• La nozione di risorsa umana è diventata centrale per definire la «forma-impresa» che caratterizza il capitalismo di stampo neoliberale. Di che cosa è sintomo l’inflazione di questa nozione all’interno dei luoghi di lavoro e non solo? In che modo l’«umano» è diventato oggi la «risorsa» principale dell’economia capitalistica? In questo libro - attraverso una digressione che parte dalla disciplina di fabbrica novecentesca, si sofferma sull’invenzione del management moderno e arriva fino a oggi – si sostiene che la «risorsa umana», lungi dal segnalare l’avvento del lavoro infine umanizzato, è piuttosto il correlato di una tecnologia di potere che si situa all’incrocio fra il governo politico degli individui e l’organizzazione del lavoro. Ciò che sembra una nozione tecnica o neutrale proviene in realtà da un campo di conflitti e di lotte, e rappresenta l’esito attuale di una lunga storia di tentativi di addomesticare quella che Marx chiamava la «mano ribelle del lavoro».
  • Quando ha proposto a SeNonOraQuando-Factory di avviare un serio dibattito pubblico sulla Costituzione Italiana, Mariella Gramaglia ha scritto: «A noi, donne, la Costituzione, il nostro contratto sociale della contemporaneità democratica, interessa. E molto. Non solo perché ricordiamo con commozione e deferenza le 21 pioniere che hanno contribuito a scriverla e sobbalziamo ogni volta che qualcuno parla di “padri costituenti”, ma perché pensiamo che, benché redatto da una schiacciante maggioranza di uomini, questo contratto ci riguardi, segni dei perimetri di diritto che ci stanno a cuore, che almeno parzialmente ci includono». Da questa idea di Mariella Gramaglia ha preso corpo l’iniziativa «In contropiede. Le donne rileggono la Costituzione» che vuole esprimere l’esigenza, ormai urgente, di rileggere il testo fondativo della nostra vita civile a partire da un nuovo punto prospettico: la vita delle donne. La Costituzione italiana è stata scritta quasi 70 anni fa. Da allora il Paese è cambiato, soprattutto le donne sono molto cambiate. Contributi di Alessandra Bocchetti, Giulia Bongiorno, Francesca Comencini, Marisa D’Amico, Michela Marzano, Lea Melandri, Luisa Muraro, Lidia Ravera.
  • Prosegue la scoperta dei grandi classici attraverso la collana dedicata ai saperi di base "Fondamenti". La figura di Ludovico Ariosto è caratterizzata dalla delusione, vissuta con distacco ma anche all’insegna di una malinconia «storica». Il tramonto dei valori e la registrazione dello spregiudicato presente fa del poeta un testimone in prima linea alla pari di Machiavelli e Guicciardini, benché con diverse motivazioni di fondo. Questo soprattutto nel Furioso, ma anche nelle opere minori là dove felici spunti di critica della società, risolti in modi di stile e vivacemente rappresentati in prospettiva letteraria, contribuiscono a configurare l’intera opera di Ariosto lungo questa linea. Alla materia cavalleresca, Ariosto attinge come in un fondo comune in cui tanti poeti del suo tempo o a lui precedenti hanno trovato le tematiche centrali del loro poetare. Le continuazioni e imitazioni danno luogo ad un fenomeno che si potrebbe dire di «multiautorialità»: una categoria non teorizzata ma realizzata di fatto in un intrecciarsi di voci contemporanee e precedenti o seguenti quella di Ludovico.
  • È la forza delle cose che ha riportato al centro dell’attenzione, non solo italiana, il tema dell’uguaglianza: anzi delle disuguaglianze, perché questo è il dato ormai registrato impietosamente fino al suo punto estremo, il rapido aumento della povertà in gran parte del mondo. La domanda, allora, è se sia possibile ricostruire una società degli eguali. Nel nostro ordinamento costituzionale esistono appigli formidabili volti in questa direzione e in grado di contrastare l’impressionante crescita delle disuguaglianze sociali. L’articolo 3 in particolare mantiene una forza in grado di incidere profondamente sulla realtà odierna. Centro di nuovi conflitti e motore di lotte democratiche che rivendicano un ripensamento degli assetti economici e sociali, il tema dell’uguaglianza esige un serio confronto intellettuale. A questo sono rivolti i saggi pubblicati nel volume per iniziativa della Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco. contributi di: S. Rodotà, G. Azzariti, E. Denninger, C. Giorgi, L. Pennacchi, L. Ferrajoli, E. Granaglia, E. Pugliese, M. Cattoni, I. Cheresky, M.R. Ferrarese, P. Carniti, P. Costa, S. Sciarra.
  • Oggi siamo di fronte a una polarizzazione tra chi lavora troppo (straordinari, aumento degli orari, flessibilità dei turni, intensificazione dei ritmi) e chi lavora troppo poco (part time involontario, precariato, disoccupazione). Eppure potremmo davvero “lavorare meno, lavorare tutti”. Con stile asciutto e taglio divulgativo, Marco Craviolatti ci spiega come. Senza negare il valore del lavoro, ma riconducendolo a una delle tante dimensioni importanti della vita, l’autore, sul solco di illustri studiosi come André Gorz e Pierre Carniti, sovverte l’abominevole equazione “il tempo è denaro” per restituire la consapevolezza del tempo quale risorsa umana, rara e preziosa. E le imprese? Anche loro ci guadagnerebbero. Perché verrebbe stimolata l’innovazione organizzativa e saremmo tutti più produttivi ed efficienti. Da dove partire? Da un cambiamento del modello di produzione e consumo e dall’individuazione di nuovi obiettivi: benessere individuale, giustizia sociale, parità di genere, efficienza ed efficacia produttiva. Il nostro lavoro può ancora avere un valore. Come? Ripensando il rapporto tra qualità della vita e qualità del lavoro, tra lavoro formale e informale. Non si tratta tanto di imporre limiti fissi all’orario di lavoro (le famose 35 ore), bensì di adottare strumenti fiscali, normativi e contrattuali per favorirne la riduzione volontaria (congedi familiari, part time lungo, pensione anticipata) e soprattutto per avviare una progressiva evoluzione verso orari collettivi ordinari “più corti del tempo pieno, più lunghi del tempo parziale”. Il testo esplora questa possibilità, alla ricerca di una quadratura del cerchio tra punti di vista solo in apparenza inconciliabili: un sindacato capace di rinnovarsi, movimenti sociali che coniugano idealismo e pragmatismo, attori economici innovativi e responsabili. Chiamando la politica al suo ruolo dimenticato di indirizzo dell’economia.
  • La singolare vicenda umana, sindacale e politica di Giuseppe Di Vittorio (Cerignola, 1892 - Lecco, 1957) si muove intera nella rivendicazione del diritto al lavoro e sul lavoro. La prematura morte del padre che lo fa bracciante per necessità a sette anni e lo costringe a lasciare la scuola gli mostra il massacrante lavoro dei braccianti, sotto il sole dall’alba al tramonto, senza diritti e maltrattati; servi, più che lavoratori. E comprende che il riscatto dei contadini (più avanti di tutti i lavoratori) attraversa eccome il sentiero della rivendicazione ma meglio percorre la via, più nascosta, della consapevolezza. Il testo teatrale qui pubblicato è azione scenico musicale in un atto tutta incentrata sulla necessità di tale consapevolezza. Tre i livelli di drammatizzazione: la recitazione in prosa, l’inchiesta giornalistica e le canzoni. Essi si intersecano senza apparentemente toccarsi, intrecciati su diverso spazio temporale. Il primo è affidato al racconto popolare e popolano della lotta bracciantile; il secondo all’illustrazione giornalistica del-l’azione sindacale; infine le canzoni, in chiave autobiografica, non vissute nel ricordo poetico ma nel pre-sente degli anni raccontati. Dieci i brani che raccoglie il CD musicale alloggiato in terza di copertina; appositamente composti per l’incastonatura nella rappresentazione teatrale, si plasmano - in vernacolo e in lingua - in matrici melodiche della tradizione popolare del Sud Italia, riavvolte in più moderne sonorità con raffinatezza dagli Jurnatér, compagine folk di stanza a Milano ma per buona parte d’italico meridione.
  • Pagine scomode

    15.00 
    I cinquant’anni dalla nascita de L’Astrolabio, la rivista fondata da Ernesto Rossi e diretta da Ferruccio Parri, offrono l’occasione per ripercorrere un tratto significativo della storia recente del nostro Paese attraverso la lettura e l’interpretazione degli avvenimenti politici, sociali, culturali (nazionali e internazionali) che la rivista ha fornito. Negli oltre vent’anni della sua vita, dal 1963 al 1984, L’Astrolabio ha rappresentato un punto di riferimento per un’area dell’opinione pubblica riformista e del mondo politico in generale; le sue pagine sono state veicolo di battaglie importanti, testimonianza di un impegno civile e politico erede della cultura azionista da cui sia Rossi che Parri provenivano. Se oggi è di qualche interesse ricordare quegli anni è anche perché essi presentano delle analogie con il passaggio politico che l’Italia sta attraversando. Allora, all’inizio degli anni Sessanta, il nascente centro-sinistra aveva suscitato grandi aspettative perché segnava una cesura con quasi un ventennio di politica centrista dominata dalla Democrazia Cristiana; oggi l’attenzione e le aspettative sono per un’altra cesura, quella con il ventennio berlusconiano, occasione da non perdere per restituire alla politica e alle istituzioni democratiche la dignità smarrita. Il presente volume e la connessa digitalizzazione della rivista costituiscono un progetto complessivo che nell’intenzione del curatore è volto a salvaguardare un frammento significativo della nostra memoria storica.
  • Il «ciclo virtuoso» dei rifiuti nasce dai nostri buoni comportamenti di cittadini educati, ma cosa accade dopo il nostro dovere quotidiano di selezionare e consegnare correttamente i rifiuti al servizio pubblico? La complessità del ciclo dei rifiuti è impressionante, tra una miriade di norme e condizioni gestionali talvolta spericolate, criticità e problematiche imprevedibili fino alla presenza, marginale ma ugualmente inaccettabile, di comportamenti illegali. Eppure, le opportunità di progresso e di crescita economica sono enormi a patto che nessun elemento incidente sia disconosciuto o evitato. In questo testo gli Autori, senza orpello ideologico e forti della loro decennale esperienza sul campo, compiono una ricognizione a 360 gradi su ciò che accade e perché e, soprattutto, esplorano le tendenze in atto e l’orizzonte che ci aspetta nella prospettiva di far diventare, davvero, i rifiuti una risorsa. Il libro contiene numerosi grafici e tabelle, documenta in profondità ogni dato analitico, valuta razionalmente i fatti, propone riflessioni e opzioni senza congetture. Facile e fluido nella lettura, ricco di richiami pratici e denso di concretezza, questo è il «libro mastro» per comprendere presente e futuro della raccolta differenziata e del ciclo dei rifiuti urbani del nostro paese.
  • Out of stock
    Violenza contro le donne: cosa si sta facendo in Italia? Inasprire le norme repressive e isolare i comportamenti violenti maschili – che sono ormai arrivati ad un femminicidio ogni due giorni – facendone casi eccezionali, patologici, lascia inalterati i modelli culturali fondati su quegli equilibri patriarcali di potere contro i quali hanno lavorato fin dagli anni Ottanta i Centri antiviolenza e le Case per donne maltrattate, frutto delle lotte femminili e femministe. Comprendere invece che la violenza sulle donne è prima di tutto un problema degli uomini significa spostare l’attenzione dalle vittime agli autori, a quella «questione maschile» che tutta la violenza di genere sottende. Il volume coglie, nella parte iniziale, questo cambiamento di ottica attraverso una ricerca – la prima in Italia – che censisce le esperienze d’avanguardia rivolte agli uomini violenti nel nostro paese, nelle carceri e nei centri, in ambito privato e pubblico, e offre un quadro di programmi sviluppatisi a livello internazionale, cui le esperienze italiane fanno riferimento. Nella seconda parte sono presentate le riflessioni e le proposte di studiosi e studiose afferenti a molteplici discipline, e le esperienze di operatrici e operatori con ruoli professionali diversi. In appendice, un’analisi critica del recente decreto legge n. 93/2013 convertito nella legge del 15 ottobre 2013 n. 119. Le autrici e gli autori: Anna Costanza Baldry, Michela Bonora, Marco Deriu, Monica Dotti, Francesca Garbarino, Paolo Giulini, Bruno Guazzaloca, Monica Mancini, Barbara Mapelli, Massimo Mery, Cristina Oddone, Alessandra Pauncz, Giorgio Penuti, Chantal Podio, Roberto Poggi, Michele Poli, Amalia Rodontini, Mario Sgambato, Claudio Vedovati, Maria (Milli) Virgilio.
  • La casa negata

    10.00 
    La crisi finanziaria – manifestatasi con l’esplosione della bolla immobiliare negli USA – ha messo in discussione un’idea dell’abitare fondata sulla proprietà e sulla crescita costante del valore degli immobili. Un’idea che, fin dagli anni Ottanta, ha alimentato e accelerato il processo di «finanziarizzazione del mattone» come tramite del colossale trasferimento di risorse (soprattutto sotto forma di mutui, ma anche di canoni di locazione) verso banche, proprietari fondiari, imprese di costruzione. Bisogna passare dunque ad un’altra idea di casa, che incorpori più valore d’uso e meno valore di scambio. Bisogna capire che, in relazione al loro reddito, molti giovani e molte famiglie potrebbero trovare più conveniente la casa in locazione rispetto a quella in proprietà. Un ruolo di punta in questo cambiamento spetta agli enti locali, che hanno competenze primarie in materia di gestione del territorio e possono condizionare e indirizzare gli interessi in campo (quelli della rendita, delle imprese di costruzione, dei cittadini) verso una nuova politica dell’abitare e della qualità urbana. Oltre alle scelte urbanistiche, occorre affrontare il nodo della crisi fiscale che complica l’azione dei Comuni e ne limita la spinta di rinnovamento. Confrontandosi con l’insieme di queste problematiche il libro indica dunque una prospettiva di cambiamento nella vita dei nostri centri urbani e nei meccanismi di finanziamento degli enti locali con un approccio agli argomenti fiscali, economici e urbanistici non di tipo tecnico o specialistico, ma prevalentemente politico e al tempo stesso piano e rigoroso.
  • Fare il postino nelle campagne del Sud-Est della Francia di fine Ottocento, a Hauterives, nella Drôme, non era una passeggiata. O meglio, era una passeggiata che poteva allungarsi per decine di chilometri, da un paesino all’altro, con il sole o con la pioggia, portando a spalla un borsone pieno di lettere. Ma Ferdinand Cheval trovò il modo di sfuggire all’ossessione dei giorni sempre uguali e di passare alla storia. Nel 1879 iniziò la sua opera e in trent’anni, con 930.000 ore di lavoro, 1.000 metri cubi di mattoni e 3.500 sacchi di calce, innalzò il suo Palazzo Ideale, una costruzione astrusa, tutta grotte e gallerie, scalette, pinnacoli e terrazze; un palazzo assolutamente impossibile da abitare ma di una bellezza ingenua da lasciare senza fiato. Questo libro bizzarro, inconsueto e raro, quasi una biografia narrativa, ricostruisce con abilità le storie e le fatiche del nostro eccentrico personaggio attraverso registri diversi – narrazione tout court, memorialistica, diario di viaggio, persino invenzione romanzesca – che ne moltiplicano identità e immaginario. Alessandro Trasciatti rende così giustizia al portalettere artista, esempio di ostinata forza di volontà, amato da Breton – che gli dedicò una poesia e un fotomontaggio –, Max Ernst e altri surrealisti; citato da Claude Levi-Strauss in La pensée sauvage; caro persino a Pablo Picasso che realizzò un album con disegni a matita dove il messaggero Cheval, nella metamorfosi creativa, è ritratto metà cavallo e metà colomba che porta nel becco una lettera.
  • In tempi di crisi le politiche macroeconomiche di redistribuzione dei redditi e delle ricchezze non bastano. È giunto il momento di avviare un percorso nuovo fatto di microprogetti definiti e misurabili in grado di rimuovere le disuguaglianze che si manifestano nella concreta vita delle persone. Di disuguaglianze si parla sempre di più, ma per attenuarle si fa sempre meno. Disuguaglianze nella salute, nell’istruzione e nella cultura, nel lavoro, nelle relazioni sociali, nella qualità dei servizi. La crisi, si dice, rende più difficile spostare risorse dai ricchi ai poveri. E allora se il PIL non crescerà più come prima dobbiamo rassegnarci a disuguaglianze crescenti? No, perché creare più uguaglianza e più benessere si può. Dopo un documentato esame delle disuguaglianze nel corso della storia, della loro relazione con crescita e globalizzazione, dell’evoluzione del pensiero filosofico e religioso in materia, fino alle nuove teorie delle disuguaglianze, l’autore propone di combatterle agendo dall’alto e dal basso. Dall’alto con nuove politiche macroeconomiche: redistribuzione delle ore di lavoro, reddito e lavoro di cittadinanza attiva, maggiore progressività del prelievo su redditi e ricchezze. Dal basso con progetti definiti e misurabili in grado di abbattere le disuguaglianze che si manifestano nei diversi aspetti che determinano il benessere delle persone. I nuovi indicatori di Benessere Equo e Sostenibile – alla cui costruzione l’autore ha contribuito partecipando ai lavori della Commissione Istat-Cnel– possono aiutarci ad individuare dettagliatamente le tante disuguaglianze da ridurre. E allora perché non rispondere con altrettanto dettagliati progetti territoriali capaci di rimuovere gli ostacoli per un’uguaglianza effettiva, concreta e condivisa? Un piano d’azione preciso che può riassegnare alla politica un primato sull’economia e riaffermare la funzione, fondamentale, degli enti locali.