Le interruzioni lavorative delle donne migranti in transizione alla genitorialità in Italia
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L'articolo presenta uno studio quali-quantitativo volto ad analizzare se e come le donne migranti che vivono in Italia interrompano la loro partecipazione lavorativa quando nasce un figlio, se l'istruzione o l'area geografica di provenienza facciano differenza e che narrazioni vengano date delle pratiche seguite. I dati dell'indagine campionaria sulle nascite mostrano che, nel contesto del «familismo by default» italiano, le madri straniere hanno rischi di esclusione dal mercato del lavoro più elevati di quelli delle madri italiane, soprattutto perché più spesso lavoratrici in nero o a tempo determinato pre-gravidanza. Inoltre, per effetto di dequalificazione o non riconoscimento formale, il titolo di studio pare contare meno rispetto alle native. L'analisi delle interviste qualitative, alcune anche longitudinali, mostra come vincoli strutturali e istituzionali si intreccino con modelli culturali, spesso rinforzandoli, ma anche, a volte, indebolendoli. Le pratiche di lavorofamiglia delle migranti rispondono a ideali di maternità intensiva, ma paiono pure fortemente plasmate dalle collocazioni marginali nel mercato del lavoro, dal conseguente limitato accesso alle misure di conciliazione e dalla frequente assenza delle reti famigliari, tutti fattori che, se da un lato tendono a rafforzare il ruolo della cura materna, dall'altro in alcuni casi possono spingere i padri ad essere più presenti, aprendo a possibili trasformazioni dei modelli di genere.
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