• La ’ndrangheta è una mafia silente da cui genera una pesante coltre di illegalità che sembra avvolgere l’intera Calabria e che non si manifesta sempre e soltanto con macabre scene di violenza, di delitti odiosi, di vendette trasversali. Il libro del fotografo Francesco Arena assume un’altra chiave di lettura del fenomeno ’ndranghetista, e ne coglie la totale pervasività nel tessuto socioeconomico e nel territorio calabresi. Le foto qui raccolte non sono cruente ma narrano la violenza della ’ndrangheta contro l’uomo, la società, l’ambiente, gli illeciti palesi nell’abusivismo edilizio, nelle cattedrali nel deserto, nelle aziende fantasma (figlie delle truffe ai finanziamenti comunitari), nella commistione pericolosa tra pezzi dello Stato e della malavita. Ma Arena coglie anche le bellezze e le eccellenze, perché una Calabria migliore, fatta di intelligenze e onestà diffuse, è ancora pensabile e possibile.
  • La mafia vista con gli occhi di un bambino, una nonna coraggio e una battaglia sotto il cielo d’estate. Sono gli ingredienti di questo racconto, ambientato tra le colline di Salsomaggiore Terme. È un’avventura che trae ispirazione dal campo antimafia di «Libera», ed è completata da un diario di quell’esperienza, con le impressioni di chi vi ha preso parte e le testimonianze di chi combatte ogni giorno contro la criminalità organizzata.
  • Rosanna, una bimba di tre anni, è il filo conduttore della storia di un clan familiare rom, fatto di personaggi straordinari, in prevalenza donne intrepide e appassionate segnate dall’esclusione e dalla presenza di un capo clan tragicamente dominante. Rosanna ci conduce tra i campi rom di Firenze, Roma e Torino. Scopriamo mondi altri, dove passato e futuro si annullano nel presente. Mondi fatti di suggestioni, di magia, di disperazione e... amore sublime. Per non dimenticare, la sezione del libro posta a premessa della peregrinazione di Rosanna, racconta la storia del Porrajmos, il genocidio del popolo rom nei campi di sterminio della Germania nazista e non solo.
  • Dirsi lesbica

    15.00 
    Un libro innovativo, che mette al centro i percorsi individuali e relazionali che portano alla costruzione di sé come lesbica. Dirsi lesbica, nominarsi come tale, è un atto politico. La ricerca di Natacha Chetcuti si concentra sulle rappresentazioni e sulle pratiche esistenziali e politiche lesbiche. L’autrice ci porta dentro e attraverso il mondo delle coppie lesbiche; la cosa più significativa che ne viene fuori è la simmetria che caratterizza il rapporto, il desiderio e il piacere, rendendo le donne che si amano ambedue soggetto. Le lesbiche si sottraggono a una condizione di oggetto, spiazzando e denaturalizzando la costruzione binaria dei generi e dunque l’eterosessualità obbligatoria come fondativa del-l’identità. Producendo elementi nuovi che allargano l’orizzonte di una sociologia della sessualità, il libro rende manifesta la polisemia che gli atti, le pratiche, le rappresentazioni sessuali ricoprono nell’esperienza delle lesbiche intervistate. Il volume contiene un utile glossario di terminologia lesbica.
  • Per questo libro le autrici sono state insignite del Premio Maratea 2017 Il libro di Maria Grazia Ciaccio e Giovanna Cultrera, che esce per la collana divulgativa Fondamenti, vuole fare chiarezza su un fenomeno naturale che interessa l’Italia in modo particolare. Le autrici, ricercatrici dell’INGV, si rivolgono a un pubblico di non addetti ai lavori per spiegare le basi scientifiche del fenomeno, l’impatto sociale che un sisma può avere sulla società e, infine, i modi attraverso i quali possiamo evitare che i terremoti si trasformino in catastrofi di grandi dimensioni. Solo negli ultimi anni abbiamo assistito a tre terremoti che hanno provocato vittime e molti danni (Molise 2002, L’Aquila 2009, Emilia Romagna 2012). E tra tutte le catastrofi naturali che si abbattono sul nostro paese, sono proprio i sismi a causare i danni più ingenti e il maggior numero di vittime (120mila negli ultimi 110 anni). Perché si verificano i terremoti? Come e dove avvengono? Come si propagano le onde sismiche? Cos’è il “rischio sismico”? Modalità costruttive degli edifici, studi sulla pericolosità sismica e applicazione della normativa antisismica influiscono sulla sicurezza della vita quotidiana. Roma è un ottimo esempio di quanto geologia, densità abitativa e patrimonio architettonico possano rendere una grande metropoli vulnerabile a terremoti forti sebbene distanti. La storia racconta che spesso le conseguenze di un forte terremoto sono devastanti e possono comportare cambiamenti epocali. La sismologia svolge quindi un ruolo determinante e concorre a generare la consapevolezza che la prevenzione è l’unica difesa dai terremoti. Per questo sarebbe importante costruire i nuovi edifici secondo le norme antisismiche e adeguare quelli esistenti. Tuttavia la scarsa attenzione istituzionale e i pochi investimenti nella ricerca in Italia limitano drasticamente l’azione preventiva.
  • "Il libro è risultato tra i finalisti del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2015" L’architettura moderna nasce dalla sovrapposizione di due grandi «rivoluzioni»: quella tecnologica, che conduce all’introduzione di nuovi materiali – soprattutto calcestruzzo e acciaio – nella costruzione dell’edilizia corrente, e quella figurativa, in cui è preminente il ruolo delle avanguardie novecentesche che nella pittura hanno già messo in crisi quella spazialità prospettica e tridimensionale tramandata invariata fin dal rinascimento. Ma l’architettura moderna nasce soprattutto dalla risposta ad un interrogativo: qual è lo stile dell’architettura della «Prima età della macchina»? In questo libro la parabola dell’architettura moderna viene ricostruita attraverso l’opera di quattro protagonisti, scelti per raccontare quattro «paradigmi» che rappresentano nodi problematici anche per l’epoca contemporanea: Le Corbusier per il paradigma dell’innovazione; Mies van der Rohe per quello della costruzione; Terragni per quello della sovversione del linguaggio; Niemeyer per quello del globale vs locale.
  • L'investimento formativo nei primissimi mesi dell’infanzia è stato da tempo riconosciuto dalla letteratura scientifica come un elemento fondamentale per lo sviluppo del capitale umano, e – insieme – come fattore che condiziona la capacità di rottura delle catene di riproduzione della disuguaglianza sociale. I bambini che fin da piccoli frequentano strutture di childcare dimostrano maggiore capacità di ascolto, di concentrazione nello studio, maggiori abilità nello stabilire relazioni amicali e di cooperazione con i pari e nello sviluppare creatività nel gioco e nella didattica. Nello stesso tempo, è provato che un vasto e diffuso tessuto di offerta di servizi alla prima infanzia previene l’esclusione sociale, incide sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sui loro tassi di fecondità, sulla conciliazione tra l’assunzione delle responsabilità private familiari e l’adempimento delle obbligazioni associate al lavoro remunerato. A questo portato di «positività» delle strutture di servizio per la prima infanzia non sembra aver corrisposto una relativa ridefinizione dell’agenda politica nel senso dell’investimento sull’estensione e l’innovazione dei servizi: i dati confermano quanto ancora il paese sia distante dalla soglia minima di partecipazione del 33% decisa a Lisbona nel lontano 2002. Nello stesso tempo, il dibattito sulla valutazione della qualità nei servizi alla prima infanzia è molto ricco ma, spesso, non si dimostra capace di cogliere la molteplicità dei livelli coinvolti (politico, istituzionale, amministrativo, sociale ecc.) e gli attori che concorrono alla costruzione del servizio. Il volume, con i suoi diversi apporti, si colloca all’incrocio di queste tematiche.
  • Il Rapporto rappresenta una fotografia dettagliata dei diversi fenomeni di sfruttamento lavorativo nel settore agricolo e più in generale uno studio sull’illegalità e sull’infiltrazione mafiosa nell’intera filiera agroalimentare. Si compone di quattro parti. Nella prima parte viene svolto un approfondimento analitico sullo stato del settore, sui principali fenomeni di illegalità, sulle inchieste condotte dalla magistratura e sul tentativo della criminalità organizzata di condizionare pesantemente l’economia della filiera agroalimentare. Un’indagine specifica è qui svolta sul caso della «Terra dei fuochi». La seconda parte del Rapporto entra maggiormente nello specifico con le analisi dedicate allo sfruttamento lavorativo in agricoltura attraverso il caporalato, alla gestione del mercato del lavoro agricolo, alla tutela individuale e collettiva dei lavoratori gravemente sfruttati. Seguono tre casi di studio: Piemonte per il nord, Lazio per il centro, Puglia per il sud, in cui vengono illustrate buone pratiche di intervento contro lo sfruttamento e l’illegalità realizzate in questi territori. La terza parte è relativa alla ricostruzione delle mappe dello sfruttamento lavorativo e del caporalato in agricoltura, individuate in 18 regioni e 99 province, a dimostrazione del fatto che lo sfruttamento del lavoro agricolo e il caporalato, seppur con forme e intensità diverse, sono fenomeni ormai insediati su tutto il territorio nazionale. La quarta parte infine è dedicata alla raccolta di diversi materiali particolarmente utili per l’approfondi-mento del tema e la predisposizione di iniziative e interventi contro i fenomeni di illegalità analizzati nel volume. Gruppo di ricerca. Jean Renè Bilongo, Francesco Carchedi, Massimiliano D'Alessio, Federica Dolente, Salvatore Fachile, Ivana Galli, Giorgia Cantaro, Roberto Iovino, Cinzia Massa, Lucio Pisacane, Enrico Pugliese, Lorenzo Trucco, Alessandra Valentini. Testi a cura di: Francesco Carchedi, Roberto Iovino, Cinzia Massa.
  • Una storia cominciata subito dopo il V Congresso nazionale che si tenne a Milano nel 1960, quando fu costituito per la prima volta il Comitato di coordinamento regionale delle Camere del lavoro, che divenne poi il Comitato regionale lombardo. Da allora lo sviluppo di questa realtà, che alle origini svolgeva un ruolo di puro coordinamento tra le strutture legate al territorio e ai luoghi di lavoro, ha segnato nel tempo una vera e propria discontinuità e, armonizzandosi con i cambiamenti della struttura statale, che si è via via decentrata attribuendo sempre più alle Regioni i poteri delegati dal Titolo V della Costituzione, si è configurata come un luogo di iniziativa e di direzione dell’azione sindacale complessiva della Cgil [...] Dalla sua nascita ad oggi, la struttura regionale ha dunque assunto un ruolo essenziale, non solo nella Cgil, ma nelle scelte politiche concrete, anche di carattere legislativo, per fare fronte alla crisi, per salvaguardare la salute, la sicurezza, il territorio e l’ambiente, e anche per la tenuta unitaria nella contrattazione regionale e nel rapporto con la politica […] È attraverso il Regionale e le Camere del lavoro, che passa e si dirama nel territorio l’identità di un’organizzazione, l’immagine di un sindacato confederale che guarda ai problemi da un punto di vista generale, e, proprio per questa sua visione complessiva, è più capace di affrontare le grandi sfide. Di un sindacato che deve anche cambiare se stesso profondamente, ma che, per ripartire e guardare al futuro, non dimentica da dove viene [...] dalla prefazione di Susanna Camusso
  • Arte e potere

    13.00 
    L’idea guida di questo saggio è che l’arte, dall’inizio della storia, sin da quando cioè si afferma la divisione del lavoro e nascono le classi sociali, ha sempre avuto a che fare con il potere. Nel corso dei secoli le dinamiche di questa relazione hanno sicuramente influenzato l’arte, senza riuscire a modificarne l’intima essenza. Negli ultimi decenni, tuttavia, il potere tende a centralizzarsi a livello sovranazionale, assumendo una fisionomia che riflette, da un lato, l’affermazione e la naturalizzazione del capitalismo finanziario globalizzato e, dall’altro, il binomio tecnocrazia-ipercomunicazione. Questo nuovo tirannico dispositivo mette a rischio l’arte per come l’abbiamo conosciuta nel corso dei secoli, riportando all’ordine del giorno la questione della sua morte, ben oltre le previsioni di Hegel. Con lucidità e passione, l’autore indaga dapprima i rapporti fra l’origine dell’arte, la sua natura intima e il potere. Successivamente analizza le trasformazioni che questi rapporti hanno subito nel corso dei secoli, e l’attuale dominio dell’ultracapitalismo finanziario globalizzato, trionfante e insieme portatore di una drammatica crisi epocale. Ciò che questo dominio ha prodotto ha finito per trasformare l’arte in una sottomerce, mettendo a rischio la sua sopravvivenza nella plurimillenaria lotta per la difesa della propria libertà e autonomia. Non può sfuggire il valore metaforico e predittivo di questa sconfitta: se l’arte muore, tutto muore. Tutto ciò che conta per chi ha a cuore i destini di una umanità che rischia di essere messa definitivamente in ginocchio. In questa denuncia è riposto il senso profondo di questo libro.
  • Ci sono tante storie, dentro la storia dell’Alfasud di Pomigliano d’Arco. Il breve sogno industriale di Nicola Romeo, ma soprattutto la parabola dell’intervento pubblico in Italia: dalla nascita dell’IRI alla fine delle Partecipazioni statali, e poi ancora fino alla grande stagione delle privatizzazioni. Ci sono i tanti sforzi – e i tanti errori – per modernizzare il Mezzogiorno. C’è un secolo di industria e di politica: di tayloristi e fordisti, da Gobbato a Luraghi; di democristiani e comunisti, da Leone a Moro, da Berlinguer a Prodi. C’è un secolo di società italiana: dal grande boom al conflitto operaio, dal liberismo all’italiana fino all’ultima grande crisi. Questo saggio prova per la prima volta a tracciare un profilo complessivo della storia di Pomigliano, che non può essere ricostruito solo attraverso documenti d’archivio. Il dibattito che accompagna da sempre questa grande fabbrica del Mezzogiorno impone infatti di sfogliare cronache e studi, ascoltare protagonisti del mondo operaio e dell’industria, della politica e del sindacato. Per capire che questa non è una storia «meridionale», ma una grande storia italiana; e che riguarda il futuro, molto più del passato.
  • Game Over

    12.00 
    L’indagine dell’Associazione Bruno Trentin e di Save the Children mostra come il lavoro minorile sia ancora di attualità nel nostro Paese: sta assumendo nuove forme, ma coinvolge molti ragazzini con meno di 16 anni, che secondo la normativa nazionale non dovrebbero svolgere alcun tipo di attività di lavoro. Stando ai risultati dell’indagine, circa 340.000 minori tra i 7 e i 15 anni sono coinvolti in una qualche esperienza di lavoro: quasi il 7% della popolazione in età. Nell’indagine viene analizzato il legame tra l’insuccesso scolastico e formativo e il lavoro precoce, a partire dalla consapevolezza che i giovani senza un titolo di scuola secondaria superiore o un qualifica professionale sono una specificità molto italiana. È difficile non vedere come molti dei ragazzini con esperienze di lavoro si ritrovino tra i cosiddetti Early school leavers, quel 18% dei giovani italiani che secondo l’Europa dovrebbero dimezzarsi, perché per loro è alto il rischio di un inserimento debole nel mercato del lavoro, caratterizzato da bassi salari, mansioni non specialistiche, scarso apprendimento di contenuti professionali. È una questione che ha a che fare con il futuro del nostro Paese, che ci interroga su come integrare politiche di rinnovamento del nostro sistema educativo e politiche di crescita economica dei territori e di sostegno alle famiglie, non solo dal punto di vista di integrazione del reddito, ma in particolare sul versante dello sviluppo di modelli e stili culturali capaci di scommettere per i propri figli sui percorsi formativi superiori e sulla ricerca di «un buon lavoro» anche sul lungo periodo.