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Due pacifisti e un generale
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Nelle Forze armate italiane c’è stata una rivoluzione. Non più soldati di leva, ma professionisti della sicurezza, non più solo uomini, ma anche donne, non più militari ignoranti e inconsapevoli, ma ragazze e ragazzi addestrati, colti e curiosi, esperti di tecnologie, desiderosi di girare il mondo e di capirlo. Vincenzo Camporini, capo di stato maggiore della Difesa, racconta a due giornalisti, che non hanno mai nascosto la propria adesione ai valori del pacifismo, tutte le tappe di questo percorso che non è solo organizzativo, ma culturale e ideologico. In questa lunga intervista si affrontano i grandi temi del nostro presente, dal dibattito su guerrieri o «soldati di pace», alla stessa idea di pace, di guerra, di disciplina, di gerarchia, di comando. Ci sono molte domande scomode, ma anche molte verità finora mai svelate. Per la prima volta un militare a capo dello stato maggiore della Difesa affronta senza reticenze i problemi delle nostre missioni internazionali, gli interventi in Iraq e Afghanistan, la relazione non sempre facile con il Palazzo e con i media, la guerra e la pace, le vittime civili, i rapporti col mondo umanitario e gli altri Paesi, l’esercito europeo e il cosiddetto «approccio italiano» fuori dai patrii confini. Ne esce il racconto inedito di un mondo in gran parte sconosciuto e anche una sorprendente predisposizione al dialogo che prefigura un nuovo ruolo delle Forze armate nella società italiana. Di cui solo gli addetti ai lavori si erano finora, e solo in parte, accorti.
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La strage e i depistaggi
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Per le verità allora nascoste e i depistaggi che ne seguirono, la strage di Portella della Ginestra del Primo maggio 1947 continua ad essere ancora oggi oggetto di dibattito storiografico. Il volume di Francesco Petrotta, frutto di un’attenta e minuziosa ricerca archivistica animata da una profonda passione civile, colloca la drammatica vicenda nel contesto locale in cui ebbe a maturare, facendo una volta per sempre piazza pulita di tutte le fantasiose congetture che periodicamente, anche in buona fede, vengono offerte al giudizio dei lettori. In particolare, viene definitivamente smentito il coinvolgimento del governo americano nella pretesa lotta antibolscevica portata avanti dal bandito Giuliano, e in pari tempo acquista maggiore risalto il ruolo svolto dalla mafia di Piana degli Albanesi, guidata dal boss Ciccio Cuccia, come uno dei principali mandanti dell’azione delittuosa che terrorizzò per lungo tempo quella parte del territorio palermitano epicentro delle gesta del cosiddetto «re di Montelepre».
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Buen vivir
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La crisi attuale mette in luce l’insostenibilità politica e sociale di un modello di sviluppo che ha dimostrato la sua inadeguatezza e che pone domande forti, legate alla sopravvivenza stessa dell’uomo sul pianeta. Domande come: esiste un’alternativa al modello capitalista? è realizzabile migliorare la vita di miliardi di persone tenute ai margini? si può coniugare l’economia con la difesa dell’ambiente? è possibile sperimentare un nuovo patto sociale e ripensare le forme della rappresentanza? Dall’America latina all’Asia, all’Africa, a molte comunità e territori del Nord del mondo i conflitti ambientali e sociali hanno creato le condizioni per la formazione di una risposta nuova che, a partire dalla democrazia deliberativa e dalla responsabilizzazione collettiva, lavora alla costruzione di un nuovo paradigma di civiltà, fondato sul buen vivir – cioè su una vita in armonia con la natura, della quale tutta la comunità è parte – che è oggi tra i principi fondanti delle Costituzioni della Bolivia e dell’Ecuador. Educazione popolare, autogoverno, orizzontalità, giustizia sociale, mutualismo, creatività e decolonizzazione del potere sono gli strumenti e le pratiche che l’ecologismo dei poveri utilizza per costruire una democrazia della Terra. Oltre alla postfazione di Gianni Minà, giornalista, direttore della rivista Latinoamerica e tutti i sud del mondo, il libro si fregia della prefazione di Adolfo Pérez Esquivel, intellettuale argentino, Premio Nobel per la Pace nel 1980 per l’attività di denuncia contro la dittatura militare svolta negli anni Settanta.
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Guido Rossa
20.00
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IL LIBRO A trent’anni dall’uccisione di Guido Rossa per mano delle BR a Genova, torniamo a raccontare quei fatti per la loro importanza storica e per il messaggio politico e morale che contengono. La morte di Guido Rossa è stata uno spartiacque nel percorso di sangue del terrorismo «rosso»: per la prima volta le pallottole brigatiste uccidevano un operaio, delegato del Consiglio di fabbrica, iscritto al PCI, accusato di essere una «spia berlingueriana». Ma la decisione di Guido Rossa di denunciare Berardi (Cesare), il «postino» delle BR all’Italsider, ha rappresentato anche uno spartiacque nella storia della militanza politica. Dal quel 24 gennaio 1979, a un anno dall’assassinio di Aldo Moro, lo slogan «Né con lo Stato, né con le BR» che aveva avuto per alcuni anni una certa fortuna, venne cancellato per sempre. IL FILM È il ritratto di un italiano fuori del comune e non solo per la morte cui andò incontro. Guido Rossa era un operaio con un talento meccanico spiccatissimo e un impegno politico e sindacale altrettanto forte. In fabbrica, scrive Morando Morandini nel commento al film, «praticò la sua vocazione di consigliere e amico degli uomini. Basta vedere nel film come reagisce Massimo Ghini, nei suoi panni, all’insulto di spia, per aver denunciato un altro operaio che distribuiva i volantini delle BR in fabbrica. Bel modo di ragionare, dice Massimo Mila nella commemorazione tenuta a Torino nel 1982: un operaio non deve denunciare un altro operaio, un banchiere un altro banchiere, cane non mangia cane, lupo non morde lupo. Questa teoria ha in Italia una lunga storia e un nome preciso: camorra, mafia, spirito di corpo, e nega i valori della verità e della giustizia». Diretto da Giuseppe Ferrara nel 2007, il film si avvale della partecipazione di Masimo Ghini, Anna Galiena, Gianmarco Tognazzi, Elvira Giannini, Mattia Sbragia.
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Manualetto di tecnica sindacale
13.00
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Artigiano ebanista, deputato, fondatore e segretario generale della CGdL, Rinaldo Rigola fu un personaggio complesso e controverso che, nonostante la precoce cecità, svolse un ruolo di eccezionale rilievo nell’attività organizzativa e nelle lotte politiche del movimento proletario. Quando, al termine della Grande Guerra e dopo quasi tre lustri al vertice del massimo organo sindacale del paese, lasciò la segreteria al suo più stretto collaboratore, Ludovico D’Aragona, non si ritirò affatto dalla scena: decise anzi di dedicarsi a un’intensa attività divulgativa, della quale le lezioni tenute presso la Scuola di Previdenza e di Legislazione Sociale della Società Umanitaria di Milano nel 1920-21 costituiscono un’importante testimonianza. Il Manualetto di tecnica sindacale, uscito a dispense nel 1922, ne è il compendio e viene qui per la prima volta ripubblicato in volume unitario nella versione originale (nel 1947 ne era uscita una seconda edizione). Destinato a un pubblico vasto, scritto con tono semplice e chiaro, tanto più interessante in quanto difficile da reperire, questo testo offre una sintesi ampia e articolata dell’elaborazione teorica e dell’azione pratica del sindacalismo riformista e, al tempo stesso, ripercorre con vigore polemico le controversie che divisero le principali correnti del movimento operaio dell’epoca. Il volume è a cura di Paolo Mattera.
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La mia vita tra le lotte dei lavoratori
10.00
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Durante gli anni difficili della sua giovinezza, in un entroterra siciliano devastato e depresso, l’autrice, donna del popolo lavoratore, affida alla carta avvenimenti, emozioni e riflessioni: la guerra, l’amore, l’impegno sociale e politico, le prime rivendicazioni femminili. Presto responsabile di diverse associazioni di donne comuniste e di sinistra, è compagna di un dirigente politico e sindacale, Luigi Infuso, con cui condivide la passione e la tenacia di un’esistenza di lotte. I diari, più volte ripresi e rimaneggiati, sono stati ora definitivamente ordinati per non disperdere un importante patrimonio fatto di vita vissuta, di battaglie, conquiste sociali e testimonianze minute, che si snodano dal secondo dopoguerra fino agli anni sessanta, nella provincia di Caltanissetta. Ed è grazie all’intreccio costante della dimensione personale con quella storico-politica, andando anche oltre il mondo comunista nisseno, che il testo di Enrichetta Angela Casanova Infuso allarga il fuoco, facendosi autobiografia e storia insieme.
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Gli uomini e le donne della Cgil. 1944-2006
25.00
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Nel programmare le iniziative per la celebrazione del Centenario della Cgil è stato naturale per la Confederazione e la Fondazione Di Vittorio porsi il problema di rispondere al bisogno di conoscenza del processo di evoluzione dei gruppi dirigenti del sindacato. A questo scopo, aggiornandola a tutto il 2006, è stata composta la raccolta dei nomi delle compagne e dei compagni che hanno formato le Segreterie della Confederazione, delle Federazioni nazionali di categoria, delle Cgil regionali e delle Camere del Lavoro, oltre che delle organizzazioni associate e degli enti promossi. Questo volume ne fornisce il quadro completo. Si è trattato di un duro lavoro di ricerca dei dati e anche di verifiche incrociate, rese necessarie dal fatto che molte strutture non hanno ancora un archivio ordinato di raccolta dei materiali e dei dati, cosicché diverse lacune sono state colmate attraverso il contributo di moltissimi compagni testimoni delle varie fasi delle organizzazioni. Il risultato così ottenuto è molto buono. Il volume rappresenta infatti uno strumento utile di lavoro che consente, alla Cgil e a chi vuole approfondire le proprie conoscenze, di impostare ricerche serie sull’imponente massa di dati riguardanti i quadri, cioè gli uomini e le donne che hanno operato nel sindacato, ai diversi livelli di direzione, in un significativo processo di formazione, mobilità e promozione di capacità e di impegno.
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Il sindacato nella società industriale
50.00
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Questo quarto e ultimo volume della storia del sindacato in Italia nel ’900, diretta da Adolfo Pepe, ripercorre tutto il periodo che va dalla fine degli anni cinquanta a tutti i settanta. Un periodo che costituisce l’apertura di un ciclo che cambia in profondità la natura della società italiana. Qui il sindacato diviene protagonista assoluto, e in certi momenti unico, del conflitto sociale, tanto da rappresentare la principale istanza di mediazione e composizione. Nei primi due saggi del volume vengono in particolare indagati i cambiamenti sociali ed economici che precedono e seguono il grande slancio del ’59-63, ricostruendo in tal modo i meccanismi dello scontro sociale che portano all’«autunno caldo» e che determinano la crescita di un nuovo soggetto sindacale unitario, in grado di proporsi come interlocutore permanente nell’ambito delle scelte di politica economica. Nell’ultimo saggio, invece, l’attenzione si sposta sulla complessità dei problemi, ancora poco indagati dalla storiografia, dei «lunghi anni ottanta» che aprono una stagione di crisi e di rinnovamento del sindacato. Il piano dell’opera: Volume I: La CGdL e l’età liberale; Volume II: La CGdL e lo Stato autoritario; Volume III: La CGiL e la costruzione della democrazia); Volume IV: Il sindacato nella società industriale. I quattro volumi ricostruiscono l’intero arco delle vicende sindacali nel Novecento, dal dibattito politico-ideologico agli aspetti organizzativi, dalle relazioni industriali a quelle con lo Stato e alla politica economica, dalla contrattazione alla conflittualità, dalle diversità territoriali alle specificità federali, dai rapporti coi partiti a quelli unitari, dai temi sociali a quelli della cultura del mondo del lavoro.
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Urna del silenzio
10.00
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La crisi della partecipazione elettorale è ormai da qualche anno un tratto che accompagna le vicende politiche del nostro paese. Si presenta come fenomeno non contingente e neppure specificamente italiano, che ha a che vedere con le trasformazioni, le sfide e i pericoli che attraversano le democrazie contemporanee. Non va quindi sottovalutato né subìto come qualcosa di inevitabile (o addirittura salutare per la democrazia), ma studiato e compreso in tutte le sue dimensioni e implicazioni, anche per poterlo fronteggiare meglio. Del resto, come dimostrano le più recenti consultazioni, la capacità di riportare i cittadini alle urne si configura sempre di più come una decisiva risorsa strategica nella competizione elettorale (ancor più se di tipo maggioritario e bipolare). Comunque, riflettere sul declino della partecipazione elettorale è necessario e urgente soprattutto perché la progressiva de-inclusione di cittadini appartenenti ai ceti sociali «periferici» e svantaggiati, sempre più orfani di un’adeguata rappresentanza politica, implica l’ulteriore caduta della loro influenza politica e, alla lunga, potrebbe aprire una falla nel consenso verso la democrazia. Di tutto ciò si occupa questo libro, che - riallacciandosi a una prestigiosa tradizione di ricerca, e apportandovi nuove ipotesi e metodologie - analizza l’astensionismo in Italia, la sua evoluzione storica, le sue cause dirette e indirette, le sue diverse espressioni, le sue conseguenze.
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Il lavoro molesto
9.00
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Del mobbing non esiste una definizione universalmente riconosciuta. Le sue stesse cause sono ancora da chiarire e persino il numero delle vittime, indicato di solito per l’Italia nella cifra di un milione, è in realtà incerto. Nel libro vengono illustrati tutti gli elementi che compongono la violenza psicologica e descritte le fasi della persecuzione, le sue diverse modalità di attuazione, i sentimenti che affiorano nella vittima, i danni fisici e psichici che subisce e che segnano, spesso, la sua vita in modo permanente. Si tratta di un fenomeno complesso, con radici profonde nell’organizzazione sociale e del lavoro, ma che si può prevenire. Oltre alle norme di contrasto, già promulgate in diversi paesi europei e allo studio anche in Italia, è dunque necessario mettere in campo politiche di prevenzione, e nel libro se ne suggeriscono alcune. Una parte della trattazione è poi dedicata all’esperienza degli Sportelli sindacali antimobbing. Esperienza preziosa che permette di capire chi sono le vittime, in quali ambiti di lavoro è più facile che accadano vessazioni e perché, quali sono i danni che gradualmente subiscono le vittime. Il volume è infine corredato di un’appendice con leggi, codici, proposte di legge e siti fisici e virtuali a cui rivolgersi se si avesse il sospetto di essere vittima di una molestia morale.
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Dove tutto è cominciato
19.00
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Nel maggio del 1947 – a poco più di una settimana dalla strage di Portella della Ginestra – a Caltanissetta si svolge il primo Congresso della Cgil siciliana. Emanuele Macaluso incontra per la prima volta Giuseppe Di Vittorio che gli propone di diventarne segretario generale ad appena 23 anni. Sono in corso le lotte dei contadini per la terra e degli zolfatari per il lavoro, il salario e migliori condizioni di vita. Sono gli anni dei sindacalisti assassinati e senza giustizia (Andrea Raia, Nicolò Azoti, Accursio Miraglia, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Calogero Cangialosi…), dei mafiosi impuniti e protetti dal padronato agrario e industriale e dalla politica reazionaria. Sono anche gli anni dell’indipendentismo, siciliano naufragato tra mafia e banditismo, e della risposta autonomista dei partiti nazionali, soffocata dal sangue di Portella, dalla burocrazia e dal clientelismo. Verrà poi «l’operazione Milazzo» e il sogno di un’autonomia da rigenerare, il miracolo economico, la crisi del comunismo sovietico da Budapest a Praga, di tentativi (veri e presunti) di golpe fascisti, della repressione delle lotte dei braccianti ad Avola. Il libro narra, da una prospettiva poco nota, la vicenda umana e politica di Emanuele Macaluso negli anni del suo impegno sindacale in Sicilia dal 1944 al 1956, e poi negli anni del suo impegno politico nel Pci tra Palermo e Roma, attraverso documenti ufficiali, editi e inediti, e racconti di vita privata.
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Un’altra idea di autonomia: tra azionismo e marxismi eterodossi
17.00
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Nella visione di Bruno Trentin, l’azione sindacale deve puntare innanzitutto all’affermazione della persona e della sua libertà dentro al processo lavorativo, contro tutte le eteronomie alienanti e spersonalizzanti. Muovendo da questo presupposto, l’ultima fase della sua vita lo ha visto interrogare quelle correnti eretiche del socialismo che, carsicamente, hanno attraversato l’intera vicenda del movimento operaio. È solo a partire dal confronto con questo caleidoscopio politico-culturale che si può spiegare il carattere originale, eterodosso e sincretistico della sua elaborazione più matura, irrequieta e insoddisfatta verso le tradizioni maggioritarie della sinistra. Nel quadro di una vera e propria genealogia teorica e intellettuale, questo numero degli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propone di toccare e approfondire alcune delle principali fonti di ispirazione del bagaglio culturale trentiniano.
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