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Gli Stati Uniti di oggi, alla fine del «fallito esperimento quarantennale del neoliberismo», come lo ha definito Biden, e appena prima delle elezioni presidenziali del 2024, in cui si deciderà il ritorno oppure la sconfitta definitiva del «trumpismo». Una fase cruciale, con la democrazia interna alterata dallo strapotere del Grande capitale e dalle trasformazioni profonde del mondo del lavoro, e resa «fragile» dalle disuguaglianze sociali e dalle divisioni ideologiche e politiche che attraversano la società. L’unica certezza, per ora, risiede nel grave insuccesso dei progetti di ricomposizione cui Biden aveva puntato, con il quadro internazionale investito sia dalla guerra in Ucraina, sia dal montare della contrapposizione nei confronti della Cina: due «fronti» diversi tra loro e che investono entrambi il Paese nelle sue aspirazioni «neo imperiali». Un quadro che, nell’insieme, riguarda anche l’Europa e l’intero sistema dei rapporti economico-politici e culturali su scala mondiale.
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Editoriale
- Aldo Tortorella, L’Europa in guerra
- Massimo Cavallini, Argentina: e dalla notte dei tempi giunse Javier Milei
- Romeo Orlandi, Nuovo multilateralismo? Quattro eventi e un brutto pensiero
- Simona Fabiani, La guerra e il resto da eliminare contro la crisi climatica
- Felice Adinolfi e Roberto Weber, Il grande malessere, o l’Europa dei trattori
- Alexander Höbel, Nascita di un giornale operaio
- Letizia Paolozzi e Alberto Leiss, L’organo del “partito nuovo” e l’avvento dei giornali-partito
- Pietro Spataro, Un quotidiano in crisi di identità e l’occasione mancata dei giornalisti
- Vincenzo Vita, Da l’Unità ai social. Una rivoluzione senza rivoluzione
- Lelio La Porta, Il “Gramsci di destra”, pericoloso ma senza fondamento
- Antonio Di Meo, La «rivoluzione passiva» nell’universo concettuale gramsciano
- Sergio Cesaratto, La moderna teoria del sovrappiù e l’analisi delle economie precapitalistiche
- Antonio Di Meo, Rivoluzione ed egemonia in Gramsci
- Mihaela Ciobanu, Marx, Dussel e la «periferia» del mondo
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Nel settembre 2002 Bruno Trentin riceve dall’Università di Venezia la laurea honoris causa in Economia. «Il tema di questo mio intervento – afferma in occasione del prestigioso conferimento – riguarda il rapporto fra lavoro e conoscenza. L’ho scelto perché mi sembra che in questo straordinario intreccio che può portare il lavoro a divenire sempre più conoscenza e quindi capacità di scelta e, quindi, creatività e libertà, sta la più grande sfida che si presenta al mondo all’inizio di questo secolo. La sfida che può portare a sconfiggere le vecchie e nuove disuguaglianze». Un tema, quello della società ed economia della conoscenza, che in Trentin ha origine con l’esperienza delle 150 ore e che ritorna fortemente nella sua elaborazione politica e culturale degli anni a seguire. Il volume ripercorre – attraverso documenti editi e inediti – le principali tappe della sua elaborazione intellettuale sul tema, dall’accordo del 19 aprile 1973 agli ultimi scritti di poco precedenti il tragico incidente del 2006, che causerà la sua morte nell’agosto dell’anno successivo.
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Editoriale
- Aldo Tortorella, Impero e imperialismo
- Alberto Leiss, Sonnambuli della politica tra Italia ed Europa
- Mattia Gambilonghi, Un’Europa sociale o ordoliberale? Le antinomie di Jacques Delors
- Salvo Leonardi, Lavoro e sindacati nell’integrazione europea: conflitti e convergenze
- Agustín José Menéndez, La “terribile” costituzione materiale dell’Unione europea
- Wasim Dahmash, I crimini di Israele oggi e nel tempo. Ma l’unico futuro è la convivenza
- Cristina Carelli, Dopo Giulia, parola alle giovani
- Alessio Miceli, Dopo Giulia e Filippo, parole nuove per i giovani maschi
- Stefano Petrucciani, Un dialogo tra sordi? La discussione tra filosofi marxisti del 1962
- Michele Prospero, Galvano Della Volpe e i dellavolpiani
- Carmela Covato, Il Marx di Mario Alighiero Manacorda
- Nadia Garbellini e Gianmarco Oro, Oltre la critica dell’economia politica: l’insegnamento di Luigi Pasinetti
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Mentre consegniamo queste pagine, arrivano storie e immagini di una tragedia dai luoghi di cui si parla nel libro. Quando nelle luminose giornate di maggio intervistavamo donne palestinesi e israeliane, non potevamo immaginare che pochi mesi dopo ci saremmo trovate nel buio di un genocidio. Oltre 30.000 donne, uomini, bambine e bambini palestinesi uccisi da Israele nella striscia di Gaza, e non solo. È una storia che viene da lontano, non solo dal 7 ottobre. Una storia coloniale. In Palestina e Israele andiamo da anni, per impegno, amore forse, verso un luogo, le sue abitanti, le loro vite. Tra il 2022 e il 2024 abbiamo raccolto storie di donne palestinesi che vivono in quei territori, di israeliane, meno numerose di un tempo, che gridano la necessità di un’altra Israele, e di donne italiane che sono andate là partendo da qui, per restare una settimana o 25 anni, per tradurre in concreto parole difficili come giustizia e solidarietà. Storie che vengono da Ramallah, Gaza, Nablus, Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv, da villaggi e città, e anche dal l’Italia. Luoghi difficili, di occupate e occupanti che condividono la ricerca comune di giustizia per sé e per il mondo. Dopo il 7 ottobre le abbiamo ricercate, a volte senza più ritrovarle. Anche oggi non rinunciano al desiderio di parlare. Sono testimonianze di un legame che vuole, ostinatamente, attraversare i confini più difficili.
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Editoriale
- Aldo Tortorella, Occhi ridenti
- Pietro Folena, La lezione di Berlinguer per le sfide odierne e la lotta contro la guerra
- Alfonso Gianni, “Sorvegliare e punire” o della governance europea
- Massimo Cavallini, La rivolta degli studenti Usa per Gaza tra i fantasmi del ’68 e del maccartismo
- Anna Maria Merlo, Contro la destra in ascesa Macron gioca la carta della guerra
- Denis Y. Sindete, L’Africa che cerca la pace. Luci e ombre nel ruolo delle istituzioni continentali
- Maria Turchetto, Sul “tutto strutturato” della guerra e della pace capitalista
- Alberto Leiss, Il patriarcato, la violenza maschile e la violenza bellica
- Roberto Finelli, L’utopia della terza via. La lezione politica della psicoanalisi
- Andrea Ricciardi, L’eredità di Giacomo Matteotti
- Fabio Vander, Matteotti: le deformazioni di un centenario
- Guido Liguori, Il concetto di rivoluzione da Lenin a Gramsci
- Gianni Fresu, Lenin, Gramsci e il paradosso ermeneutico dell’egemonia
- Giacomo Tarascio, La questione agraria dalle «Tesi di aprile» alle «Tesi di Lione»
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Editoriale
- Aldo Tortorella, Libertà e liberal-schiavismo
- Vincenzo Vita, Chiamale se vuoi estrazioni
- Piero Di Siena, La destra avanza ma non sfonda. La crisi europea ora rischia la catastrofe
- Franco Astengo, Geografia politica dell’Italia che non vota
- Donald Sassoon, Più che la vittoria del Labour è la grande sconfitta dei tories
- Aldo Tortorella, Rossana e la Antigone ricorrente
- Michele Prospero, Tutto il potere ai soviet o al partito?
- Stefano Petrucciani, Tempi storici e tempo della rivoluzione in Lenin
- Roberto Finelli, Lenin come «individuo cosmico-storico»
- Nerio Naldi, Tatiana Schucht e la numerazione dei quaderni gramsciani
- Sebastiano Taccola, Cesare Luporini e l’autofondazione della critica dell’economia politica
- Lelio La Porta, Lukács tra etica e politica
- Marcello Mustè, Angell: interdipendenza mondiale e inutilità della guerra
- Guido Liguori, Storie di dissidenti del Pci
- Lelio La Porta, Dialoghi con Fortini
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Il saggio offre una chiave di lettura storica e geopolitica sull’importanza globale del Medio Oriente, sugli interessi e i conflitti delle potenze mondiali per l’egemonia nell’area mediorientale, sul piano micidiale del sovranismo sionista israeliano nella realizzazione della Grande Israele che mira, non nto all’annessione dell’intera Palestina allo Stato sovrano di Israele, ma anche ai territori limitrofi del Libano e della Siria. L’attacco efferato di Hamas del 7 ottobre 2023 e il massacro degli israeliani da parte dei miliziani di Hamas hanno prodotto la guerra totale a Gaza. Guerra e Vendetta, la risposta di Israele al massacro di Hamas. Obiettivo del Primo ministro Bibi Netanyahu e dei sionisti ultra ortodossi nazionalisti, membri del «gabinetto di guerra del governo israeliano», è stato: radere al suolo la Striscia, attuare il Nishul dei palestinesi, identificati come nazisti. La nazificazione dei palestinesi ha avallato la percezione degli israeliani di essere vittime che devono difendersi e giustifica gli interventi militari, la guerra distruttiva a Gaza e l’annientamento dei palestinesi. La posizione dei governi occidentali di fronte al massacro di Hamas, e alla conduzione della guerra israeliana a Gaza, è di sostegno a Israele, con invio di armi e finanziamenti soprattutto da parte americana. Israele è stato più volte criticato dall’Occidente per la violazione dei diritti umani a Gaza, ma i paesi occidentali hanno sempre sostenuto il diritto di Israele a difendersi. Di fatto, Israele funge da testa di ponte degli interessi occidentali in Medio Oriente. L’autrice testimonia, a partire dalla data dell’8 ottobre 2023, la conduzione distruttiva israeliana della guerra. Una conduzione che non ha, in apparenza, una strategia. Ma la guerra ha un piano: annullare la Palestina dalle carte geografiche.
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La sociologia ha fin dai suoi esordi ciclicamente individuato espressioni suggestive per descrivere il prodursi del mutamento sociale. In quest’ottica la descrizione del quadro attuale di riferimento deve fare necessariamente i conti con il precisarsi del cosiddetto paradigma neoliberale. Più specificamente, il neoliberismo definisce un modello di governo sociale legato da un lato alla destrutturazione del tradizionale sistema di regolazione sociale dell’economia, dall’altro alla diffusione della competitività come criterio fondamentale di giudizio sul valore della soggettività. Tali processi, uniti alla crescente individualizzazione delle carriere di vita, delineano i contorni di un nuovo tipo di configurazione economica e sociale che possiamo definire con il termine di società della prestazione. Quest’ultima non solo manifesta la centralità crescente della retorica manageriale d’impresa nella società contemporanea, ma prefigura la nascita di una nuova antropologia e di un nuovo discorso sociale basato sulla centralità della performance come imperativo sociale.
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Quante Saman ci sono? E dove sono? Sono nelle scuole, nelle famiglie, ragazze che sanno già di essere destinate a un matrimonio non voluto. Sono ragazze che fuggono, rischiano, assumono una nuova identità e cercano di rifarsi una vita in altri luoghi. E quante madri ci sono ancora, assoggettate alla violenza patriarcale, che accompagnano le figlie alla morte, come la madre di Saman? I casi segnalati di matrimoni forzati sono stati 24 dal 2019 al 2021, ma sono decisamente di più, e giungono fino all’uccisione delle donne che li rifiutano, i cosiddetti femminicidi d’onore. Fino al caso più famoso: l’omicidio e l’occultamento di cadavere di Saman Abbas, che qui ci viene raccontato in tutto il suo orrore dalle avvocate di parte civile nel processo. C’è un crinale tra “culture barbare” e un Occidente dei diritti, o piuttosto sono forme diverse, ma pur sempre violente, con cui ovunque si esprime e persiste il patriarcato? Abbiamo costituito noi, femministe, un Tribunale alternativo, un Tribunale delle donne per i diritti delle donne in migrazione, in cui le vittime diventano testimoni, in cui una Giuria non giudica ma ascolta, i cui esiti sono appelli alle istituzioni internazionali, europee, nazionali, e le risposte da ottenere. «Avevano tutte una gran voglia di parlare» le migranti che parlano in questo libro. Donne afghane, pakistane, nigeriane, ivoriane, indiane ci raccontano di matrimoni forzati e fughe; violenze ai confini e violenze nella tratta; discriminazioni religiose e razziste; audizioni presso le Commissioni per l’asilo in cui le loro storie non sono credute; di permessi di soggiorno negati o legati al capofamiglia che tolgono loro l’autonomia necessaria e limitano l’accesso al welfare; di essere considerate “cattive madri”.
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Il pensiero di Simone Weil si è dimostrato, in questi anni, non solo di straordinaria attualità, ma persino in grande anticipo sui tempi. Quali idee potrebbero aiutarci allora a interpretare i cambiamenti del mondo contemporaneo e prefigurare i futuri possibili? Cosa ha da dirci Simone Weil sulle trasformazioni del lavoro sotto la pressione dell’automazione tecnologica, sulle crescenti disuguaglianze sociali, sul rapporto dell’essere umano con la natura o sulle più recenti teorie filosofiche che cercano di interpretare la realtà? Quali prospettive dischiude il pensiero di Weil relativamente alle questioni del senso religioso, dell’esperienza estetica, dello statuto della soggettività umana? Questo libro è una sorta di breviario per l’umanità che si avven- tura nelle regioni inesplorate del domani, e che può trovare nelle idee di Simone Weil una guida in grado di illuminare il cammino.
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Reclutare manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento. È questo, in termini di legge, il caporalato. Una parola che sembra riportare tristemente indietro le lancette dei diritti dei lavoratori. In particolare, quando tra le sue pieghe, a fianco di interessi leciti, operano e prosperano attori illegali, le organizzazioni criminali in primis. La flessibilità del lavoro, il contenimento dei costi, la disponibilità di manodopera a basso costo, specialmente di origine immigrata, hanno riportato in auge un meccanismo di sfruttamento lavorativo che si pensava superato in se guito alle lotte e alle conquiste dei lavoratori. Cosa è il caporalato oggi? In quali ambiti della società alligna? Chi ne trae vantaggio? Come si può contrastarlo? Questo volume si prefigge lo scopo di fornire gli strumenti concettuali che consentano di comprendere il caporalato da una pluralità di punti di vista. I contributi di sociologi, antropologi, criminologi, attivisti, sindacalisti, magistrati rappresentano una vera e propria bussola per orientarsi all’interno del fenomeno e, conseguentemente, contrastarlo.