• Sono anni che il movimento sindacale contrasta i provvedimenti volti a destrutturare l’impianto della scuola pubblica emerso con la sperimentazione e la legislazione degli anni Settanta e Ottanta; più consistente è invece la fatica di tradurre l’elaborazione critica e analitica in una progettualità declinabile sul terreno della materia contrattuale. La legge 107/2015, intercettando un bisogno di cambiamento nella valorizzazione professionale, ha fornito però una risposta irricevibile che riproponeva, in modo piuttosto confuso e con diversi anni di ritardo, i fondamenti culturali della svolta di matrice neoliberista. Concetti distinti come impegno, merito, professionalità sono stati mescolati al fine di rappresentare nell’immaginario collettivo una risposta al bisogno di riconoscimento professionale che costituisce uno dei punti più delicati del lavoro educativo, approdando inesorabilmente ad una logica di tipo aziendalistico. È in questa cornice che matura la proposta di un convegno sulla professionalità docente, promosso dalla FLC CGIL Piemonte e i cui risultati sono raccolti in questo volume, per rispondere all’esigenza di entrare in un terreno difficile da sempre per il movimento sindacale, ma necessario per definire una strategia complessiva in grado di tenere insieme la sensibilità pedagogica con il profilo identitario del lavoro e con il controllo sull’organizzazione del lavoro. I contributi che seguono la relazione introduttiva si sviluppano su percorsi articolati: dalla riflessione in materia di professionalità nella cornice ministeriale all’elaborazione sui contenuti professionali della docenza professionale, per concludere con la lettura sociologica delle relazioni sindacali nel comparto scuola.
  • Esiste una vasta letteratura sulla vita e sull’attività politica di Pio La Torre, a cominciare dal suo Comunisti e movimento contadino in Sicilia. Fondamentalmente, però, è tutta incentrata sul La Torre politico, che ha profondamente innovato la legislazione antimafia e si è battuto per la pace e contro la base missilistica di Comiso. Su La Torre sindacalista, dirigente della più grande organizzazione sindacale d’Italia, la CGIL, solo pochi e fugaci accenni. Eppure senza la sua lunga esperienza sindacale (1947-1962) Pio La Torre non sarebbe stato l’efficace legislatore antimafia che conosciamo e nemmeno quel costruttore di pace che seppe tessere il filo di vaste alleanze ed entusiasmare migliaia di giovani. Questo libro, voluto fortemente dalla Camera del lavoro di Palermo, vuole essere un contributo per conoscere meglio gli anni della formazione di Pio La Torre, i suoi primi incontri con i braccianti e i contadini poveri delle borgate palermitane e dei comuni della provincia. Ma, negli anni in cui guidò la Camera del lavoro di Palermo, Pio La Torre imparò a conoscere anche gli operai della città, in particolare la classe operaia per antonomasia, quella dei Cantieri navali. E teorizzò e praticò l’unità tra gli operai della città e i contadini delle campagne da contrapporre all’unità tra gli agrari meridionali e la borghesia industriale del nord. Il libro si ferma alla fine degli anni Cinquanta. Su Pio La Torre segretario regionale della CGIL viene scritto un breve epilogo, lasciando aperte le porte per successive e più approfondite ricerche.
  • L’Europa appare sempre più debole nei confronti delle politiche aggressive degli Usa, della Russia, della Cina e di altre aree del mondo che si contendono gli spazi commerciali, tecnologici e finanziari della globalizzazione. Una situazione che dipende dalla forza degli altri paesi o dalla sua incompiutezza politico-istituzionale? In altri termini, sono più efficienti i regimi non democratici a contendersi gli spazi di crescita nel mondo piuttosto che i paesi con percorsi decisionali plurimi e dialettici? Stefano Iucci intervista su questi temi Sergio Romano che, con la sua esperienza di diplomatico prima e di storico della politica oggi, analizza le caratteristiche e le diversità tra Putin, Trump, Xi, inserendole all’interno delle dinamiche presenti in altre aree del mondo per tornare a ragionare sul lungo «guado» in cui l’Europa si trova: le indecisioni strutturali sul suo sistema politico, la mancanza di competenze uniche continentali e il rafforzarsi del sovranismo. Sergio Romano è stato ambasciatore alla Nato e, tra il 1985 e il 1989, a Mosca. Ha insegnato a Firenze, Sassari, Berkeley, Harvard, Milano e Pavia. È storico ed editorialista del Corriere della Sera. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo Putin e la ricostruzione della grande Russia (Longanesi, 2016), Trump e la fine dell’american dream (Longanesi, 2017), Il giorno in cui fallì la rivoluzione. Una controstoria della Russia rivoluzionaria dal 1917 al 1991 (Solferino, 2018).
  • Abusata in passato, la clemenza collettiva oggi conosce un’eclissi quantitativa senza precedenti nella storia d’Italia. È, invece, possibile recuperarla tra gli strumenti di politica criminale, proponendone una rilettura costituzionalmente orientata al divieto di pene inumane e alla finalità rieducativa del diritto punitivo, in linea con importanti affermazioni della giurisprudenza costituzionale. Così ripensate e rimodellate, per restituire agibilità alle leggi di amnistia e indulto è necessario porre mano di nuovo all’articolo 79 della Costituzione, la cui revisione approvata nel 1992 è giuridicamente alla base del loro tramonto. Questi i temi del Seminario svoltosi a Roma, in Senato, il 12 gennaio 2018, di cui il presente volume riproduce gli atti, offrendo un’aggiornata riflessione interdisciplinare in materia, allargatasi anche al contiguo versante della clemenza individuale. Una riflessione inedita negli esiti, a partire dall’ipotizzata riformulazione dell’articolo 79 della Costituzione, riprodotta in Appendice e proposta ai parlamentari della XVIII Legislatura come mezzo e fine per una battaglia di politica del diritto.
  • Un viaggio in Campania dopo la crisi della Terra dei fuochi, per capire come stanno veramente le cose. Nonostante l’emergenza abbia interessato un’area assai ristretta, la diffidenza dei consumatori ha finito per coinvolgere il territorio di un’intera regione. Ricerche appro fondite hanno accertato che si tratta di un timore del tutto infondato, ma il danno, per una delle agricolture più importanti del paese, è stato enorme. Il libro è il racconto di ecosistemi e di paesaggi agrari della Campania del terzo millennio: da quelli universalmente noti, come la Penisola, i Campi Flegrei e il Vesuvio, a quelli meno conosciuti, come il Cilento interno e il Fortore. Un racconto di luoghi, ma soprattutto di persone: gli agricoltori che in questi paesaggi vivono e operano ogni giorno. Si tratta di cittadini assai particolari, invisibili ai più: nel sostanziale disinteresse della politica e dell’opinione pubblica, le loro imprese continuano a produrre qualità e innovazione, insieme al servizio pubblico forse più importante, cioè la cura e il presidio del paesaggio, la manutenzione dei suoli del paese, in quel novanta per cento del territorio campano e italiano che non è fatto di città, ma di coltivazioni, pascoli e boschi. Le esperienze narrate nel libro evidenziano come gli interrogativi e i problemi posti dalla Terra dei fuochi riguardino l’intero paese nel suo rapporto con l’agricoltura e lo spazio rurale. Continua infatti a mancare un progetto collettivo del territorio che regoli e risolva i rapporti tra un sistema urbano sempre più fuori controllo e il mosaico fragile degli ancora straordinari e bellissimi paesaggi rurali d’Italia.
  • Quali sono le dinamiche dei mercati finanziari? Che vogliono dire default e spread ? E, soprattutto, quali rischi comportano gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati…) che ci vengono proposti? Comprendere i concetti base della finanza ed entrare nei suoi meccanismi essenziali è il primo passo per prendere decisioni consapevoli quando ci troviamo di fronte a scelte che coinvolgono le nostre esi genze finanziarie, come la gestione dei nostri risparmi, il cui risultato è incerto e si rivelerà soltanto a posteriori. Spesso trascurati, i rischi finanziari hanno invece avuto negli ultimi anni un impatto devastante sui redditi individuali e sui bilanci degli Stati. È importante quindi disporre di un bagaglio minimo di conoscenze per affrontare la complessità dei diversi prodotti finanziari. L’obiettivo di questo volume è offrire, anche ai lettori digiuni di nozioni economiche, un’introduzione ai concetti chiave del funzionamento degli strumenti di base e dell’universo della finanza.
  • Neosocialismo

    16.00 
    Sono tre le date che hanno segnato i giorni che stiamo vivendo: dicembre 1989 che decreta il collasso definitivo del socialismo sovietico; agosto 2007 che, con il fallimento della Lehman Brothers, dà avvio alla più grande crisi del capitalismo dell’Occidente; 4 marzo 2018 che segna la più micidiale sconfitta della sinistra italiana nel dopoguerra. Il presente, in Italia e nel mondo, è tuttora dominato dagli effetti disordinanti di questi avvenimenti e l’accumulo di disordine sembra quasi inibire oggi, specie a sinistra, una visione razionale della politica. In tale disordine la destra ha un gioco più facile: l’America first sembra diventato lo scudo dietro cui si nasconde la destra di ogni angolo del mondo. Allo spazio chiuso della destra, la sinistra può rispondere solo con un’idea di spazio aperto ma governabile, che per la sinistra italiana può essere oggi solo lo spazio europeo, uno spazio politico in gran parte da conquistare. Ma questo è possibile solo reinterpretando la crisi innescata dal fallimento della Lehman come dinamica trasformativa dettata dalla rivoluzione informatica, che distorce, confonde e persino acceca la capacità di lettura delle contraddizioni che pure il suo avanzare continuamente produce. Per questo è sommamente necessario un «riarmo teorico» della sinistra sociale e politica. Pena lasciare il campo, nell’acqua sporca della crisi, a giullari e avventurieri di ogni risma. Questo lavoro è dedicato all’analisi della nuova «marca» di capitalismo e ha il suo ancoraggio nel Marx del capitolo dei Grundrisse sulle macchine, nella sua straordinaria e profetica attualità, e nel Gramsci di Americanismo e fordismo, oltre che nell’esperienza di dirigente sindacale e politico del suo autore.
  • Gli scritti che compongono questo libro coprono un arco temporale di circa venti anni: dal 2000 al 2018. Venti anni è un tempo lungo, tanto più se scandisce la distanza con un presente profondamente mutato. Anche nel femminismo e sulle questioni qui affrontate. Il contesto attuale è contrassegnato dalla presenza di un movimento femminista, del quale sono protagoniste le generazioni giovani. Mi riferisco innanzitutto a «Non una di meno» e a «#Metoo», ma anche ad una più estesa e composita realtà di gruppi, centri, associazioni che operano nei luoghi e negli ambiti più diversi dell’esperienza. È una realtà che vie ne spesso definita come «nuovo» femminismo, proprio per marcare la discontinuità con il femminismo degli anni Settanta. Personalmente questo accento sul nuovo mi è risuonato come una «chiamata» alla mia generazione femminista a dare conto di sé. Voglio quindi dar conto, per me e dunque in modo parziale, del fem minismo della differenza che ho pra ticato nel pensiero e nella politica. Anche per capire se e come è pos si bile metterlo in relazione con altri femminismi, non solo quello più recente. Ripercor rere alcune delle tappe più significative del mio percor so è stato un modo per riflettere sulle politiche comuni tra femministe dif ferenti. Il punto di vista origina le del femminismo della differenza è la pratica del pensare, del significare le soggettività ed il mondo a partire dai corpi. E ho voluto evidenziarlo in questo libro, a cominciare dal titolo. Corpo pensante e pensiero incarnato. dalla Introduzione
  • Donne, immigrati e precari vivono con dizioni di lavoro particolarmen te difficili e la recente crisi economica ha ampliato il loro numero e ha reso la loro mancata tutela un problema sociale particolarmente avvertito. Gli stessi sindacati trovano difficoltà a rappresentarli sia per le instabili condizioni di lavoro sia per le complesse esigenze personali, e stan no svi luppando nuove strategie per ottenere il loro consenso. La maggior parte degli stu di si è soffermata tuttavia sulle scelte strategiche delle grandi organizzazioni mentre in questa ricerca viene adottata una prospettiva rovesciata che si interroga sui modi in cui gli stessi soggetti contribuiscono al cambiamento della rappresentanza. Nel volume vengono confronta te le forme di difesa del lavoro marginale in due metropoli, Milano e Buenos Aires, mol to diverse tra loro ma accomunate dagli stessi processi di precarizzazione tipici della condizione post-fordista. Per ciascu na delle due città sono stati scelti casi particolarmente significativi: a Buenos Aires sono stati studiati i raccoglitori di rifiuti urbani che hanno dato vita al sindacato dei cartoneros, le lavoratrici im migrate boliviane del comparto tessile che si sono liberate dal lavoro schiavo per fondare nuove cooperative, le colf che hanno dato vita a un sindacato di donne unico nel suo genere; di Milano vengono presentati i casi dell’Ortomercato – caratteristico per la presenza del lavoro clandestino –, delle donne delle pulizie negli ospedali e negli uffici pub blici, dei giovani ricercatori precari dell’Istituto nazionale dei tumori e dell’Istituto Car lo Besta. I casi considerati sfidano le forme tradizionali della rappresentanza e spingono i sindacati verso un rinnovamento culturale prima ancora che organizzativo.
  • Per genesi e per costante evolutiva, il nostro diritto sindacale e del lavoro è un prodotto prevalentemente extra-legislativo che si giova non solo dell’autoregolazione sociale costituzionalmente protetta, ma anche del riciclaggio di istituti e categorie di pensiero risalenti a un passato che non vuole passare. Per questo, il suo processo formativo è accompagnato, implementato e continuamente rivisitato dai ceti professionali appartenenti al circuito giudiziario, forense e universitario coi margini di libertà di valutazione consentiti dalla legge non scritta del doppio binario cui ha deciso di attenersi, nel dopo-Costituzione, il nostro legislatore: non-ingerenza e non-indifferenza. In questo volume l’autore analizza lo star system accademico dove generazioni di viandanti bisognosi di lampioni che illuminassero la strada hanno fatto entrare, per sdebitarsi, i pochi giuristi-scrittori capaci di accenderli. Guardarne da vicino le biografie intellettuali servirà sia per farsi un’idea di come ciascuno dei componenti dell’elitario club abbia svolto il ruolo di supplenza legislativa elaborando progetti di sentenza sia per capire se il patrimonio di sapere posseduto gli permettesse di agire con la consapevolezza che il suo modo di interpretare il suo tempo implicava in realtà una scelta tra alternative possibili. Profili di: Ludovico Barassi, Marco Biagi, Francesco Carnelutti, Massimo D’Antona, Mario Giovanni Garofalo, Giorgio Ghezzi, Gino Giugni, Federico Mancini, Luigi Mengoni, Giuseppe Messina, Giuseppe Pera, Enrico Redenti, Massimo Roccella, Francesco Santoro Passarelli, Gaetano Vardaro.
  • Le memorie di Mario Giovannetti abbracciano quasi mez zo secolo di storia. Vi so no riproposte parti importanti della sua storia personale, della storia dell’Umbria, dell’Italia e della sua vita democratica, dell’emancipazione del lavoro. Il volume delinea la storia di un operaio che in fabbrica aderisce alla FIOM-CGIL e successivamente al Partito Comunista Italiano, del suo impegno prima come delegato di reparto e poi come dirigente della FLM e, successivamente, della Camera del lavoro di Terni, per giungere infine alla direzione della CGIL dell’Umbria, incarico che assume in un momento particolarmente delicato e difficile. È la narrazione di una militanza vissuta in modo quasi totalizzante, la cronaca dei passaggi di una vita intensa dedicata interamente a una causa nella quale Mario ripone convinzioni profonde. Quelle per cui tanti uomini e donne del nostro Paese nel corso di interi decenni hanno deciso di dedicare le energie migliori della loro esistenza all’emancipazione del le lavoratrici e dei lavoratori, dei ceti più deboli e indifesi, nel tentativo di promuovere, insieme ai diritti delle persone e alla giustizia sociale, il progresso generale del nostro Paese
  • Questa memoria è la mia storia di militante comunista intrecciata con la storia del PCI, attraverso i leader che ho conosciuto più da vicino e che più mi hanno coinvolto per la loro personalità e originalità. Ho scelto di raccontare il partito attraverso i suoi leader maggiori come li ho visti io, i rapporti, anche critici, che ho avuto con loro, le suggestioni, i pensieri e, perché no, gli insegnamenti che mi hanno dato. Ne ho scelti dodici, quelli che, secondo me, hanno pesato di più nella vita del partito e soprattutto nella mia vita. La loro peculiarità era la serietà e persino la severità verso se stessi, prima che con gli altri e con il partito. Il che comportava una notevole autodisciplina e coerenza nei comportamenti e prima di tutto nel lavoro e nello studio. Non ignoro che vi era anche una punta di compiacenza elitaria... In tutti c’era un tratto comune che, a mio parere, era il collante principale, che, pur nel confronto più acceso, determinava la coesione e l’unità del gruppo dirigente: la ricerca di un comunismo democratico, prefigurazione viva e concreta della società del domani, in cui tutti, anche i più deboli e più umili, si sentissero utili e valorizzati. Inoltre un rapporto di verità con gli strati popolari fondato sulla coerenza tra parole e fatti: cercare di fare esattamente quello che si dice e di dire esattamente quello che si può fare. L’esatto opposto dell’odierno populismo.
  • Perché gli uomini pagano per il sesso? Il mercato del sesso del nuovo millennio rivela l’esistenza di una domanda crescente, formata da numeri impressionanti di uomini in tutti i paesi occidentali. Colpire questa domanda per contrastare la proliferazione dei mercati sessuali è oggi, dopo secoli di silenzio e di rimozione della responsabilità dei clienti, l’idea guida dell’intervento pubblico anti-prostituzione. Ma gli scandali sessuali che travolgono uomini di potere, come Silvio Berlusconi e Dominique Strauss-Kahn, mostrano che le pratiche maschili di scambio sesso-denaro arrivano a insinuarsi anche nelle stanze della politica. Questo libro è un percorso di esplorazione nel territorio pieno di ombre e di silenzi degli uomini che pagano le donne, fino ad oggi in Italia poco studiati e meno ancora compresi. Analizzando e criticando gli approcci che fanno del sesso a pagamento una patologia di pochi, offre invece uno sguardo ampio sulla cultura contemporanea, che dal mondo del lavoro alla pubblicità produce la commercializzazione del la vita intima e della sessualità. E in questa cultura cerca le radici di potere e impotenza maschile, desiderio e repulsione verso la prostituzione, apertura di spazi virtuali e vessazione delle sex worker migranti. Il cliente emerge così come la figura maschile che interpreta nei suoi esiti più radicali e contraddittori l’ingiunzione contemporanea al consumo sessuale. NUOVA INTRODUZIONE E POSTFAZIONE Prefazione di Maria Rosa Cutrufelli Postfazione di Tamar Pitch
  • Questa terza indagine sui lavoratori si è svolta mentre è alle porte la rivoluzione digitale. I lavoratori italiani si mostrano preoccupati per gli effetti dell’introduzione delle nuove tecnologie, ma ancora di più appaiono insicuri e ansiosi per i problemi che stanno affrontando «ora»: in particolare per la tenuta dei loro redditi e per la stabilità dei posti di lavoro. Il ritratto che emerge dai dati dell’indagine costituisce un catalogo molto ampio delle diverse facce dei cambiamenti in atto tra i lavoratori italiani. Esso conferma alcuni aspetti noti ed importanti, come il buon livello di soddisfazione espresso da questi verso il loro lavoro e l’apprezzamento diffuso verso i miglioramenti ergonomici introdotti dentro l’organizzazione produttiva. Nello stesso tempo si manifesta nella percezione dei lavoratori il rafforzamento di alcuni problemi ormai cronici. Primo tra tutti quello dei bassi salari, che sovente diventano bassissimi, e che attecchiscono sempre più anche tra i lavoratori autonomi (ai quali viene per la prima volta dedicato un focus approfondito e di grande interesse). L’indagine ritrae – attraverso dati drammatici – anche un grande cambiamento in atto da tempo, che viene definito come «evaporazione della politica»: l’aumento della distanza tra lavoratori e politica e il loro sentimento crescente di essere trascurati e non rappresentati adeguatamente nel la sfera pubblica. Un mondo del lavoro insicuro e bisognoso di nuove garanzie: che rivela però, insieme alle sue preoccupazioni, anche una inedita e rilevante domanda di nuovi beni pubblici e di riforme di grande spessore.
  • All’inizio della terza edizione di Ci ragiono e canto, registrata nel 1973 dal la Rai, Dario Fo spiega che le canzoni popolari che parlano del lavoro derivano direttamente, in tempi, lunghezze dei versi e delle strofe, dinamiche e ritmi, dalle operazioni del lavoro. Accompagnavano l’attività lavorativa mentre la si svolgeva e su di essa erano misurate. Ma non tutte le canzoni di lavoro sono inquadrabili in questa prima definizione, come ci avverte Roberto Leydi. Il mondo del canto popolare ispirato al lavoro è molto più ampio e variegato. Giulia Giannini ci offre in questo volume, evocativo fin dal titolo, Mi ricordo e canto, un panorama più ricco, sia dal punto di vista storico che da quello tematico, delle canzoni legate al lavoro. Nella sua esposizione si può seguire l’evolversi del tema del lavoro nelle varie condizioni economiche e sociali, influenzate anche dalla nascita di un movimento operaio organizzato. In origine prevale la denuncia delle condizioni di lavoro «nei campi e nelle officine». Dello sfruttamento, in termini di orari e fatica e di rischi per la salute e per la vita. Successivamente le canzoni di lavoro diventano canti di emancipazione e di lotta, in cui alle difficili condizioni individuali si affiancano i richiami alla battaglia dei lavoratori o le proteste per le tragedie collettive.
  • Nel 1895 i fratelli Lumière filmano l’uscita degli operai dalla loro fabbrica a Lione. Il cinema inizia dal lavoro. Negli ultimi anni è tornato a descriverlo: nel Duemila, e in particolare dal 2008 con lo scoppio della crisi economica, i registi italiani, europei e americani ricominciano a riflettere su questo grande tema. I licenziamenti, la disoccupazione, la difficoltà di trovare un nuovo impiego. Le figure deboli come le donne e i precari. Il libro è una mappa del cinema sul lavoro nei nostri anni: da Ken Loach a Laurent Cantet, dai fratelli Dardenne a Lars von Trier, fa il punto su come i registi di oggi trattano il lavoro e il lavoro che non c’è. Da film manifesto come Full Monty alle provocazioni estreme come Il grande capo, passando per la strada italiana di Smetto quando voglio. In sei capitoli divisi per temi La dissolvenza del lavoro analizza oltre cinquanta titoli, decifrando lo stile degli autori: dal realismo sociale di Loach al cinema hollywoodiano de Il diavolo veste Prada. Dalla commedia alla tragedia, dal lieto fine al pugno nello stomaco. Una bussola per orientarsi nel cinema del nostro tempo difficile: colpito dalla di soccupazione, ma illuminato da grandi opere. I capitoli sono seguiti da una scheda tematica a cura di uno studioso dell’argomento.
  • Ingrao mi riceve in un salottino, attorno a un tavolinetto basso. Lui mi sta seduto di fronte, in poltrona. Dialogando con lui sulla sua esperienza di pensare e fare il Comunismo avevo l’impressione che quel che diceva fosse meno di quel che pensava e viveva. Sentivo una passione a monte del suo discorso, che il discorso smorzava e riduceva a semplici parole. Sto dicendo che, in un certo senso, chi ha vissuto tutta una vita per fare il comunismo, contrae un’esperienza che in un tempo non comunista non è dicibile e non è comunicabile. C’è tanto d’incomunicabile, al fondo di Ingrao, e forse per questo lui ha tentato le vie della poesia: la poesia suppliva all’impotenza della politica. Anche lui deve aver sentito la sperequazione fra ciò che voleva e doveva dirmi, e ciò che effettivamente diceva. Non ne era contento. Finiti gl’incontri, questa insoddisfazione lo spinse a chiedermi che non fossero pubblicati. (dalla Premessa di Ferdinando Camon)
  • Il volume analizza i cambiamen ti nei rapporti tra i sindacati e i partiti intervenuti negli ultimi trent’anni nei principali paesi dell’Europa Occidentale. Ven go no individuate tendenze e processi che si sono verificati in Francia, Germania e Gran Bretagna, ma nel lo stesso tempo il focus si concentra intorno alle più importanti vicende italiane: le quali attraversano la fuoriuscita dai vecchi partiti di massa (e in particolar modo dal Pci), lo scontro D’Alema-Cofferati, e arrivano al tentativo di disintermediazione operato da Renzi. Per quanto lo sguardo sia generale l’attenzione prevalente è dedicata al principale partito della sinistra (nelle sue diverse configurazioni storiche post-Pci), e al principale sindacato (la Cgil). Il legame tra questi attori, che è stato molto stretto nella tra dizione del movimen to operaio, è diventato nel corso degli ultimi decenni progressivamente più esile e incerto. Il punto di arrivo attuale consiste nel forte ridimensionamen to di una comune base di identi fi ca zione, dovuto alla crescen te collocazione del partito al di fuori dell’orbita laburista, cosa che ha coinciso con lo smarrimento del suo ruolo centrale nella elaborazione della cultura politica di riferimento comune. A questa caduta identitaria si è accompagnato anche il venir meno delle relazioni organizzative formali, specie in ambito nazionale e centrale. Il volume intende esplorare le cause di questo fenomeno, si interroga intorno alla sua reversibilità, e indaga inoltre sulle piste intorno a cui possono prendere forma gli scenari e le strategie del futuro.
  • Sulla questione generazionale si scontrano da sempre letture diverse; e ciò non sorprende in un tema che rimanda a quasi tutto: la rivoluzione demografica, l’indebolimento dei sistemi di welfare del secondo dopoguerra, il declassamento dei titoli di studio, la scolarizzazione e l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, e quanto si lega ad uno o all’altro di questi processi. Ovvio perciò che le spiegazioni differiscano, approdando a volte a conclusioni fra loro opposte. Molte, troppe, le variabili in campo. Né aiuta annaspare in cerca di appigli nel campionario della storia del pensiero e della manualistica sociologica ed economica corrente. Perché la prima cosa che s’impone a un’analisi non pregiudiziale del problema dei rapporti tra le generazioni è che si abbia a che fare con una materia completamente inedita: qualcosa che richiede e impone categorie concettuali, dati e informazioni nuovi, una conversione dello sguardo dal presente e dal passato verso il futuro, per il quale le scienze sociali non sono particolarmente attrezzate.
  • Nei paesi del Sud Europa, tradizionalmente, la distribuzione della spesa sociale tendeva a essere significativamente sbilanciata a favore degli anziani. L’articolo introduce la nozione di ricalibratura intergenerazionale allo scopo di individuare, e di analizzare, le riforme volte a ri-bilanciare il profilo generazionale del welfare state italiano attraverso l’espansione degli schemi di assistenza sociale – sia in termini di servizi che di trasferimenti monetari – e di riforme sottrattive nel settore pensionistico. In seguito, compara le traiettorie di policy in questi due settori-chiave rispettivamente per i «genitori» e per i «figli» nel periodo che va dalla metà degli anni novanta al 2016. L’analisi porta in primo luogo a sottolineare come l’investimento a favore dei «figli» non abbia sufficientemente bilanciato i tagli e le sottrazioni nel settore pensionistico e, in secondo, a mettere in discussione sia l’idea che gli incentivi di politica interna volti a espandere le misure a favore dei figli siano necessariamente deboli sia il ruolo «facilitante» delle pressioni esterne rispetto alla ricalibratura intergenerazionale.
  • L’articolo considera i cambiamenti tra coorti nelle traiettorie d’ingresso nel mercato del lavoro in Italia, considerando complessità vs linearità e standardizzazione vs destandardizzazione. L’evoluzione di questi due indicatori è connessa alle opportunità di stabilizzazione per le generazioni di lavoratori entrate in attività prima, durante e dopo le riforme volte ad aumentare la flessibilizzazione. Utilizzando dati longitudinali Inps sugli episodi lavorativi per il campione italiano Eu-Silc 2005, l’analisi delle sequenze sui primi sette anni di partecipazione mostra che la complessità aumenta maggiormente per i lavoratori meno istruiti e in particolare per le donne. La crescente destandardizzazione interessa specialmente le donne, soprattutto se laureate.
  • Estratto articolo 1
  • Estratto articolo2
  • Sulla questione generazionale si scontrano da sempre letture diverse; e ciò non sorprende in un tema che rimanda a quasi tutto: la rivoluzione demografica, l’indebolimento dei sistemi di welfare del secondo dopoguerra, il declassamento dei titoli di studio, la scolarizzazione e l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, e quanto si lega ad uno o all’altro di questi processi. Ovvio perciò che le spiegazioni differiscano, approdando a volte a conclusioni fra loro opposte. Molte, troppe, le variabili in campo. Né aiuta annaspare in cerca di appigli nel campionario della storia del pensiero e della manualistica sociologica ed economica corrente. Perché la prima cosa che s’impone a un’analisi non pregiudiziale del problema dei rapporti tra le generazioni è che si abbia a che fare con una materia completamente inedita: qualcosa che richiede e impone categorie concettuali, dati e informazioni nuovi, una conversione dello sguardo dal presente e dal passato verso il futuro, per il quale le scienze sociali non sono particolarmente attrezzate
  • Nei paesi del Sud Europa, tradizionalmente, la distribuzione della spesa sociale tendeva a essere significativamente sbilanciata a favore degli anziani. L’articolo introduce la nozione di ricalibratura intergenerazionale allo scopo di individuare, e di analizzare, le riforme volte a ri-bilanciare il profilo generazionale del welfare state italiano attraverso l’espansione degli schemi di assistenza sociale – sia in termini di servizi che di trasferimenti monetari – e di riforme sottrattive nel settore pensionistico. In seguito, compara le traiettorie di policy in questi due settori-chiave rispettivamente per i «genitori» e per i «figli» nel periodo che va dalla metà degli anni novanta al 2016. L’analisi porta in primo luogo a sottolineare come l’investimento a favore dei «figli» non abbia sufficientemente bilanciato i tagli e le sottrazioni nel settore pensionistico e, in secondo, a mettere in discussione sia l’idea che gli incentivi di politica interna volti a espandere le misure a favore dei figli siano necessariamente deboli sia il ruolo «facilitante» delle pressioni esterne rispetto alla ricalibratura intergenerazionale.
  • L’articolo considera i cambiamenti tra coorti nelle traiettorie d’ingresso nel mercato del lavoro in Italia, considerando complessità vs linearità e standardizzazione vs destandardizzazione. L’evoluzione di questi due indicatori è connessa alle opportunità di stabilizzazione per le generazioni di lavoratori entrate in attività prima, durante e dopo le riforme volte ad aumentare la flessibilizzazione. Utilizzando dati longitudinali Inps sugli episodi lavorativi per il campione italiano Eu-Silc 2005, l’analisi delle sequenze sui primi sette anni di partecipazione mostra che la complessità aumenta maggiormente per i lavoratori meno istruiti e in particolare per le donne. La crescente destandardizzazione interessa specialmente le donne, soprattutto se laureate.
  • L’articolo affronta la tematica degli effetti del sistema pensionistico in un’ottica generazionale e si concentra sull’analisi delle condizioni istituzionali, demografiche ed economiche nelle quali quattro generazioni rappresentative hanno accumulato i diritti per la loro pensione. Le generazioni esaminate, nate rispettivamente nel 1945, nel 1955, nel 1965 e nel 1975, fronteggiano al tempo stesso un assetto istituzionale in radicale cambiamento e condizioni sul mercato del lavoro molto differenti. Dal punto di vista istituzionale il passaggio dal sistema retributivo (che riguarda le pensioni delle due generazioni più anziane e in parte della terza) a quello contributivo (che riguarda soprattutto la generazione più giovane) prefigura una differente distribuzione dei rischi demografici, economici e politici. La proiezione futura delle sorti pensionistiche delle quattro generazioni mostra che solo in presenza di un significativo aumento dell’età effettiva di pensionamento l’adeguatezza del sistema pensionistico pubblico per le generazioni più giovani potrà aspirare al mantenimento dei livelli raggiunti da coloro che sono andati in pensione negli anni più recenti. Due temi risultano cruciali in termini di politica economica e di disegno del sistema pensionistico futuro: la capacità del sistema pensionistico di contribuire al contrasto alla povertà tra gli anziani e la tematica della produttività dei lavoratori in età avanzata. Il successo della riforma contributiva nel lungo periodo dipenderà in maniera cruciale da questi due aspetti.
  • L’articolo esamina la persistenza intergenerazionale delle condizioni economiche in termini di reddito e ricchezza in Italia, l’importanza delle condizioni di partenza e il ruolo delle eredità. I risultati collocano il nostro paese tra quelli con una persistenza intergenerazionale delle condizioni economiche relativamente alta; in anni recenti questo fenomeno mostra una tendenza all’aumento. Variabili che non sono oggetto di scelta da parte degli individui spiegano il loro successo economico in una misura più ampia che in passato. Eredità e donazioni rappresentano una componente significativa della ricchezza delle famiglie, in crescita nel corso del tempo.