• L’incremento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha innescato cambiamenti sociali orientati all’affermazione di un’uguaglianza di genere. Questo volume fornisce una riflessione sullo stato attuale delle asimmetrie tra uomini e donne nella conciliazione tra sfera pubblica e privata a partire dalla ricostruzione del quadro offerto dalle fonti statistiche ufficiali. Attraverso una complessa indagine sul campo, effettuata mediante questionari e interviste in profondità, è stata ascoltata la voce delle lavoratrici e dei lavoratori, per fare emergere le nuove strategie di coppia orientate alla condivisione del lavoro, ma anche il persistere dei pregiudizi e i vincoli che il sistema Italia pone alla diffusione di una cultura di parità. La cultura del nostro paese è stata osservata anche nella sua espressione simbolica, mediante l’analisi dell’immaginario legato alla famiglia proposto dai mass media, in particolare da riviste «femminili» e «maschili». Il termine di confronto utilizzato per comprendere meglio le criticità italiane e suggerire possibili soluzioni è l’Europa: di alcuni paesi sono state esaminate in dettaglio le normative e le agevolazioni economiche tese a favorire un riequilibrio di genere nella distribuzione dei lavori che il vivere sociale comporta.
  • Ernesto Nathan - questo sindaco «anomalo» per la città di Roma, perché inglese di nascita, ebreo e massone - impresse alla sua attività di amministratore i tratti di una integrità morale che gli veniva riconosciuta da amici e avversari. [...] Nei sei anni in cui Roma venne governata dalla giunta democratica da lui diretta, si delinearono nuove scelte urbanistiche e si realizzarono importanti innovazioni nei servizi pubblici e nel campo dell’istruzione e dell’edilizia scolastica, ma credo che lascito fondamentale di quegli anni rimanga il processo di democratizzazione che per la prima volta investì la città. (Dalla prefazione di Walter Veltroni) Il libro, delineando il percorso di vita di Ernesto Nathan, mette in luce l’evoluzione del suo pensiero politico e del suo impegno nel quadro delle vicende dell’Italia post-unitaria e di Roma capitale. Dalle prime esperienze nel movimento democratico e nei tentativi unitari dell’Estrema Sinistra, si passa alle attività di assessore della Giunta capitolina del 1889/90, di fondatore della Società «Dante Alighieri», di protagonista del Patto di Roma, di consigliere provinciale a Pesaro, di candidato alle elezioni politiche e di gran maestro della Massoneria, in un fitto intreccio con la storia politica italiana e con i suoi protagonisti: dalla «rivoluzione parlamentare» di Depretis all’epoca crispina, dalla nascita dei primi partiti politici allo scandalo della Banca Romana e alle lotte di fine secolo. Sono quindi illustrate le iniziative di Nathan, sindaco di Roma negli anni 1907/1913, nel quadro dell’età giolittiana e dell’evoluzione della politica dei «blocchi popolari», concludendo sugli ultimi anni di vita, animati dai dibattiti del periodo della prima guerra mondiale e del primo dopoguerra.
  • ... non è un po’ assurda la mappa di partiti e partitini che coprono il campo dell’opposizione (e oggi sono anche membri del governo), e sono ciascuno ostinatamente attaccato alla sua bandiera, che a volte è solo un nome più che una organizzazione? Che senso ha? Che significato ha questa frammentazione? Io non la capisco e non la giustifico. È un mio residuo di stalinismo? Penso di no... (da Intervista a Pietro Ingrao) Il Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato, luogo fondamentale di elaborazione politica e culturale della sinistra italiana, è stato un prezioso laboratorio di studi, iniziative, ricerche, interventi, analisi e proposte. Le carte d’archivio, recuperate, sistemate e messe a disposizione degli studiosi, sono una fonte preziosa per approfondire l’indagine sul ruolo degli intellettuali e degli istituti culturali e sul loro rapporto con il PCI. Oggi, di fronte a una crisi del sistema politico che sembra segnare anche la scomparsa di ogni cultura politica, è importante tenere viva la tradizione e la memoria di questi luoghi di ricerca e di elaborazione, di riconoscimento e di appartenenza. Ricostruire la storia del CRS - a partire dalla sua fondazione nel 1972, ad opera di Umberto Terracini, fino alla lunga presidenza di Pietro Ingrao, terminata nel 1993 - significa dunque riproporre il tema cruciale del rapporto tra cultura e politica. Questa storia, ricostruita attraverso l’analisi di Cotturri, i ricordi di Ingrao e le carte dell’archivio, ripercorre l’ultimo trentennio della vicenda italiana fino alla fase della transizione tra la prima e la seconda Repubblica, intrecciando il difficile percorso di ricerca di autonomia del CRS con le rapide trasformazioni avvenute sulla scena nazionale e internazionale.
  • Il dibattito sulla produttività è una costante della polemica economica e sindacale. I motivi sono diversi, e molti dovuti al fatto che la produttività è stata assunta in sistemi complessi, come quelli concernenti la politica dei redditi, e alla sua stessa relazione con la struttura contrattuale adottata con il protocollo del 23 luglio 1993. I cambiamenti d’impresa e dell’organizzazione del lavoro fanno della produttività del lavoro un tema sempre più centrale. Essa viene infatti ad indicare come la trasformazione dell’oggetto e del rapporto di lavoro, nella sua relazione con la qualità del prodotto, non possa prescindere dall’attività della persona. Questi cambiamenti peraltro aprono a due diverse collocazioni della persona nel lavoro. La prima assume la centralità dell’impresa come regola interpretativa del cambiamento, subordinando ai principi aziendali le relazioni industriali, le norme contrattuali e l’esercizio del potere aziendale nei confronti dei lavoratori. La seconda invece, anche attraverso compiti inediti delle politiche contrattuali, fa leva sulla valorizzazione della persona nel lavoro in quanto centro di attribuzione di diritti, di prerogative, di libertà, e su un nuovo fondamento della rappresentanza sindacale.
  • Tutto nasce dalla convinzione che la storia di una fabbrica la facciano soprattutto i lavoratori. Per questo, nell’anno del centenario della Perugina, azienda che rappresenta un pilastro fondamentale non solo della città di Perugia ma anche dell’esperienza sindacale italiana, si è voluto realizzare questo libro costruendolo attraverso le testimonianze di lavoratori che dal dopoguerra ad oggi hanno appunto dato vita alla storia di questa azienda per tanti aspetti emblematica. Sedici storie di lavoratori impegnati in fabbrica nell’attività produttiva e nell’attività sindacale vengono così a comporre un quadro unitario che abbraccia una vicenda di oltre cinquant’anni. Storie di lotte, di scioperi, di paure, di tensioni, di sconfitte, ma anche di grandi conquiste e importanti risultati che si intrecciano a doppio filo con la vita della città, della regione e delle loro istituzioni, legandosi inestricabilmente al percorso compiuto dal movimento dei lavoratori in Italia nella seconda metà del Novecento. Arricchisce e completa il volume un’ampia selezione di materiale fotografico e archivistico per oltre cento immagini di lavoratori, della fabbrica, di volantini, manifesti e articoli.
  • Combattere la precarietà, intervenendo sulla tassazione del lavoro per rendere l’assunzione a tempo indeterminato un’opzione realmente vantaggiosa per le imprese; garantire maggiori opportunità a donne e giovani per liberare risorse fresche e indirizzarle alla crescita dell’intera collettività; mettere le famiglie in grado di avere figli senza l’assillo di un domani troppo incerto, valorizzare il contributo di quei milioni di «giovani anziani» sempre più longevi, attivi, potenzialmente utili alla società; realizzare finalmente una rete di tutele e di ammortizzatori sociali per chi perde il posto di lavoro; assicurare un’assistenza di qualità ai disabili e ai non autosufficienti. In sintesi, scommettere sul futuro, guardando a quell’interesse generale di cui sembra non curarsi più il governo, che, forte di una maggioranza solida e di un consenso ancora molto elevato, gonfia, con una potente azione mediatica, la modesta sostanza del suo operato. Il volume, presentando un’importante raccolta di proposte di legge del Partito Democratico, vuole cominciare a render conto delle attività dell’opposizione sul terreno del welfare. Riuscire a costruire un welfare stabile sul piano finanziario, efficiente e moderno nell’erogazione dei servizi e delle prestazioni, giusto nella promozione di vecchi e nuovi diritti, costituisce l’obiettivo forse più importante per una forza politica che ha le possibilità e l’ambizione di diventare realmente maggioritaria nel Paese.
  • Nel terzo millennio si rivela sempre più valida la scelta, operata nel gennaio del 1945 da Giuseppe Di Vittorio, dalla segreteria della Cgil e da Aladino Bibolotti, di dar vita ad uno specifico strumento, l’Inca, Istituto Nazionale Confederale di Assistenza, il Patronato sindacale della Cgil, per assicurare assistenza medico-legale e tecnico-amministrativa qualificata e gratuita al singolo lavoratore - senza discriminazione alcuna di sesso, razza, concezione religiosa - iscritto o no che sia al sindacato, ascoltandone le domande, facilitandone e organizzandone il rapporto con le istituzioni e gli enti previdenziali ed assistenziali, al fine di garantire effettività alla difesa dei suoi diritti previdenziali. Infatti il sindacato, che organizza i lavoratori per esercitare la contrattazione collettiva a tutti i livelli e sviluppare la rappresentanza nel rapporto con il padronato, con il governo ed il Parlamento per incidere sulle scelte di politica economica e costruire un moderno welfare state, ha la necessità permanente di assicurare, in ogni caso, la piena fruizione dei diritti individuali dei lavoratori e di promuoverne l’estensione. L’Inca ha dimostrato, in oltre sessant’anni di esistenza, con l’impegno e la professionalità dei suoi funzionari e dirigenti, di saper assolvere questo fondamentale compito attraverso il rapporto con milioni di lavoratrici e lavoratori, di giovani, donne, pensionati, e di saper promuovere su questa base l’estensione e la modernizzazione dell’assistenza e della previdenza sociale in una società in profondo cambiamento.
  • «I lavoratori di fronte ad una azione diretta a promuovere la rinascita economica e civile dell’Italia, e pur trovandosi nelle condizioni che sappiamo, pur essendo essi i più sacrificati della società, sono giunti oggi nel nostro Paese ad un grado di maturità tale, ad un grado di sensibilità così elevata verso gli interessi generali della società nazionale, che questi lavoratori, pur soffrendo, sono disposti ad accollarsi un sacrificio supplementare per portare un proprio contributo al successo del Piano lanciato dalla Cgil... esso richiede uno sforzo da parte di tutti i cittadini proporzionale alle loro possibilità e quindi uno sforzo più elevato da coloro che hanno accumulato maggiori ricchezze... uno sforzo che deve portare l’Italia ad un nuovo risorgimento economico ha bisogno dell’entusiasmo e della volontà attiva delle masse popolari, ha bisogno di un governo che sappia mobilitare questo entusiasmo creatore delle masse popolari... In queste condizioni cosa diverrebbe il nostro Piano? Esso diverrebbe oltre che la leva principale per la rinascita economica dell’Italia anche la base per una vasta unione, e non solo per una distensione, effettiva e profonda di tutti i rapporti sociali, sindacali e politici, la base per un nuovo potenziamento nazionale che sarebbe nell’interesse di tutti gli italiani, nell’interesse generale del popolo... Vorrei dire alle classi dirigenti: Signori, liberatevi dalle vostre assurde prevenzioni, tanto queste prevenzioni non possono fermare il corso della storia. Apprezzate questa offerta che vi fanno i lavoratori, offerta morale, materiale, sociale e politica...». (Giuseppe Di Vittorio, 1950)
  • Fiat 1955

    7.00 
    ...Sarebbe tuttavia un grave errore se noi, individuando e denunciando l’azione illegale e ricattatoria del grande padronato sottovalutassimo la gravità del colpo inferto alla FIOM e alla CGIL nelle recenti elezioni della FIAT; se noi, cioè, tentassimo di scagionare ogni nostra responsabilità nella sconfitta. Ciò non sarebbe degno di una grande organizzazione come la CGIL la quale affonda le sue radici in tutta la gloriosa tradizione del movimento sindacale italiano, ne rappresenta la continuità storica ed ha tutto l’avvenire davanti a sé... ...Una nostra responsabilità, pertanto, vi è certamente nella sconfitta subita alla FIAT. Il compito nostro è quello di scoprire, assieme a tutti i lavoratori della FIAT, quali sono stati i nostri errori, le nostre lacune, le nostre debolezze... Alla FIAT, dunque, hanno vinto momentaneamente i padroni, ha vinto la paura della fame... Nessuno si illuda che l’insuccesso del 29 marzo abbia inflitto un colpo decisivo alla CGIL. La più grande organizzazione, libera e unitaria, dei lavoratori italiani si è temprata e sviluppata nelle alterne vicende della lotta per l’emancipazione del lavoro. Essa è stata scalfita da vari insuccessi ma non è mai stata vinta... (Da «La "vittoria democratica" della FIAT», editoriale di Giuseppe Di Vittorio sul n. 15, del 10 aprile 1955, di «Lavoro», settimanale della CGIL).
  • Incuriosito dal protagonismo femminile, l’autore ha deciso di intervistare donne di diverse età con l’intento di conoscere più da vicino la loro esperienza, di scoprire come vivano il lavoro e i cambiamenti del mercato del lavoro, come si rappresentino se stesse e la vita, quali risposte e quale immaginario avanzino con loro. Avviato il percorso, è però accaduto che lo scambio e le relazioni con le donne intervistate abbiano lasciato il segno sulla linea di ricerca dell’autore mettendo in discussione concetti e categorie ritenuti inossidabili circa il lavoro, la vita, le motivazioni e i desideri. Ma lo scambio ha anche svelato come lo sguardo che cercava di capire cosa stesse capitando fosse quello di un uomo che stava provando a dialogare con donne, a mettersi in gioco, in un confronto non facile e spesso spiazzante, in tempi di ormai finalmente consolidata libertà femminile. Il libro è così cresciuto con le donne, con le protagoniste dei racconti e con alcune testimoni che, a partire dalla propria, hanno interrogato una generale esperienza femminile. Ed è questa esperienza che parla nel volume e che ha guidato, nella relazione stabilita dall’autore con le donne, il dipanarsi di tracce rilevanti di lavoro e di vita.
  • Nel 2009 la provincia di Modena compie centocinquant’anni. L’ordinamento dell’Istituzione Provincia, così come quello delle amministrazioni comunali, risale infatti al Regno d’Italia, che ne formulò una prima organizzazione fra il 1859 e il 1865. Sebbene tali istituzioni vengano spesso dipinte come soggetti votati alla conservazione, i mutamenti degli scenari socio-politici hanno in verità prodotto, di volta in volta, profonde modificazioni sulla loro natura. Così sembra essere stato anche per la provincia di Modena, la cui storia viene qui ripercorsa nel contesto dell’Italia liberale, fascista e repubblicana. L’indagine, curata dall’Istituto storico di Modena, si muove su piani diversi cercando di analizzare, oltre ai ruoli e alle funzioni dell’Ente, la cultura degli amministratori e le politiche che hanno caratterizzato la finanza locale, i servizi sociali, l’istruzione, la creazione di infrastrutture, i rapporti tra centro e periferia, i nuovi bisogni posti dai processi di modernizzazione in relazione alla specificità del territorio.
  • È davvero così difficile elaborare un modo laico e liberale di affrontare il problema della rinuncia all’accanimento terapeutico? O è possibile riconoscere, senza infingimenti, che esiste un diritto all’autodeterminazione personale, che esiste il principio dell’autonomia del singolo individuo? Medici, giuristi, storici, scrittori, teologi e sindacalisti discutono su un tema appassionante come quello del cosiddetto testamento biologico, denso di implicazioni religiose, morali, culturali, giuridiche, costituzionali. Nell’ottica del riconoscimento di una sovranità personale che consenta libertà di decisione e anche eventualmente di rinuncia alle cure, emerge un punto di contatto tra laici e cattolici che si rinviene nel paradigma del rispetto della persona umana. In questa nuova luce finisce con il diventare secondaria quella distinzione che invece viene oggi drammatizzata nel dibattito e che costituisce oggetto di una contrapposizione quasi violenta anche nelle proposte di legge in discussione, e cioè la differenza tra trattamento medico in senso stretto e strumenti cosiddetti di sostegno, come l’idratazione e l’alimentazione artificiale.