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Davide Bubbico
Le riforme italiane e francesi del mercato del lavoro: una via indiretta per il depotenziamento della contrattazione sindacale?
Cartaceo €
Descrizione
Negli ultimi anni le riforme del mercato del lavoro in Francia e in Italia hanno contribuito all’ulteriore deregolamentazione della legislazione lavorista. Se in Italia queste hanno riguardato principalmente i temi della regolazione contrattuale e del funzionamento del mercato del lavoro, nel caso francese hanno riguardato più espressamente anche la contrattazione collettiva e il sistema delle relazioni industriali a livello aziendale. Sia l’ultima riforma promossa dal governo Renzi (il Jobs Act), sia quella promossa da Macron (Loi Travail 2), si sono mosse entrambe sulla scia di precedenti provvedimenti, più o meno in continuità rispetto ai contenuti, ma anche nel quadro di un confronto sindacale più conflittuale e condizionato da una crescente propensione alla disintermediazione da parte dei governi. Anche se i due paesi presentano caratteristiche differenti relativamente al loro mercato del lavoro (anche in ragione della loro economia) e al loro modello di rappresentanza sindacale (diverso peso dei contratti nazionali, tassi di sindacalizzazione, organismi di rappresentanza interni alle aziende, ecc.), le due riforme potrebbero in prospettiva favorire ulteriormente la de-sindacalizzazione, in particolari degli occupati più giovani. L’ipotesi contenuta in quest’articolo è in altri termini quella che l’ulteriore processo di precarizzazione contrattuale nel rapporto di lavoro e la riduzione delle tutele contro i licenziamenti, tanto nella riforma italiana quanto in quella francese, possa condurre nel medio-lungo periodo ad un indebolimento crescente dell’efficacia e della copertura della contrattazione collettiva, a partire dall’enorme incidenza dei contratti a termine nelle assunzioni e dall’introduzione di formule negoziali dirette tra lavoratori e aziende.
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