sistemi di dominio, Rivera analizza analogie e intrecci, peculiarità e divergenze. Ed esemplifica l’analisi dei processi di alterizzazione e reificazione attraverso alcuni temi: la dialettica fra razzismo istituzionale e xenofobia popolare; il trattamento dei corpi altrui, fino agli stupri «etnici»; le controversie sul «velo islamico» e sulle modificazioni dei genitali femminili; la vicenda italiana delle donne-tangenti. Infine, accogliendo la critica dei femminismi «non bianchi», suggerisce di adottare una postura critica e relativista, per evitare l’etnocentrismo, trascendere l’universalismo particolare, immaginare un modello di universalità relazionale, concreto, situato, sessuato.
  • Il volume rende omaggio ai protagonisti che concorsero a mettere in luce e combattere l’intreccio politico- mafioso collegato al dissesto delle banche di Michele Sindona e di Roberto Calvi e a ricostruire l’attività della Loggia massonica P2 di Licio Gelli, e che per la loro dedizione pagarono prezzi personali altissimi, a cominciare da Giorgio Ambrosoli, assassinato da un sicario. Questa vicenda, una delle più gravi e inquietanti del secondo dopoguerra, rappresenta il paradigma di come il potere palese e occulto, nelle sue diverse articolazioni e strumenti, risponde a chi, sostenuto dall’etica pubblica e professionale, ad esso si oppone. A chi, su quei fondamenti, contribuisce alla costruzione e alla difesa dello Stato di diritto. Un esempio che rimane di permanente attualità per l’Italia civile e democratica, indirizzato soprattutto ai più giovani per il loro accostament alla vita sociale. Lettere ed appunti inediti di: Annalori Ambrosoli, Giorgio Ambrosoli, Tina Anselmi, Vincenzo Azzolini, Paolo Baffi, Enrico Berlinguer, Guido Calogero, Bruno De Finetti, Luigi Einaudi, Arturo Carlo Jemolo, Ugo La Malfa, Ferruccio Parri, Ernesto Rossi, Raffaele Mattioli, Piero Sraffa, Bruno Trentin. Scritti e interventi di: Abdon Alinovi, Giuseppe Amari, Giorgio Ambrosoli,Umberto Ambrosoli, Tina Anselmi, Paolo Baffi, Anita Maria Barbafiera Fontana, Enzo Biagi, Federico Caffè, Guido Carli, Carlo Azeglio Ciampi, Vittorio Coda, Maria Alessandra Dalla Torre Baffi, Concita De Gregorio, Maurizio De Luca, Francesco De Martino, Guglielmo Epifani, Antonio Fazio, Bonifacio Franzese, Carlo Ghezzi, Giuseppe Guarino, Giuseppe Gusmaroli, Arturo Carlo Jemolo, Augusto Leggio, Romano M. Levante, Sergio Luciani Ernesto Manna, Lorenzo Marzano, Giuseppe Mascetti, Tonino Milite, Giorgio Napolitano, Silvio Novembre, Antonino Occhiuto, Luigi Paroni, Giovanni Battista Pittaluga, Massimo Riva, Stefano Rodotà, Leonardo Rotundi, Mario Sarcinelli, Giovanni Spadolini, Luigi Spaventa, Corrado Stajano, Mauro Storti, Paolo Sylos Labini, Roberto Tesi (Galapagos), Sinibaldo Tino, Anna Vinci, Marco Vitale.
  • Il trombettiere di Custer e altri migranti

    Fascia di prezzo: da 6.99 € a 10.00 €
    Chi era Joe Gallo, il gangster spietato soprannominato «crazy», il pazzo, che amava Camus e Nietzsche? E il calabrese Mike Porco che lanciò il giovane Bob Dylan nel suo locale Gerde’s, nel cuore del Greenwich Village? E Filippo Gagliardi, «il pezzenticchio», o Giulio Massasso, il contadino astigiano che aveva diretto per più di un quarto di secolo le coltivazioni di banane e papaia nell’isola di Tonga, cuoco e consigliere del re «ciccione» Tu’ufu Ahan Tupou IV? O ancora l’anarchico Mario Buda/Mike Boda che la mattina del 16 settembre 1920, che le cronache raccontano «soleggiata», andò a parcheggiare il suo carretto esplosivo davanti al 23 di Wall Street? Sono alcuni dei personaggi curiosi, epicamente romanzeschi, che Angelo Mastrandrea ha strappato dall’oblio e ritratto in questo libro intitolato al più bizzarro di loro, John Martin, originario di Sala Consilina, arruolato nello squadrone H del VII Cavalleria, «il trombettiere di Custer», unico superstite del l’eroica disfatta di Little Big Horn. L’autore ricostruisce vite vere di emigranti italiani colte nei rispettivi contesti storici, e narrate con stile brillante e incisivo come fossero storie di finzione, rinnovando l’epopea del nostro sogno americano, la nostra scoperta della «Merica». Raccontate con il curioso periodare del memorialista, la brillante e avvolgente scrittura del narratore, il taglio sempre molto politico e rigoroso del ricercatore storico, le storie indimenticabili qui raccolte affascinano e fanno riflettere, illuminando personaggi leggendari di rara forza e umanità, partiti dall’Italia con la testa piena di sogni e di utopie, e colti nel momento decisivo in cui le loro vite si elevano al rango della memorabilità.
  • Insieme al ’69 operaio la storia della Federazione lavoratori metalmeccanici è spesso stata vittima di una ostinata quanto ingiustificata forma di oblio. Eppure l’esperienza dei metalmeccanici negli anni Settanta rappresenta il massimo traguardo di unità nel movimento sindacale italiano. Quale fu il livello reale d’unità praticata, ad ogni livello, dal nuovo sindacato? Su questi nodi indaga il libro, frutto di una lunga ricerca archivistica, che mette in luce gli aspetti originali della vicenda della FLM, collocandola sullo sfondo dei grandi movimenti sociali che hanno attraversato gli anni Settanta. La storia del processo dell’unità sindacale, conclusasi ufficialmente nel 1984, ma già in crisi con la svolta dell’Eur del 1978 e in dirittura d’arrivo dopo la sconfitta dei 35 giorni alla Fiat nell’80, si sovrappone a quella delle culture sindacali che diedero vita all’organizzazione unitaria: la cultura del conflitto della tradizione CGIL e quella dell’autonomia sindacale e della partecipazione della CISL si fusero in quella stagione in un positivo incontro, formando un’intera generazione di nuovi quadri operai e sindacali. Unica nel panorama sindacale è anche la vicenda, che si sviluppa nel suo seno,degli iscritti «unitari», cioè di quei lavoratori che aderivano alla FLM senza effettuare una scelta confederale. Si trattò di un fenomeno nazionale, ma di differente portata nelle diverse federazioni provinciali che componevano il mosaico della FLM.
  • Il volume ripercorre l’evoluzione normativa e contrattuale promossa dal sindacato del tessile-abbigliamento in tema di orario di lavoro e analizza i problemi che tale evoluzione ha determinato nel rapporto tra tempi di lavoro e tempi di vita. La ricostruzione storica, integrata da un’ampia appendice documentaria (legislativa e contrattuale), dimostra come l’esperienza del «sistema moda» sia stata all’avanguardia su questi temi, affrontando senza timore l’esigenza di una maggiore flessibilità nell’utilizzo degli impianti. È accaduto, così, che proprio in questo campo si sia manifestata in modo evidente la «cultura contrattuale» della categoria, fatta di sperimentazione e anticipazione di soluzioni innovative, di rifiuto dell’unilateralismo industriale e di impegno nella negoziazione a tutti i livelli (sul piano nazionale e di settore, aziendale e territoriale); una cultura fondata sulla possibilità del sindacato di intervenire nelle politiche d’impresa: il tutto in un clima di reciproca correttezza e lealtà, disponibilità e responsabilità collettiva, secondo un modello da tempo praticato nel settore. In un quadro siffatto la «questione femminile» continua ad occupare un posto decisivo. Insieme al diritto al lavoro e alla parità salariale, infatti, un’efficace gestione del tempo di lavoro, in equilibrio con i tempi di vita, vale ancora di più per le lavoratrici, che sono sempre le prime a pagare in tempo di crisi, che soffrono maggiormente la condizione di precarietà crescente, che devono difendersi da un’organizzazione sociale, da una mentalità e da una struttura familiare, fortemente radicate nella società italiana, che tendono costantemente a penalizzarle.
  • La nascita della Confederazione Generale del Lavoro nel 1906 rappresenta un nodo centrale della vicenda del movimento operaio e sindacale, non solo perché segnò la costruzione di un grande organismo di rappresentanza dei lavoratori italiani, ma soprattutto perché con questo atto la CGdL si incaricò della responsabilità di assurgere al ruolo di risposta storica al problema dell’organizzazione delle classi subalterne nell’Italia post-unitaria. Un evento che si svolge all’interno del complesso, e spesso contraddittorio, processo di relazione tra Stato, società e modernità che aprì la questione dell’ingresso delle masse lavoratrici e proletarie nella vita pubblica. I documenti qui pubblicati consentono, dopo oltre un secolo di storia del sindacato, non solo di inquadrare le problematiche poste dalla necessità di rappresentanza e organizzazione delle forze del lavoro, ma soprattutto di chiarire la collocazione e la funzione storica della Confederazione Generale del Lavoro nel contesto nazionale e internazionale. Il rapporto tra le forze organizzate dei lavoratori e il sistema economico italiano; la necessità di rappresentare le istanze sociali moderne della società; la capacità di svolgere un ruolo rilevante nella collocazione del movimento dei lavoratori al centro della vita e della sfera pubblica; la costruzione di percorsi di accesso e allargamento dei diritti sociali; le lotte e le mobilitazioni di massa e il rapporto con la società politica rappresentano temi che, se trovano la loro radice all’inizio del secolo scorso, mantengono interamente, pur rimettendone in discussione soggetti, forme e mezzi, la loro centralità anche all’inizio del nuovo millennio.
  • Questo volume non vuole e non può essere un trattato di sindacalismo a fumetti, né tantomeno la storia a fumetti della CGIL. È «solo» un omaggio, di alcune tra le più belle menti creative del panorama fumettistico italiano ad un’organizzazione che, attraverso l’impegno, l’idealismo, i sacrifici di milioni di persone, ha fatto, e continua a fare, la storia del nostro paese. Gli autori: Claudio Acciari, Alberto Arato, Stefano Babini, Sergio Badino, Bibì Bellini, Michele Benevento, Luca Bertelé, Massimo Bonfatti, Luca Boschi, Laura Braga, Diego Cajelli, Gianni Carino, Emilio Marco Catellani, Marco Cattaneo, Gianluca Costantini, Riccardo Crosa, Michele Dallorso, Aldo Di Gennaro, Luca Enoch, Davide Fabbri, Andrea Ferraris, Francesco Frongia, Cinzia Ghigliano, Vittorio Giardino, Gianfranco Goria, Ro Marcenaro, Giorgio Martignoni, Paolo Martinello, Sonia Matrone, Silvano Mezzavilla, Ivo Milazzo, Paolo Moisello, Andrea Montalbò, Luca Novelli, Giuseppe Palumbo, Stefano Palumbo, Vittorio Pavesio, Davide Reviati, Maurizio Ribichini, Roberto Ronchi, Andrea Rossetto, Pierpaolo Rovero, Fabio Sironi, Sergio Staino, Sergio Tisselli, Alessandro Toccaceli, Marco Tomatis, Alessandro Vitti. Nel volume è presente uno scritto di Tommaso Pincio.
  • Tra le grandi figure di dirigenti sindacali e politici del Novecento italiano, Argentina Bonetti Altobelli (1866-1942) occupa una posizione di grande rilievo ed interesse, quale protagonista di una fase cruciale del cambiamento sociale e politico del nostro paese, e interprete tra le più complete dell’impegno civile e della militanza politica. Segretaria della Federazione Nazionale dei Lavoratori della Terra aderente alla CGdL, già dal 1906 fu tra i componenti della Direzione del PSI e del Consiglio Direttivo della Confederazione, rimanendovi per molti anni di seguito. Convinta sostenitrice dell’emancipazione femminile, concepì sempre questo impegno in stretta connessione con la militanza politica, al punto da individuare nel motivo del riscatto economico e morale delle donne dei campi il movente primario della sua adesione al socialismo. Nel 1912 fu una delle prime donne a partecipare a organi istituzionali, come membro del Consiglio Superiore del Lavoro, nel quale si adoperò per estendere ai lavoratori agricoli le prime misure di legislazione sociale ottenute dal proletariato urbano. Attraverso un’attenta e in larga parte inedita selezione degli interventi pubblici e degli scritti si offre qui una lettura originale della sua vicenda sindacale e politica, nella quale il protagonismo femminile si lega ai processi di sindacalizzazione e di politicizzazione dei lavoratori dei campi, che hanno accompagnato l’affermazione della cittadinanza sociale nell’Italia liberale. Il volume è a cura di Sivia Bianciardi.