• Un borghese che si definisce progressista assiste casualmente allo sbarco di una delle tante carrette del mare cariche di disperati che approdano sulle coste del nostro Sud. Un anno dopo lo ritroviamo in volo per Nuevo Laredo, Messico. Lavorerà in una missione di religiosi scalabriniani nel deserto al confine con gli Usa, la «Casa del migrante», che assiste uomini, donne, bambini che ogni giorno tentano di scavalcare il muro della morte o di guadare il Rio Bravo per entrare in Texas. Sarà un lungo, intenso ed emozionante periodo, in cui proverà a comprendere il problema dell’emigrazione, le sue cause e origini, andando a vivere dall’altra parte della barricata. Compagni di quei giorni saranno loro, i migranti. Emergono, attraverso alcuni ritratti, le loro piccole storie ricavate dalle interviste raccolte sul posto, vite esemplari che danno voce alle migliaia che voce non hanno. Un ventaglio di riflessioni etiche, politiche e religiose nate dall’osservazione dei tanti modi diversi in cui può diffondersi lo stesso messaggio evangelico, unite da un filo di indignazione e di speranza.
  • La valutazione dell’azione pubblica, oggi al centro di un intenso dibattito e di iniziative legislative in parte convergenti, da destra e da sinistra, acquista rilievo particolare nell’ambito delle politiche per l’impiego e dei servizi destinati al mercato del lavoro. Su questo terreno nel nostro Paese si sono registrati, negli ultimi tre decenni, i tassi più alti di «ineffettività» dell’azione pubblica. Questa situazione fallimentare ha potuto protrarsi così a lungo perché sono mancate quasi del tutto – in questo come in altri settori – la cultura e la capacità tecnica della valutazione e della misurazione. La valutazione si è appuntata assai di rado sui soggetti erogatori dei servizi al mercato del lavoro (i Centri per l’impiego), che dovrebbero costituire l’architrave delle politiche pubbliche in questo campo. Questo libro vuole contribuire a radicare la cultura della valutazione in Italia, e in particolare nel campo delle politiche del lavoro, attraverso lo studio delle esperienze straniere più significative svoltesi negli Stati Uniti, in Australia, in Gran Bretagna, in Svezia. Per mostrare che, sebbene tecnicamente complessa, la via della valutazione è percorribile e può realmente contribuire al miglioramento dell’azione pubblica sul mercato del lavoro.
  • Guido Rossa

    20.00 
    IL LIBRO A trent’anni dall’uccisione di Guido Rossa per mano delle BR a Genova, torniamo a raccontare quei fatti per la loro importanza storica e per il messaggio politico e morale che contengono. La morte di Guido Rossa è stata uno spartiacque nel percorso di sangue del terrorismo «rosso»: per la prima volta le pallottole brigatiste uccidevano un operaio, delegato del Consiglio di fabbrica, iscritto al PCI, accusato di essere una «spia berlingueriana». Ma la decisione di Guido Rossa di denunciare Berardi (Cesare), il «postino» delle BR all’Italsider, ha rappresentato anche uno spartiacque nella storia della militanza politica. Dal quel 24 gennaio 1979, a un anno dall’assassinio di Aldo Moro, lo slogan «Né con lo Stato, né con le BR» che aveva avuto per alcuni anni una certa fortuna, venne cancellato per sempre. IL FILM È il ritratto di un italiano fuori del comune e non solo per la morte cui andò incontro. Guido Rossa era un operaio con un talento meccanico spiccatissimo e un impegno politico e sindacale altrettanto forte. In fabbrica, scrive Morando Morandini nel commento al film, «praticò la sua vocazione di consigliere e amico degli uomini. Basta vedere nel film come reagisce Massimo Ghini, nei suoi panni, all’insulto di spia, per aver denunciato un altro operaio che distribuiva i volantini delle BR in fabbrica. Bel modo di ragionare, dice Massimo Mila nella commemorazione tenuta a Torino nel 1982: un operaio non deve denunciare un altro operaio, un banchiere un altro banchiere, cane non mangia cane, lupo non morde lupo. Questa teoria ha in Italia una lunga storia e un nome preciso: camorra, mafia, spirito di corpo, e nega i valori della verità e della giustizia». Diretto da Giuseppe Ferrara nel 2007, il film si avvale della partecipazione di Masimo Ghini, Anna Galiena, Gianmarco Tognazzi, Elvira Giannini, Mattia Sbragia.
  • Nell’ultimo anno è esplosa, in Italia, una vera e propria «questione Rom». Nel passato ha riguardato prevalentemente aspetti socio-culturali, a volte causa di conflitto con le popolazioni indigene che non gradiscono la vicinanza degli insediamenti di Rom e Sinti. A partire dal 2008, il fenomeno ha assunto particolari caratteri, per l’approvazione di una vera e propria legislazione speciale per questa categoria di persone, spesso cittadini italiani, ai quali, in luogo del diritto comune, si applicano norme del tutto peculiari in materia di residenza e di controlli, con la possibilità di sottoporre anche i minori a forme di identificazione mediante il rilascio delle impronte digitali. Diverse amministrazioni, infine, negano ai Rom l’accesso ai servizi e ai benefici previsti per tutti i cittadini. Il volume traccia un quadro d’insieme del fenomeno, a partire dai presupposti culturali, e approfondisce, sul piano dei diritti, la posizione di Rom e Sinti in riferimento alla Costituzione italiana e alla copiosa normativa comunitaria volta a proteggere questa etnia. Gli autori sono in prevalenza ricercatori che collaborano con università italiane, alcuni di etnia rom, a dimostrazione che anche in Italia questo popolo incomincia a riflettere sulla propria storia e sulle proprie condizioni di vita. Il volume è curato da Gianni Loy, ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Cagliari e autore di saggi in materia di diritto antidiscriminatorio, e Roberto Cherchi, ricercatore di Diritto costituzionale nella stessa università. Contributi di: Massimo Aresu, Luca Bravi, Roberto Cherchi, Paolo Finzi, Gianni Loy, Ester Mura, Djana Pavlovic, Eva Rizzin, Ilenia Ruggiu, Tommaso Vitale.
  • Scrivere una storia del Primo Maggio non significa limitarsi a ripercorrere le tappe di una manifestazione che si ripete di anno in anno da più di un secolo. Significa anche raccontare la storia di una speranza di riscatto, di una utopia, quella socialista di una società di eguali e senza sfruttamento, che per un giorno sembra farsi reale nelle speranze e nei comportamenti dei lavoratori in festa. Tradotto sul piano locale, il Primo Maggio, dalle origini alla prima guerra mondiale, è la cartina di tornasole degli sviluppi del giovane socialismo bresciano: i difficili inizi, la repressione, la prime libertà, la conquista della città in alleanza con i liberali, le divisioni interne tra riformisti e rivoluzionari, lo scontro con il forte movimento cattolico e l’addensarsi delle prime nuvole belliche. Il Primo Maggio è tutto questo: speranza, riflessione e accesa lotta politica.
  • Minori erranti

    13.00 
    I minori che giungono da soli nel nostro paese rappresentano una realtà in costante aumento negli ultimi anni. Parliamo di soggetti fortemente a rischio, identificati dalla legislazione come «minori stranieri non accompagnati», vulnerabili e possibili prede della criminalità proprio per l’assenza di figure adulte di riferimento. Garantire la protezione e la tutela effettiva dei diritti di queste persone costituisce una priorità assoluta. La ricerca presentata nel volume ha approfondito il modo in cui il «sistema Italia» di accoglienza risponde a tali esigenze di tutela, attraverso un’analisi che a livello nazionale riflette le molte voci di chi si occupa di rendere effettiva la protezione sociale di questi ragazzi. Il testo approfondisce la rilevanza quantitativa del fenomeno, gli aspetti legislativi e il profilo dei minori con cui i servizi territoriali entrano in contatto, e propone un focus sui sistemi di risposta di cinque tra le principali città meta di questi flussi. Conclude la ricerca una serie di raccomandazioni rivolte alle istituzioni competenti, affinché si dia attuazione in modo omogeneo a una legislazione che garantisce i diritti fondamentali di questi minori.
  • Il tema del bilanciamento tra diritto di stabilimento o di libera prestazione dei servizi, da un lato, e diritti di azione collettiva, dall’altro, è stato affrontato dalla Corte di giustizia Ce con un approccio molto criticato. Lo stesso è accaduto per altre sentenze della Corte riguardanti clausole sociali contenute nei capitolati di appalti pubblici e in leggi nazionali. Il tema resta di bruciante attualità e di difficile soluzione, come testimoniato dal recente caso inglese Total e dalla spinta al protezionismo nazionale derivante dall’attuale grave crisi europea. I nodi irrisolti vengono dunque tutti al pettine. Il volume si sforza di dare una risposta a queste problematiche, sollecitando innanzitutto i sindacati europei e gli organismi comunitari ad un maggiore equilibrio effettivo tra diritti sociali e diritti economici. Saggi e contributi di: Amos Andreoni, Vittorio Angiolini, Bruno Amoroso, Bruno Caruso, Stefano Giubboni, Donata Gottardi, Enrico Gragnoli, Gualtiero Nichelini, Giovanni Orlandini, Massimo Pallini, Valeria Picone, Silvana Sciarra, Bruno Veneziani, Lorenzo Zoppoli. Il volume è completato dalla pubblicazione dei testi delle quattro sentenze.
  • Con la crisi finanziaria in atto, in Europa il tema delle risorse è sempre più al centro del dibattito pubblico: la percezione diffusa è che, da sola, la democrazia rappresentativa non sia capace di far fronte alle nuove sfide. In questo panorama, l’espressione «bilancio partecipativo» offre un ancoraggio alla speranza. Che cambiamenti promette questa utopia concreta? Quali metodi suggerisce per affrontare collettivamente alcuni mali del nostro tempo? Per rispondere, il libro presenta una sintesi della prima ricerca comparativa condotta nel vecchio continente sui bilanci partecipativi. Approfondisce una cinquantina di esperienze e amplia l’orizzonte ad oltre 150 pratiche sviluppatesi dall’inizio del millennio. Alla base della ricerca c’è un’ipotesi forte: le esperienze analizzate dimostrano che, affinché i servizi pubblici possano superare la ristrettezza delle logiche di mercato, essi devono mettersi davvero al servizio del pubblico. La sfida cruciale sta dunque nel capire come la modernizzazione amministrativa e la partecipazione possano procedere insieme. Con la collaborazione di Carsten Herzberg e Anja Röcke.
  • Sulla base di una ricca documentazione – articoli di quotidiani e riviste, questionari, inchieste, atti ufficiali di organizzazioni politiche e sindacali, dispense formative, volantini, carte d’archivio di strutture sindacali, relazioni e note informative di prefetti e questori – il volume ricostruisce le vicende storiche dell’unità sindacale nella stagione in cui, sull’onda del più lungo e intenso ciclo di conflittualità sociale della storia italiana (1968-1973), il disegno politico di dare vita all’organizzazione unitaria dei lavoratori appare ad un passo dal realizzarsi. Nel biennio 1968-69, di vigorosa mobilitazione studentesca e operaia, la «sinistra sindacale» introduce nel mondo del lavoro la democrazia partecipativa, dando vita all’inedita ed esplosiva esperienza del «sindacatoì dei Consigli». Ma nei primi anni Settanta le divisioni all’interno delle Confederazioni, aggravate dai primi segnali di crisi e trasformazione dell’economia capitalistica e dal fallimento del centrosinistra, fanno tramontare definitivamente la speranza dell’unità organica. La ricerca esamina la presenza nel sindacato italiano di differenti culture organizzative e rivendicative, che oscillano tra i due poli estremi della collaborazione subordinata e della conflittualità radicale rispetto al potere politico ed economico, evidenziando la complessità degli equilibri in campo e la difficoltà di costruire, anche nel prossimo futuro, una Confederazione unitaria del lavoro.
  • Il libro, sulla base delle testimonianze di coloro che hanno lavorato a fianco di Berlinguer, nonché della documentazione venuta alla luce negli archivi di Roma, Mosca, Londra e Washington, propone un’interpretazione sostanzialmente nuova della politica italiana degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso e del ruolo che in essa va attribuito a Berlinguer. L’autore individua i tempi e i contenuti della battaglia da lui condotta, spesso nelle condizioni della più assoluta solitudine, per portare il PCI, lungo la via della separazione da Mosca e della sua «europeizzazione», dall’area di opposizione a quella di governo, facendone un partito autonomo e indipendente. In questo quadro i temi del rinnovamento della politica e della «questione morale», del recupero del ruolo del lavoro e dei produttori, così come la necessità, di fronte ai pericoli che minacciano l’umanità, di progettare nuove politiche globali, vengono ad assumere una collocazione centrale attraverso la ricostruzione dei dibattiti e degli eventi che li hanno visti nascere e poi svanire col trionfo di un «fare politica» sempre più distaccato dall’etica e dal paese reale.
  • Testi di: Eraldo Affinati, Edoardo Albinati, Cosimo Argentina, Franco Arminio, Andrea Bajani, Paolo Capodacqua, Enrico Capodaglio, Angela Flori, Mauro Francesco Minervino, Marco Moschini, Massimo Raffaeli, Marco Rossi-Doria, Emiliano Sbaraglia, Chiara Valerio. Foto di Ennio Brilli. Già nei primi anni sessanta un romanzo, Il maestro di Vigevano di Lucio Mastronardi, una delle opere più importanti della letteratura italiana del secondo Novecento, annunciava la fine di un’epoca e il prevalere prepotente dell’economia sulla cultura nell’Italia del boom. A quasi mezzo secolo dalla scuola raccontata in prima persona dal maestro Mombelli, e dalla sua figura cinematografica interpretata da Alberto Sordi, che ne tradusse la struggente melodrammaticità nell’omonimo film di Elio Petri, la percezione dell’istruzione nel nostro Paese è gradualmente andata sempre peggiorando. Tanto che il ridotto ruolo sociale dell’insegnante, e di conseguenza la sua frustrazione intellettuale in un mondo pieno di merci ma povero di senso, è inconfessabile dato di fatto nella scuola di adesso. Altri autori negli ultimi anni hanno ripreso il lascito del maestro lombardo raccontando con diversi generi narrativi un mondo da sempre complesso, difficile da decifrare, da Marco Lodoli a Domenico Starnone, da Sandro Onofri a molti altri narratori che compaiono anche in questo libro collettivo, come per esempio Edoardo Albinati ed Eraldo Affinati. Ma com’è la nostra scuola, oggi? Quali sentimenti, quali nuovi rapporti, quali esseri umani la abitano? In questo libro alcuni scrittori italiani, molti dei quali insegnanti nella vita, provano ad affrontare l’argomento in modo non ovvio. Ne esce fuori un ritratto a più voci inclemente e al contempo pieno di passione delle tante scuole che stanno nelle tante Italie: quelle dei maestri, dei professori, degli insegnanti che resistono al peggio. È anche un libro di luoghi, questo: il carcere, la scuola terremotata di L’Aquila, le città lontane delle gite scolastiche, i percorsi degli spostamenti quotidiani in automobile, o addirittura la strada, luogo della scuola nuova, quella che esce dall’aula e incontra il disagio dei ragazzi delle periferie. Nuova come quella raccontata con grande raffinatezza e forza nel reportage fotografico di Ennio Brilli, dove tra i banchi bambini di più continenti convivono sfidando l’Epoca.
  • Riccardo Lombardi, nel 1976, proponeva un’altra via per la sinistra italiana, diversa dal centrosinistra e dal compromesso storico, quella dell’alternativa socialista. Ne aveva parlato, con la suggestiva oratoria che gli era propria, nel congresso del PSI della primavera di quell’anno; tornava a rifletterci sopra, qualche settimana dopo, in un libro-intervista affidato all’attenta e partecipe cura dello storico Carlo Vallauri. Dopo più di un trentennio, quelle pagine – che proponiamo qui in una nuova edizione – sono il punto di partenza delle riflessioni di Fausto Bertinotti che, sottolineandone l’attualità, le rilegge con il dichiarato intento di coglierne spunti nuovi per la ricerca, sempre urgente, di un rinnovamento della sinistra, che non la allontani, grazie all’intelligente memoria dei Maestri, dalla sua aspirazione a costruire una società più giusta per tutti.
  • Lombardi

    10.00 
    Riccardo Lombardi è stato per generazioni di militanti della sinistra italiana un leader capace di coniugare rigore intellettuale, severità morale e fantasia politica. La biografia pubblicata da Miriam Mafai nel 1976 – che riproponiamo in questa nuova edizione, perché nel venticinquesimo della morte si rinnovi il ricordo di una delle grandi figure del socialismo italiano – ne ricostruisce la straordinaria avventura umana e politica, dall’antifascismo degli anni Trenta fino all’impegno riformatore nel periodo del primo centrosinistra, all’inizio del decennio Sessanta, passando per la Resistenza nelle file del Partito d’Azione, l’attività di dirigente politico e parlamentare della Repubblica, le brillanti esperienze giornalistiche come direttore dell’Avanti!. Una storia solo apparentemente di ieri, che le pagine di Miriam Mafai presentano nella sua sorprendente attualità.
  • Il volume raccoglie alcuni scritti di Vittorio Foa significativi per la comprensione del percorso intellettuale e politico di uno dei maggiori protagonisti della storia del nostro paese e della sinistra italiana del Novecento. In particolare sono riprodotte, con la relativa discussione, tre lezioni tenute da Foa nel 1988 ad altrettanti seminari organizzati dall’Università di Camerino su tre temi ricavati utilizzando alcune delle grandi codificazioni binarie che segnano l’universo della politica: fascismo/antifascismo, destra/sinistra, con- servazione/progresso. Nelle lezioni e nelle risposte di Foa al dibattito si di spiega una riflessione che investe le questioni del bene e del male, dei valori e dei disvalori, della tolleranza e dell’intolleranza nei progetti di trasformazione, fino all’analisi della collocazione del sindacato nella Costituzione della Repubblica. La seconda parte del volume è dedicata ad un ampio saggio in cui, con il titolo Il paradosso del lavoro, Foa ripercorre la sua esperienza di sindacalista della CGIL che, durata per 35 anni, ha occupato un posto centrale nella sua vita. Accompagnano questo saggio il commiato di Foa dalla CGIL, avvenuto al compimento del sessantesimo anno d’età, e un suo intenso e affettuoso ricordo di Giuseppe Di Vittorio.
  • La maggior parte delle violenze sulle donne avviene nell’ambito della famiglia. E le leggi dello Stato italiano proteggono le donne dai maltrattamenti, dagli stupri, dalla violenza psicologica ed economica. Ma come agisce chi le deve concretamente applicare? Attraverso le testimonianze delle operatrici di case per le donne maltrattate di tutta Italia e delle stesse donne che vi fanno ricorso, questo libro racconta che cosa succede quando una donna decide di tirarsi fuori da una situazione di maltrattamenti da parte del partner. I poliziotti e i carabinieri, i giudici dei vari tribunali, gli assistenti sociali sono le figure chiave che possono – e per mandato istituzionale devono – aiutare le donne maltrattate in questo difficile passaggio. Ma le voci delle intervistate tracciano un quadro preoccupante di carenze degli interventi istituzionali. Per mezzo dei vivaci racconti di chi vive o ha vissuto la violenza nella sua vita quotidiana, tutti i problemi sono messi in luce, accanto a molti esempi di interventi positivi: se ne traggono suggerimenti pratici per tutti coloro che se ne devono e vogliono occupare. Le intervistate compongono un cahier des dolehances che chiede ascolto presso l’opinione pubblica e presso i politici, perché controllino che le leggi vengano effettivamente applicate, modificando la cultura che giustifica le violenze contro le donne perpetuando il diritto assoluto del pater familias tra le mura domestiche.
  • Buen vivir

    3.99 10.00 
    La crisi attuale mette in luce l’insostenibilità politica e sociale di un modello di sviluppo che ha dimostrato la sua inadeguatezza e che pone domande forti, legate alla sopravvivenza stessa dell’uomo sul pianeta. Domande come: esiste un’alternativa al modello capitalista? è realizzabile migliorare la vita di miliardi di persone tenute ai margini? si può coniugare l’economia con la difesa dell’ambiente? è possibile sperimentare un nuovo patto sociale e ripensare le forme della rappresentanza? Dall’America latina all’Asia, all’Africa, a molte comunità e territori del Nord del mondo i conflitti ambientali e sociali hanno creato le condizioni per la formazione di una risposta nuova che, a partire dalla democrazia deliberativa e dalla responsabilizzazione collettiva, lavora alla costruzione di un nuovo paradigma di civiltà, fondato sul buen vivir – cioè su una vita in armonia con la natura, della quale tutta la comunità è parte – che è oggi tra i principi fondanti delle Costituzioni della Bolivia e dell’Ecuador. Educazione popolare, autogoverno, orizzontalità, giustizia sociale, mutualismo, creatività e decolonizzazione del potere sono gli strumenti e le pratiche che l’ecologismo dei poveri utilizza per costruire una democrazia della Terra. Oltre alla postfazione di Gianni Minà, giornalista, direttore della rivista Latinoamerica e tutti i sud del mondo, il libro si fregia della prefazione di Adolfo Pérez Esquivel, intellettuale argentino, Premio Nobel per la Pace nel 1980 per l’attività di denuncia contro la dittatura militare svolta negli anni Settanta.
  • La scrittura nasce dal dolore, l’esperienza di anni difficili, la perdita di Franca, la sposa, il vivere. Dalle zolle rimosse spuntano resti di memoria: l’emigrazione dei nonni dal nord Italia alle porte di Roma, Maccarese, la campagna e l’infanzia, l’albero degli zoccoli e una dignitosa povertà, le lotte dei braccianti, il comunismo e le rane, l’incontro con l’amore. La compresenza delle stagioni del tempo, l’inesorabilità della natura, il faccia a faccia con quello che più ci riguarda, la domanda essenziale: abbiamo vissuto? Journal intime, diario laico, confidenze, si parla a se stessi per cercare un dialogo con l’inestricabile vicenda umana. Una lirica in prosa dove la musicalità delle parole, meglio delle parole stesse, è il luogo più vicino allo sguardo di un uomo, qualcosa di mai finito, qualcosa di solo suo, qualcosa di uguale a tutti. Attraverso il silenzio e la solitudine l’io giunge in un luogo denso, fitto di umanità, lì si scorgono i cieli che valgono una vita: nascita, amore, felicità, dolore, perdita.
  • «Sarebbe venuto giù il diluvio, se parole come queste le avesse scritte “uno del nord”: il diluvio. Ma proprio perché è calabrese, Minervino può permettersi di dire cose scomodissime. Sulle quali farebbero bene a riflettere tutti». Gian Antonio Stella, «Corriere della Sera» 21 gennaio 2009. Antropologo prestato alla letteratura, nato nell’officina di «Nuovi Argomenti», Minervino racconta, con impegno civile e fuori dalle approssimazioni mediatiche, una regione dell’Italia di oggi. Immagini di una Calabria che si situa tra passato e presente, notazioni storiche e filosofiche, echi letterari, diari di viaggio e fatti di attualità commentati in presa diretta, in un flusso lavico che ricompone lo spirito di un luogo, la sua presunta e perduta identità. Con una lingua tesa, affilata, e un tono sempre caldo e partecipato, l’autore racconta i ragazzi di Paola, la fe rocia di Duisburg, il mare amato da Enzo Siciliano, la Calabria di Mario Soldati e i suoi vini, le operazioni mediatiche di Oliviero Toscani, e naturalmente i fuochi, gli incendi e i roghi che ogni anno con sinistra cadenza divampano in un paesaggio arcaico e insieme «modernissimo». Come ha scritto Franco Arminio nella prefazione al testo: «La Calabria di Minervino è una regione potente, un luogo in cui la bellezza e la devastazione della bellezza sembrano sfuggire a ogni tentativo di cercarne rimedi e ragioni». «La Calabria brucia, la Calabria va a fuoco, in tutti i sensi. Ci sono immagini, archetipi, che in questi giorni di roghi divampanti riemergono con inquietudine dall’inconscio collettivo. Sembra una prova generale dell’Apocalisse di Giovanni, in cui l’elemento dominante, come ricorda spesso James Hillman, è proprio quello del fuoco che viene dal cielo e del fumo nero che sale dalla terra e brucia ogni cosa.» Nota alla seconda edizione di Gian Antonio Stella. Poscritto dell’autore alla seconda edizione.
  • L’effettività di quell’insieme di regole conosciute come diritto antidiscriminatorio rappresenta l’oggetto del volume, alla cui redazione hanno concorso studiosi di diverse discipline. La complessiva prospettiva d’indagine – che concerne tutti i fattori di rischio regolati dalle direttive comunitarie 2000/43, 2000/78, 2002/73 e 2006/54 – è stata approfondita con gli strumenti del diritto civile, penale, processuale civile e amministrativo, oltre a quelli del diritto del lavoro e del diritto dell’Unione Europea. Rispetto alle continue sollecitazioni sul tema provenienti dalle istituzioni comunitarie e a un uso rilevante e perfezionato del diritto antidiscriminatorio da parte della Corte di giustizia, in Italia si è costretti a registrare una moltiplicazione delle procedure di infrazione connesse alla trasposizione delle direttive antidiscriminatorie, una scarsa applicazione dei divieti di discriminazione e del relativo bagaglio procedurale, un’attività di controllo quasi nulla da parte degli ispettori del lavoro. Il volume si propone di offrire un approfondimento specialistico, per gli operatori del diritto, di tali tematiche mettendo in relazione la teoria e la pratica del diritto antidiscriminatorio, soffermandosi non solo sugli ostacoli applicativi di una disciplina frammentata e stratificata, ma anche sulle sue possibili interpretazioni evolutive.
  • Per il sindacato, discutere di crisi economica e di prospettive di ripresa, come si può cogliere dalle importanti relazioni pubblicate nel libro, significa delineare una risposta all’altezza della nuova situazione. Il crollo disastroso del modello neoliberista può riaprire, anche se in modo non automatico, nuove e importanti prospettive per il movimento dei lavoratori. La svolta liberista che a partire dagli anni ’80 del secolo scorso si è realizzata, seppur con modalità e con forza diverse, in tutti i paesi avanzati, infatti, ha puntato ad un ritorno ai vecchi assetti della stagione dell’individualismo liberale, messi, a suo tempo, in discussione proprio dalla crescita del movimento operaio, dallo sviluppo delle organizzazioni sindacali. La crisi che oggi ha sconvolto l’economia mondiale chiude questo ciclo. La surroga esercitata dalla finanza rispetto ad un insufficiente reddito dei lavoratori non è più riproponibile e si riafferma, quindi, l’esigenza di organizzazioni sindacali forti come agenti di un’efficiente distribuzione della ricchezza. L’economia si è sradicata dalla società. Per uscire dalla crisi c’è bisogno di una ricostruzione sociale, non solo economica. Anche per questo serve un sindacato forte e autorevole, con un pensiero all’altezza delle sfide che ha di fronte.
  • Sono ormai vent’anni che il fenomeno della governance attrae l’attenzione di politici, imprenditori e sindacalisti, di sociologi e scienziati, giuristi ed economisti. Emerge nei dibattiti sui movimenti sociali, sulla cooperazione internazionale, sull’Unione Europea, sulla protesta e sull’esodo. Questa onnipresenza indica un cambiamento del nostro modo di vedere la società, il diritto, l’economia e la politica. La crisi dell’economia globale del 2008 ha dimostrato che una fase di questa organizzazione si è chiusa. Oggi siamo nel cuore di una transizione che non può essere più compresa con le categorie del vecchio mondo. Gli autorevoli contributi raccolti in questo volume indagano i limiti e le prospettive di questa condizione. Quella proposta è un’analisi particolarmente innovativa del ruolo che i movimenti sociali ricoprono, a livello nazionale, europeo e globale nella trasformazione di un sistema interdipendente e nella rivendicazione del comune inteso come ricchezza, giustizia e diritto ad una vita diversa. Contributi di: Giuseppe Allegri, Michael Blecher, Giuseppe Bronzini, Roberto Ciccarelli, Donatella Della Porta, Janet M. Dine, Günther Frankenberg, Jennifer Hendry, Christian Joerges, Antonio Negri, Domenico Siciliano, Michele Surdi, Günther Teubner, Benedetto Vecchi, Lauso Zagato.
  • Bruno Trentin aveva una concezione molto innovativa, quasi eretica, della democrazia e dei diritti. Il sindacato dei diritti e del programma sorge da qui. Egli ne fa il centro della sua politica, quando, il 29 novembre 1988, viene eletto segretario generale della CGIL. Negli ultimi anni i diritti culturali e in particolare la formazione permanente in tutto l’arco della vita diverranno l’asse principale della sua ricerca. L’importanza del sapere come strumento di liberazione della persona umana è appunto il tema della lectio doctoralis tenuta nel 2002 in occasione della laurea honoriscausa conferitagli dall’Università di Venezia. Nel volume sono ospitati gli scritti e le testimonianze presentati nei convegni dedicati a Bruno Trentin, tenutisi, nell’autunno 2008 e nella primavera 2009, a Roma, Genova, Milano. Gli scritti e le testimonianze sono di: Silvano Andriani, Vittorio Angiolini, Giorgio Benvenuto, Giuseppe Berta, Salvatore Bragantini, Carlo Callieri, Pierre Carniti, Lorenzo Caselli, Nina Daita, Kurosh Danesh, Alessio De Luca, Sebastian Dullien, Guglielmo Epifani, Jeff Faux, Carlo Ghezzi, Antonio Giallara, Antonio Lettieri, Bruno Manghi, Marigia Maulucci, Saul Meghnagi, Dario Missaglia, Federica Montevecchi, Antonio Panzeri, Laura Pennacchi, Andrea Ranieri, Gianni Rinaldini, Stefano Rodotà, Nicola Sartorius, Alain Supiot. Con la lectio doctoralis tenuta all’Università Cà Foscari di Venezia nell’ottobre 2002.
  • Pietro Scoppola è scomparso due anni fa, il 25 ottobre 2007. È stato uno dei grandi storici del nostro tempo, studioso fra i maggiori della storia italiana e in particolare del rapporto tra mondo cattolico e democrazia. Ma Scoppola è stato anche un autorevole protagonista del cattolicesimo democratico. «Un cattolico a modo suo», come lo definì Paolo VI, con una grande passione per la politica, non però in quanto tale, ma «come disegno per il futuro… come aspirazione a una uguaglianza irrealizzabile che tuttavia è il tormento della storia umana». Dal 2002 Scoppola è stato presidente della rete «I cittadini per l’Ulivo», con l’obiettivo di costruire il partito dell’Ulivo attraverso un’ampia partecipazione dei cittadini e l’aggregazione delle forze progressiste del mondo cattolico, del movimento dei lavoratori e dell’ambientalismo, di cui auspicava la collaborazione non soltanto progettuale, ma in nome di un valore umano poco usuale in politica: «l’amicizia». In questo volume vengono pubblicati tutti gli interventi di Scoppola dal 2002 alla sua scomparsa che riguardano l’Ulivo e il costituendo Partito Democratico. Fino all’ultima intervista – a pochi giorni dalla morte – molto amara, sulla transizione italiana che non ha mai fine, a causa della «povertà di grandi disegni, di cultura, di veri leader».
  • In questo libro vengono raccolti alcuni scritti di Mario Tronti, dedicati specificamente al problema della sinistra e della ricostruzione della sua cultura politica. Perché, scrive Tronti, «non sarà il coro dei pentiti, degli atei devoti, dei borghesi laici, dei padroni illuminati a cancellare questa storia del grande Novecento». Anzi, «è venuto il momento di porci l’obiettivo di chiudere il dopo ’89, per superare la diaspora che ha diviso la sinistra a partire da quella data e ricomporla unitariamente, in grande, in avanti».
  • Con questo libro Alfiero Grandi sviluppa l’impegno avviato con il precedente, Ripartire da Prodi, con il quale si era posto l’obiettivo di avviare una ricerca-verità sulla sconfitta del centro sinistra nel 2008 cercandone le ragioni nei limiti e negli errori dell’esperienza del secondo governo Prodi. La speranza era che anche altri contribuissero a questa ricerca partendo da un diverso punto di vista. Ma troppi di quelli che potevano spiegare, indagare, far capire hanno preferito il silenzio. Si spiega anche così l’enorme area di astensionismo prodottasi nell’elettorato di centro sinistra. Per tornare a vincere si propone di contribuire ad una fase già diversa, che vede in difficoltà la destra che ha vinto nel 2008, mentre una pesante crisi finanziaria ed economica ha appena iniziato a far pagare prezzi sociali pesantissimi. In questa situazione un nuovo centro sinistra potrebbe essere chiamato prima del previsto alla costruzione di un’alternativa politica per offrire una speranza a chi rischia di essere travolto. Alternativa da costruire qui ed ora per incalzare la destra in difficoltà, per affermare che le forze di progresso sono in campo e che possono tornare ad avere fiducia, che si può tornare a vincere.
  • Il manuale, unendo al rigore dell’indagine storica l’agilità dell’esposizione e la vivacità offerta dal copioso materiale documentario e iconografico, racconta in modo sintetico e divulgativo la storia centenaria della Confederazione generale italiana del lavoro, collocandola all’interno della più generale vicenda italiana, fatta di avvenimenti politici, trasformazioni economiche, mutamenti sociali e culturali. Seguendo il filo conduttore della storia della CGIL il manuale esamina così il ruolo delle classi dirigenti politiche ed economiche, la natura delle istituzioni, l’evoluzione del sistema produttivo, la dialettica tra le classi sociali, le culture popolari, le identità territoriali e professionali. Al centro dell’affresco storico fornito dal volume, si pongono i due concetti costitutivi della CGIL: il valore sociale del lavoro, cioè la sua capacità di agire in modo organizzato e collettivo per ridurre le disuguaglianze e per promuovere le libertà; e il valore della confederalità, attraverso il quale il sindacato riesce pienamente a rappresentare e tutelare l’interesse generale delle classi lavoratrici. Il manuale si compone di quattro parti: La CGdL e l’età liberale, dall’Ottocento alla crisi dello Stato liberale nel primo dopoguerra; La CGdL e il fascismo, che esamina il ventennio della dittatura; La CGIL e la costruzione della democrazia, che ripercorre il secondo dopoguerra, fino agli anni sessanta; La CGIL nella crisi italiana e globale, che analizza le vicende di fine secolo, a partire dalla crisi degli anni settanta. Ogni parte si articola in tre capitoli, per un totale di dodici, ai quali si aggiungono le conclusioni, La CGIL del tempo presente, che rivisitano le cronache degli ultimi dieci anni. La narrazione viene inoltre arricchita con la riproduzione di interessanti documenti storici, nonché di brani di dirigenti o personaggi pubblici che espongono idee fondamentali del sindacalismo; il testo è impreziosito con foto, quadri, citazioni e schede di approfondimento; infine, al termine di ciascun capitolo, sono inserite pagine di storiografia e brevi bibliografie di orientamento, nelle quali sono indicati sia i “classici”, sia gli studi più recenti di storia del movimento sindacale. In totale il volume, interamente a colori, presenta 12 riproduzioni di quadri; 40 fotografie; 38 box con stralci di documenti; 24 schede relative a parole-chiave e ad approfondimenti specifici.
  • Hitchcock

    14.00 
    Alfred Hitchcock, il maestro del brivido, il regista che continua a conquistare consensi e prestigio per la qualità dei suoi film e telefilm, in cui mostra e conferma il suo talento di autore, la sua grande forza d’inventore di spettacoli indimenticabili. Questo libro, a trent’anni dalla morte di Hitch – come viene chiamato dagli appassionati del suo cinema –, è un racconto-biografia, con rivelazioni sorprendenti, poco note, sugli anni di formazione, e un’analisi approfondita dei suoi lavori, anche quelli giovanili, nel grande scenario storico di una carriera cominciata ai tempi del muto. I suoi temi: il crimine, la paura, la colpa, le «bionde virginali», gli scontri e la collaborazione con famosi produttori di Hollywood, rivivono nel racconto. In cui si narra l’avventura di pellicole straordinarie e vitali, quali «Rebecca», «Io ti salverò», «Notorius», «Vertigo», «Psycho», «Gli uccelli», e diversi retroscena che rivelano gli aspetti di una personalità sensibile, esemplare nella ricerca artistica e nei percorsi più intimi, più profondi. Venata di un’ironia impertinente e sottile.
  • La grande promessa della Costituzione repubblicana, dopo vent’anni di regime fascista e di abusi contro la libertà delle persone, era inscritta – per i carcerati – nella finalità rieducativa della pena e nella speranza dell’abolizione dell’ergastolo. Sessant’anni dopo, nonostante innumerevoli tentativi, l’ergastolo è ancora lì, e si moltiplica tra le pene da scontare nelle carceri italiane. A partire dalle lezioni tenute da Aldo Moro nei suoi ultimi anni di vita, contro l’ergastolo e la pena di morte, gli autori si confrontano con la pena senza tempo, la sua sopravvivenza e la sua vitalità, per capire se e come se ne potrà fare a meno. Testi di: Boccia, Calvi, Fortuna, Gonnella, Margara, Martinazzoli, Mosconi, Senese, Sofri.
  • Durante il 2010 nella Regione Marche, una terra da sempre accogliente grazie anche a politiche sociali particolarmente attente, meta sempre più di migranti che qui trovano la possibilità di progettare un loro futuro, la popolazione extracomunitaria raggiungerà il 10%. Nelle cittadine più grandi, ma anche nei piccoli paesi dell’entroterra, la presenza di stranieri incomincia ad assumere dimensioni considerevoli. Quasi sempre organizzati in associazioni, i migranti di varia provenienza si adoperano per l’integrazione nel tessuto sociale locale senza però rinunciare alla cultura, alla religione e alle usanze dei paesi di provenienza. Dopo una serie di appostamenti, ricognizioni, visite rabdomantiche, e due lunghi anni di lavoro «sul campo», uno scrittore e un fotografo, Angelo Ferracuti e Daniele Maurizi, hanno cercato di raccontare questa popolazione a volte invisibile, che convive, interagisce, cerca un’integrazione e una cittadinanza non senza difficoltà e contraddizioni. Le foto e i racconti, sempre nella forma del reportage, riguardano i tempi della vita: quella vissuta nel quartiere, a scuola, nei luoghi di lavoro, nei riti religiosi e nei momenti di preghiera, nello sport e nel tempo libero. Il mondo in una regione gioca sullo slogan (L’Italia in una regione) coniato da Piovene nel suo Viaggio in Italia per dare una rappresentazione delle Marche, e, oltre ad essere un’indagine «sul campo» che storicizza e racconta un fenomeno, ha il fine di mostrare la normale umanità di persone che cercano un futuro nel nostro paese. Facendo tesoro della celebre frase di Max Frisch, lo scrittore svizzero che riferendosi all’immigrazione degli anni cinquanta (anche italiana) scrisse: «Aspettavamo delle braccia, invece sono arrivati degli uomini».
  • Da Roma a Roma

    2.99 10.00 
    Andrea Carraro è uno dei più interessanti narratori degli ultimi anni, autore di molti libri tra i quali Il branco, da cui Marco Risi ha tratto l’omonimo film, ma anche di altre narrazioni che non sono certo sfuggite ai lettori più attenti, come L’erba cattiva, La lucertola, Non c’è più tempo. Ma non è solo un narratore tout court. Infatti, nel tempo, ha affiancato la sua attività di romanziere a quella di acuto reporter, osservatore impietoso della società italiana, soprattutto per l’Unità e Diario, di cui è stato redattore assieme a un altro autore al quale lo lega una comune idea di letteratura, Sandro Onofri. Entrambi, infatti, hanno da sempre affabulato e cercato di attualizzare, in una sorta di riposizionamento linguistico e memoriale, i luoghi e i temi per eccellenza pasoliniani, con uno stile dal registro rigidamente realista. Anche questo libro – che ha il titolo ironico del «falso movimento» Da Roma a Roma, dove si spazia dal centro alle periferie della città alla ricerca dei nuovi portati di senso antropologico e delle trasformazioni urbanistiche – si apre e si chiude con il ricordo di Pier Paolo Pasolini, che, come scrive Carraro, della periferia romana «fu il primo cantore». Si parte dalla stele in memoria di Pasolini all’Idroscalo di Ostia e si finisce, dopo un lungo viaggio a zig zag, nella Torre di Chia, un rudere medievale, prossimo a Bomarzo, acquistato dallo scrittore nel 1970. In mezzo, le chiese di Centocelle, una scuola di Passo Corese, i tossici di Ostia e la Roma Bene dell’Olgiata e di via Due Ponti, oscure feste di piazza a Torvaianica e performance artistiche nel retroterra romano, e tanti altri luoghi nominati dalle cronache ma sconosciuti a molti di noi. Questi luoghi Andrea Carraro ora ce li fa conoscere con un racconto di prima mano, onesto e rigoroso; li attraversa con l’occhio curioso del viaggiatore, con quello impietoso del sociologo e quello visionario dello scrittore; li sviscera, rimettendo in circolo motori dell’immaginario come film, libri, fatti di cronaca; per ricomporre, infine, nel magma complesso di un mosaico, le trasformazioni avvenute in quella terra che sta ai margini di Roma, dove pulsa il cuore impazzito della contemporaneità.
  • Il 25 giugno 1933 Claudio Cianca fa esplodere un ordigno inoffensivo nel pronao della Basilica di San Pietro. Ha soltanto vent’anni e con il suo gesto vuole richiamare l’attenzione del mondo sull’Italia oppressa dal fascismo. Condannato a 17 anni di carcere, torna libero il 9 settembre 1943 e partecipa alla Resistenza romana. Nel dopoguerra è dirigente della CGIL, parlamentare comunista, consigliere comunale in Campidoglio, protagonista di memorabili battaglie contro la speculazione fondiaria ed edilizia, leader carismatico degli edili, che lo accolgono con grande calore quando va nei cantieri a tenere i «comizi volanti». In questo libro-intervista Cianca rievoca momenti cruciali della storia italiana del Novecento di cui è stato testimone, partecipe, protagonista. Ai toni enfatici preferisce la divertita ironia, ispirata da una visione ottimistica che lo induce a ritenersi fortunato – «Se non mi avessero messo dentro forse sarei morto in qualche fronte di guerra» – e a trasmettere alle giovani generazioni un messaggio di speranza e di libertà. In allegato il DVD con l'intervista a Claudio Cianca.
  • Il responso elettorale, a partire dal 1994, ha regolarmente modificato gli equilibri politici precedenti e ha configurato nuove maggioranze, più o meno coese, più o meno stabili. Secondo molti studiosi, esiti così diversi sono generati dalla crisi di quei partiti politici che avevano per lungo tempo congelato il mercato elettorale italiano e dal corrispondente aumento del numero di cittadini disponibili a modificare la propria scelta di voto da una consultazione all’altra. La ricerca descritta in questo volume si propone di individuare le principali determinanti del comportamento di voto degli italiani nelle elezioni politiche del 2006 e del 2008: le caratteristiche socio-demografiche, la partecipazione a reti associative e il coinvolgimento in attività politiche. E l’attuale fase politica è più chiara se si tiene conto dell’evoluzione, tra il 2006 e il 2008, della rilevanza di questi fattori nella strutturazione della scelta di voto. Di fronte a un comportamento di voto dei ceti popolari che spesso si risolve in consenso a politiche che tutelano interessi di altri gruppi sociali, infatti, la ricerca evidenzia che i cittadini socialmente periferici ed isolati tendono ad assumere decisioni più appropriate alla loro condizione quando non vengono esclusi, ma sono inseriti in reti sociali, politicamente influenti.
  • Per le verità allora nascoste e i depistaggi che ne seguirono, la strage di Portella della Ginestra del Primo maggio 1947 continua ad essere ancora oggi oggetto di dibattito storiografico. Il volume di Francesco Petrotta, frutto di un’attenta e minuziosa ricerca archivistica animata da una profonda passione civile, colloca la drammatica vicenda nel contesto locale in cui ebbe a maturare, facendo una volta per sempre piazza pulita di tutte le fantasiose congetture che periodicamente, anche in buona fede, vengono offerte al giudizio dei lettori. In particolare, viene definitivamente smentito il coinvolgimento del governo americano nella pretesa lotta antibolscevica portata avanti dal bandito Giuliano, e in pari tempo acquista maggiore risalto il ruolo svolto dalla mafia di Piana degli Albanesi, guidata dal boss Ciccio Cuccia, come uno dei principali mandanti dell’azione delittuosa che terrorizzò per lungo tempo quella parte del territorio palermitano epicentro delle gesta del cosiddetto «re di Montelepre».
  • Dalla firma del rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori della gomma del febbraio 1968 fino alla firma dell’accordo aziendale sul cottimo del dicembre dello stesso anno, nel grande complesso industriale milanese della Pirelli si susseguono mesi di conflittualità operaia che mettono in discussione modi di produzione e organizzazione del lavoro connaturati al sistema di fabbrica del fordismo maturo. In questa lotta, per molti versi paradigmatica dell’iniziativa operaia del secondo biennio rosso del Novecento, si possono leggere le grandi novità che avrebbero caratterizzato il più intenso ciclo conflittuale dell’Italia repubblicana: un rinnovato protagonismo dei lavoratori, una conflittualità di fabbrica diffusa e capace di sperimentare forme di lotta innovative, nuove strutture di rappresentanza operaia, l’ampliamento progressivo dei diritti sindacali in fabbrica, nuove metodologie nelle trattative e nuove forme contrattuali. Tutte caratteristiche che rendono il 1968 l’Autunno caldo della Pirelli. In queste vicende il sindacato gioca un ruolo di primo piano, contribuendo in modo determinante a provocare quelle lotte, ad estenderle e a dare forma contrattuale alle conquiste che i rapporti di forza in fabbrica sanciscono, spesso attraverso la rottura di tradizionali modi di pensare e di organizzare la lotta e il rapporto con i lavoratori.
  • Ha senso parlare di difesa dei diritti umani durante i conflitti armati? E se ha senso, a chi si dovrebbe chiedere di difenderli? E da chi? A queste domande cerca di dare una risposta il libro di Emanuele Russo, che, partendo da una definizione teorica del concetto di diritti umani, procede all’analisi delle Convenzioni internazionali esistenti e delle tecniche di guerra adottate dai paesi occidentali, mettendo a fuoco due dei principali protagonisti dei conflitti armati odierni: i soldati privati e i «bambini soldato». Lungi da voler fornire una risposta univoca a questioni che nascondono universi complessi, questo libro cerca di costruire piuttosto una mappa dei problemi con i quali deve confrontarsi chi voglia impegnarsi nella difesa dei diritti umani.
  • Nel cosiddetto «pacchetto sicurezza» è stato introdotto il reato di immigrazione clandestina, cioè di ingresso o permanenza irregolari nel nostro territorio. Il passaggio dall’area dell’illecito amministrativo a quella penale ha notevoli ripercussioni sul piano etico, sociale e giuridico ed è in netto contrasto con la tradizione e la cultura italiane. Ma oltre a costituire un motivo di disonore per il nostro paese, la legge in questione è affetta da gravi imprecisioni tecniche, da numerose violazioni costituzionali, da un elevato costo a carico dello Stato e dalla sua sostanziale inapplicabilità sul piano concreto. A peggiorare le cose è sopravvenuta l’iniziativa del cosiddetto «respingimento collettivo», facendo così venire meno il diritto d’asilo, diritto unanimemente riconosciuto dalla tradizione dei popoli civili e dal diritto internazionale. L’Autore si sofferma infine sulla ambigua sanatoria delle cosiddette «badanti», dalla dubbia legittimità costituzionale e dalle molteplici difficoltà applicative, confermate dal ridotto numero di richieste presentate alla scadenza del termine previsto.