• Gli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propongono come strumento per l'analisi del mondo del lavoro. Un'analisi condotta in primo luogo sul piano storico che si integra con l'indagine economica e giuridica e si arricchisce con la strumentazione propria delle scienze sociali. Gli Annali hanno una struttura monografica flessibile che si articola in diverse sezioni. Questo primo numero si misura con il tema del welfare, nodo centrale del dibattito politico e sindacale attuale, ma al tempo stesso anche osservatorio privilegiato per ripercorrere, alla luce della comparazione tra i diversi modelli sociali esistenti, la storia del rapporto tra Stato, lavoratori e cittadini. Il numero comprende una lunga intervista in cui Bruno Trentin propone un ripensamento del Piano Beveridge in un'ottica di lettura del passato con lo sguardo al presente. Laura Pennacchi analizza poi l'economia e il welfare degli ani Novanta in Europa e negli Stati Uniti, confutando la tesi neoliberista di una crisi generalizzata del modello sociale europeo. Grande rilievo è assunto dalla comparazione internazionale delle diverse esperienze di welfare che, affidata a specialisti di prim'ordine dei diversi paesi, attraverso specifici saggi viene riferita a Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Francia, Germania, Spagna, paesi scandinavi, paesi in via di transizione dell'ex Unione Sovietica e Stati Uniti. Completano gli Annali tre lavori che rispettivamente forniscono una rilettura della produzione bibliografica sul welfare negli anni Ottanta e Novanta, la mappatura dei fondi sindacali che raccolgono documentazione sulle politiche di welfare, la costruzione di una puntuale sitografia sul welfare in Europa e negli Stati Uniti. Le sezioni degli Annali e gli autori dei saggi: Tra memoria e quotidianità: Alba Orti Verso un modello sociale europeo: Bruno Trentin, Laura Pennacchi Fili da tessere: John Monks, Richard Exell, Anton Hemerijck, Ian Olsonn, Katharina Müller, Carme Molinero, Marie Gottschalk Strumenti: Gianni Silei, Teresa Corridori, Maria Paola Del Rossi, Francesco Giasi.
  • Ritrovare l’Istria, raccontare tutta la storia di questa terra e guardare al futuro. È possibile fare tutte e tre queste cose insieme? Forse oggi la risposta è finalmente positiva. Caduti i muri della guerra fredda, le pagine bianche della nostra storia recente cominciano ad essere conosciute più largamente. E si possono affrontare il dramma delle foibe, l’esodo dei giuliano-dalmati, ma anche la guerra di aggressione alla Jugoslavia e la repressione fascista. Ma l’Istria è una sfida anche per il nostro presente. Come altre terre di confine nel nostro continente, questa regione può oggi tornare ad essere luogo di incontro pacifico tra popoli e culture diversi. Con l’integrazione europea i confini non si spostano con le armi: devono invece perdere sempre di più il loro significato di barriera e di esclusione. Riusciremo a costruire una riconciliazione piena che guardi al futuro e non sia smemorata? Le voci raccolte in queste pagine dedicate all’Istria dicono di sì: e il fatto che lo facciano con toni e ragioni diverse fa ben sperare. Sono stati intervistati: Giorgio Benvenuto, Silva Bon, Marina Cattaruzza, Gianni De Michelis, Riccardo Devescovi, Galliano Fogar, Roberto Gualtieri, Riccardo Illy, Predrag Matvejevi´c, Raoul Pupo, Gianni Oliva, Sergio Romano, Giacomo Scotti, Lucio Toth, Maurizio Tremul, Nevenka Troha, Luciano Violante, Demetrio Volcic.
  • Questa Guida Inca tratta la frammentata e contraddittoria materia dell’invalidità civile per offrire uno strumento di facile consultazione non solo agli operatori del settore ma a tutti coloro che vogliono saperne di più sia sulle prestazioni economiche sia sugli altri diritti esigibili da parte dei cittadini italiani e stranieri. Con particolare attenzione si individuano i soggetti aventi diritto alle prestazioni e si esaminano le varie fasi dell’iter amministrativo e il contenzioso giurisprudenziale. L’importante richiamo al processo di decentramento amministrativo di compiti e funzioni dallo Stato alle Regioni rende la guida uno strumento di grande attualità. Allegato al volume un CD rom che contiene un’ampia appendice legislativa.
  • Con il 2006 si conclude la fase di attuazione del ciclo di programmazione dei Fondi strutturali europei avviato con Agenda 2000, mentre, anche a fronte del processo di allargamento dell’Unione, del tutto aperto è il confronto tra gli Stati membri per l’impostazione del nuovo corso delle politiche di sviluppo regionale. Il volume della sociologa Grazia Moffa indaga nell’esperienza delle politiche comunitarie di coesione, fin dal loro primo impianto negli anni ottanta, mettendo in evidenza come il processo di integrazione europea punti soprattutto a ridimensionare i forti squilibri territoriali tra le diverse parti del territorio dell’Unione. Per questo esame sono stati analizzati i processi politici più direttamente ricollegabili allo sviluppo regionale nelle aree integrate e i concetti di «coesione» e di «convergenza», sottolineando l’importanza di un approccio privilegiato alla dimensione territoriale. Sono state inoltre confrontate le capacità di spesa e di efficienza amministrativa dell’Italia e della Spagna, nonché le ragioni storico-culturali e le scelte politico-organizzative che fanno complessivamente prevalere il paese iberico. Nelle conclusioni vengono tuttavia in evidenza alcuni indirizzi assunti in Italia che appaiono incoraggianti in merito alle prospettive future: si illustra infatti come, sulla base di Agenda 2000, l’esperienza in particolare dei Patti territoriali abbia segnato l’adozione nel nostro paese di scelte e strumenti più coerentemente finalizzati alla realizzazione di strategie di promozione dello sviluppo locale.
  • L’Ires presenta il suo secondo rapporto su contrattazione, retribuzioni e distribuzione del reddito in Italia e in Europa, dando in questo modo continuità al lavoro di monitoraggio sugli effetti delle politiche contrattuali avviato con il rapporto del 2003 (A. Megale, G. D’Aloia, L. Birindelli, La politica dei redditi negli anni ’90, Ediesse, 2003), e facendo dei suddetti temi uno dei cardini più qualificanti dell’attività di ricerca dell’Istituto. Il rapporto di quest’anno analizza le dinamiche fondamentali dell’economia e del lavoro – dall’andamento della produttività e della distribuzione del reddito al potere d’acquisto delle retribuzioni – e quelle della contrattazione nel tempo dell’euro, sia in Italia che in Europa, nel periodo compreso fra il 1998 e il 2004. In Italia la conclamata incapacità del governo di centrodestra di guidare il paese verso l’uscita dalla crisi più pesante degli ultimi decenni consegna al sindacalismo confederale, al sistema delle imprese, alle forze politiche del centrosinistra che credono nel valore della concertazione sociale l’inderogabile esigenza di definire un progetto per la rinascita nazionale e la dignità del lavoro. Obiettivi di tale portata possono realizzarsi solo ricostruendo un profilo alto del sistema delle relazioni industriali, in grado cioè di rilanciare, nel quadro di una nuova politica dei redditi, gli strumenti della concertazione, della partecipazione e della coesione sociale.
  • I modi con cui si sono sviluppate le relazioni sindacali nel nostro paese derivano da un sistema perennemente in transizione e perciò instabile. La storia delle forme di rappresentanza e rappresentatività evidenzia le contraddizioni e i problemi irrisolti della democrazia sindacale italiana. In particolare hanno pesato le divisioni tra le diverse concezioni della natura del sindacato: sindacato «generale» che riceve il mandato a contrattare da tutti i lavoratori o sindacato espressione degli associati a cui deve rendere conto in ultima istanza? La mancata risoluzione di queste contraddizioni comporta evidenti rischi per il sindacalismo confederale, soprattutto in una fase storica in cui la frammentazione del mondo del lavoro e la velocità dei processi economici, la cosiddetta globalizzazione, contribuiscono a rendere più deboli alcune conquiste democratiche fondamentali del Novecento. Partendo da questi presupposti il libro si propone un esame delle forme di rappresentanza e rappresentatività, i limiti e le differenze che le caratterizzano, indicando la necessità di nuove regole condivise da tutto il mondo del lavoro. Regole che potrebbero costituire un terreno più favorevole per un’evoluzione positiva dei diversi orientamenti e culture esistenti nel sindacalismo confederale, oltre a essere un fattore che contribuirebbe a dare maggiore stabilità e sviluppo alla democrazia del nostro paese.
  • Un viaggio alla scoperta di un’altra democrazia possibile. «Una ricerca di forme più forti di politica democratica con cui poter realizzare le riforme radicali alle quali molta gente sta dedicando il proprio lavoro quotidiano». Hilary Wainwright, giornalista di Red Pepper e collaboratrice del Guardian, studiosa di problemi della «global governance», riassume così il senso di questo libro che analizza premesse teoriche e attuazioni pratiche della democrazia partecipativa e che perciò rappresenta un contributo rilevante al dibattito intorno a un’alternativa concreta al neoliberismo. A partire dal caso più noto del bilancio partecipativo di Porto Alegre e arrivando alle esperienze meno note di grandi centri come Manchester, Luton, Newcastle, il libro illustra «come la gente sta attualmente reinventando la democrazia» e risponde alla domanda se la perdita di legittimità dei vecchi modelli istituzionali può trasformarsi in un’opportunità di realizzare nuove forme di potere democratico sia localmente che globalmente.
  • Amina, dodicenne bosniaca, e la sua vita prima e dopo la guerra, prima e dopo la pace. Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, e la sua storia in cento anni di vita, fra lo scoppio della prima guerra mondiale del 1914 e il possibile ingresso in Europa di tutta la ex Jugoslavia nel 2014. Le due protagoniste del libro, una bambina e la sua città, sono raccontate attraverso quattro tracce narrative: fotografie, liriche, corsivi informativi e il vero e proprio racconto, in un intreccio ritmico di invenzioni, di ricostruzioni storiche, di sospensioni del tempo e dello spazio, di proiezioni in un futuro probabile. A sei anni dalla prima edizione del volume, l’autore ne propone una nuova versione aggiornata, integrata e riletta alla luce delle celebrazioni dei primi dieci anni di pace in Bosnia dopo gli accordi di Dayton dell’autunno 1995.
  • Il decennio alle nostre spalle ha riproposto domande laceranti sul destino del lavoro. Sulla sua capacità, innanzitutto, di mantenere le antiche promesse di sicurezza, di cittadinanza, di reddito. Complice la crisi del vecchio compromesso fordista tra sicurezza e subordinazione del lavoro, che ha scompaginato sistemi di impresa, di relazioni industriali, di welfare. Complici, inoltre, storiche fragilità del capitalismo domestico e la miopia delle sue classi dirigenti. Non potendo più svalutare la moneta, si è scelto di svalutare il lavoro, rendendolo più precario. Contribuendo per questa via ad aggravare il declino competitivo del paese. Un'offensiva conservatrice che ha spiazzato il campo riformista, il quale è rimasto sulla difensiva. Per le numerose ragioni esaminate da Michele Magno - dirigente della Cgil prima e ora dei Democratici di Sinistra - tra cui ne spicca una: il rapporto non risolto tra lavoro e sviluppo, tra innovazione e giustizia sociale, nelle diverse culture politiche del riformismo italiano. In questo senso, come sottolinea Alfredo Reichlin nella prefazione, con il libro di Magno il problema del lavoro torna a interrogare la sinistra e il sindacato sui loro fondamenti sociali come sui loro valori e sulle loro prospettive strategiche.
  • In questo libro sono raccolte venti conversazioni con madri, figlie, sorelle e mogli, che ci riportano le figure di sindacalisti, magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e persone comuni, tutte per sempre costrette al silenzio per mano di mafia. È un percorso nella memoria storica siciliana che si compie in un momento difficile, come l’attuale, in cui da troppe parti si sostiene che parlare di mafia nuoce alla Sicilia e alla sua immagine. Le donne raccontano e si raccontano, andando al di là del dolore e affrontando anche temi di stringente attualità: l’impegno per la legalità e la convivenza civile, la difesa dei diritti di libertà e giustizia, la lotta alla connivenza e all’omertà. Poi da queste storie emergono anche emozioni diverse, con ricordi e aneddoti che ci fanno conoscere qualche cosa in più dell’aspetto umano e privato delle persone ricordate. È un racconto corale, con diverse protagoniste, nel quale, come sul palcoscenico di un teatro, ognuna aggiunge un tassello alla storia di tutte, cercando di colmare il vuoto di memoria che purtroppo accompagna tante di queste drammatiche vicende. Accanto alle parole delle donne, ci sono poi le fotografie che le ritraggono, spesso con oggetti e ricordi delle persone che non ci sono più. L’idea del libro è nata dall’incontro determinante avuto nel maggio 2003 dall’autrice con Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato. A lei, in particolare, il libro è dedicato.
  • L’istituto delle primarie, tipicamente americano, è ormai approdato su quest’altra sponda dell’Atlantico, anche nel nostro paese. Se dovesse espandersi esso non modificherebbe solo la modalità di selezione dei candidati, ma l’intero funzionamento del sistema democratico. Infatti, l’attrattiva che le primarie esercitano deriva dal fatto di essere viste come una possibilità di partecipazione più diretta dei cittadini alla vita politica. Ma siamo sicuri che queste aspettative siano ben riposte? E' proprio l’esperienza americana che dovrebbe invitare a una maggiore cautela. Servendosi di una documentazione di prima mano, questo libro ricostruisce appunto il contesto, le ragioni e le modalità che un secolo fa diedero luogo negli Stati Uniti alla prima comparsa delle primarie, per iniziativa del movimento progressista. E mostra come gli effetti di quest’innovazione abbiano deluso molte delle aspettative, provocando piuttosto una drammatica smobilitazione dei partiti e della partecipazione di massa. In base all’analisi di quest’esperienza, quindi, il libro avanza indirettamente una serie di domande sulle problematiche che l’uso delle primarie propone al di fuori del contesto originario in cui furono concepite.
  • Il processo lavorativo senza soggetto che ha contraddistinto i due secoli passati, in forza degli attuali mutamenti organizzativi e produttivi, tende a caratterizzarsi con la ripersonalizzazione del lavoro. L’attività lavorativa come atto d’essere della persona è sempre di più considerata come il dato di valorizzazione e qualificazione della nuova modernità del lavoro. In questo essere della persona sono contenuti il tempo reale delle tecnologie, i saperi e le esperienze, con modalità della prestazione di relazioni e informazioni, di polivalenza e di polifunzionalità che, distanziandosi dalla prestazione taylorista, segnano oggi i rapporti di lavoro industriali. Il sindacato è chiamato a rappresentare questo cambio d’epoca. In gioco è infatti un processo, secondo la tendenza delle aziende, di colonizzazione dell’anima e delle capacità cognitive delle persone, oppure l’occasione perché si affermi una personalità produttiva che si evidenzia con la libertà nel lavoro, con il tempo, con le possibilità della persona. Franco Farina, della Fondazione Metes della Flai-Cgil, traccia un quadro in cui il rigore e il segno innovativo dell’analisi si muovono in un intreccio originale tra aspetti conoscitivi, esperienze concrete e considerazioni sui temi sindacali, quali la professionalità, la produttività, il tempo di lavoro. Una elaborazione che si offre come un contributo all’attuale dibattito sindacale e scientifico sul futuro del lavoro.