
- Redditi per l’inclusione sociale
- Perché non esiste un partito del lavoro
- Come analizzare le disuguaglianze
Quali misure per promuovere occupazione e redditi - Presentazione
Mimmo Carrieri
Un welfare per la piena occupazione
Laura Pennacchi.
Questa volta è differente? Automazione e lavoro nella quarta rivoluzione industriale
Is this time different? Automation and work in the fourth industrial revolution
La digitalizzazione, la diffusione dei computer e dei robot e, ora, l’avvento dell’Intelligenza
artificiale e di Internet delle cose stanno determinando importanti cambiamenti nella domanda
di lavoro. Molti lavori stanno rapidamente svanendo in quanto automatizzati, e questa sostituzione riguarda non più solo quelli manuali, routinari e a bassa qualifica, ma sempre più attività con una importante componente cognitiva e che richiedono qualifiche medio-alte. In questo articolo esamino brevemente due diverse visioni: una che ritiene che siamo semplicemente in una fase di transizione e che, come nelle precedenti rivoluzioni industriali, alla fine il bilancio tra lavori distrutti e lavori creati sarà positivo sia nel numero sia, soprattutto, nella qualità. L’altra sostiene invece che le caratteristiche economiche delle tecnologie di questa rivoluzione industriale sono profondamente diverse da quelle delle precedenti e che il loro impatto sull’occupazione e sull’uguaglianza sociale rischia di essere complessivamente negativo.
Luigi Marengo
La digitalizzazione, la diffusione dei computer e dei robot e, ora, l’avvento dell’Intelligenza artificiale e di Internet delle cose stanno determinando importanti cambiamenti nella domanda di lavoro. Molti lavori stanno rapidamente svanendo in quanto automatizzati, e questa sostituzione riguarda non più solo quelli manuali, routinari e a bassa qualifica, ma sempre più attività con una importante componente cognitiva e che richiedono qualifiche medio-alte. In questo articolo esamino brevemente due diverse visioni: una che ritiene che siamo semplicemente in una fase di transizione e che, come nelle precedenti rivoluzioni industriali, alla fine il bilancio tra lavori distrutti e lavori creati sarà positivo sia nel numero sia, soprattutto, nella qualità. L’altra sostiene invece che le caratteristiche economiche delle tecnologie di questa rivoluzione industriale sono profondamente diverse da quelle delle precedenti e che il loro impatto sull’occupazione e sull’uguaglianza sociale rischia di essere complessivamente negativo.
ENGLISH - The diffusion of digital technologies, computers, robots and now the outbreak of Artificial intelligence and Internet of things is causing major changes in the demand for labour. Many jobs are rapidly disappearing because the corresponding tasks are automated and this substitution concerns not only low-skill manual and routine jobs, but more and more also cognitive medium- and even high-skill jobs. In this article, I briefly discuss two alternative views. One view claims that we are in a transition phase, but, alike the previous industrial revolutions, in the long run the balance between lost and created jobs will be positive both in numbers and, especially, in quality. The other view claims instead that the economic characteristics of the technologies of the current industrial revolution are profoundly different from the previous ones and that their impact on employment and social equality is likely to be negative on the whole.
Il reddito di base come dividendo del capitale sociale e piattaforma di un’economia «plurale»
Basic income as dividend of social capital and ground of a plural economyL’articolo discute l’ipotesi di un reddito di base – un trasferimento monetario individuale,
universale e non-condizionato – in un orizzonte temporale di lungo periodo. Nelle sezioni
2 e 3 la proposta è difesa dalle due principali obiezioni che la riguardano: quella di violare
il principio di reciprocità e quella di essere economicamente insostenibile. In risposta alla
prima, il reddito di base è giustificato come uno strumento che distribuisce in modo equo i
frutti di un patrimonio comune, costituito dal capitale sociale che ogni generazione eredita
da quelle che l’hanno preceduta; per quanto riguarda la seconda, la risposta verte sulla convinzione che gli effetti di riduzione del tempo di lavoro – attesi e desiderati – non sono comunque tali da pregiudicare la base di prelievo dei trasferimenti. La sezione 4 è dedicata al collegamento della proposta con il tema della disoccupazione tecnologica e con la necessità/
opportunità di affrontarlo nella logica di un’economia plurale, della quale il reddito di base è una condizione di realizzazione.
Alessandro Montebugnoli
L’articolo discute l’ipotesi di un reddito di base – un trasferimento monetario individuale, universale e non-condizionato – in un orizzonte temporale di lungo periodo. Nelle sezioni 2 e 3 la proposta è difesa dalle due principali obiezioni che la riguardano: quella di violare il principio di reciprocità e quella di essere economicamente insostenibile. In risposta alla prima, il reddito di base è giustificato come uno strumento che distribuisce in modo equo i frutti di un patrimonio comune, costituito dal capitale sociale che ogni generazione eredita da quelle che l’hanno preceduta; per quanto riguarda la seconda, la risposta verte sulla convinzione che gli effetti di riduzione del tempo di lavoro – attesi e desiderati – non sono comunque tali da pregiudicare la base di prelievo dei trasferimenti. La sezione 4 è dedicata al collegamento della proposta con il tema della disoccupazione tecnologica e con la necessità/ opportunità di affrontarlo nella logica di un’economia plurale, della quale il reddito di base è una condizione di realizzazione.
ENGLISH - The essay is about basic income approach – an individual and unconditional cash grant for all – in a long-term perspective. In sections 2 and 3, the proposal is sustained against the two major objections it has to face: that of violating the reciprocity principle and that of being economically unsustainable. As an answer to the first, basic income is justified as a means of sharing in a fair way the fruits of a common heritage, that is the social capital each generation receives from the previous ones; as far the second is concerned, the answer relies on the idea that work time reduction – an expected and desired effect – is not however so large that funding the grants becomes too hard. Section 4 is about the link between the proposal and technological unemployment – an issue viewed as a challenge and an opportunity that must be faced by the rationale of a plural economy, of which basic income is a key condition.
Quando le politiche non sono tutto. Determinanti strutturali e contrasto della povertà in Italia e in Germania
When structural factors matter. Social policies and minimum income schemes in Italy and Germany
In questo articolo si analizzano i mutamenti nei profili di rischio povertà in alcuni paesi
europei, con una particolare attenzione all’Italia e alla Germania, nella stretta connessione
tra politiche di contrasto della povertà e i cambiamenti intervenuti nella struttura produttiva.
La tesi sostenuta è che il rischio povertà non sia da mettere in relazione solo alla limitatezza
o agli orientamenti delle politiche sociali, ma anche alle trasformazioni che hanno investito la struttura produttiva, a partire dal processo di terziarizzazione dell’economia.
Troppo spesso il dibattito sul reddito minimo e le varie forme di sostegno del reddito trascura
questi aspetti, come se il problema del rischio povertà associato al lavoro potesse essere affrontato solo dal lato delle politiche sociali. Le determinanti della domanda di lavoro rivestono invece una importanza cruciale, anche ai fini di ipotesi di riforma delle politiche di reddito minimo. L’articolo è organizzato come segue. Nella prima parte viene presentato il quadro relativo alle trasformazioni del rischio povertà in Italia e in alcuni paesi europei. Nella seconda il focus è spostato sulla Germania, esaminando i cambiamenti che hanno riguardato le politiche e la struttura del mercato del lavoro. Da qui, nell’ultima parte, il caso tedesco viene confrontato con quello italiano, presentando alcune considerazioni finali sulle politiche
di reddito minimo.
Andrea Ciarini
In questo articolo si analizzano i mutamenti nei profili di rischio povertà in alcuni paesi europei, con una particolare attenzione all’Italia e alla Germania, nella stretta connessione tra politiche di contrasto della povertà e i cambiamenti intervenuti nella struttura produttiva. La tesi sostenuta è che il rischio povertà non sia da mettere in relazione solo alla limitatezza o agli orientamenti delle politiche sociali, ma anche alle trasformazioni che hanno investito la struttura produttiva, a partire dal processo di terziarizzazione dell’economia. Troppo spesso il dibattito sul reddito minimo e le varie forme di sostegno del reddito trascura questi aspetti, come se il problema del rischio povertà associato al lavoro potesse essere affrontato solo dal lato delle politiche sociali. Le determinanti della domanda di lavoro rivestono invece una importanza cruciale, anche ai fini di ipotesi di riforma delle politiche di reddito minimo. L’articolo è organizzato come segue. Nella prima parte viene presentato il quadro relativo alle trasformazioni del rischio povertà in Italia e in alcuni paesi europei. Nella seconda il focus è spostato sulla Germania, esaminando i cambiamenti che hanno riguardato le politiche e la struttura del mercato del lavoro. Da qui, nell’ultima parte, il caso tedesco viene confrontato con quello italiano, presentando alcune considerazioni finali sulle politiche di reddito minimo.
ENGLISH - The article analyses the changes that have affected poverty risk and policies against poverty in some European countries in the more recent years, with a particular focus on Italy and Germany. Against this background, the article focuses on both institutional and structural factors behind policy change. In doing so, we argue that the debate over minimum income schemes to often focuses only on institutional changes, without taking into consideration macro-structural forces affecting labour demand. The article is organized as a follow. In the first part, we examine the changes occurred in the poverty risk in Italy and in some European countries. In the second one, we focus on Germany, by looking at the institutional and structural changes that affected both social policies and labour market. Finally, in the last part, we proceed to compare the two cases, providing final remarks concerning minimum income reforms.
Una divergenza nella continuità: il caso inglese
A divergence ≪beyond continuity≫: the case study of UkNegli ultimi decenni le politiche di reddito minimo in Europa hanno cambiato poco a poco
la loro impostazione originaria. Nate nel secondo dopoguerra come strumenti passivi di protezione del reddito dei poveri, si sono evolute negli anni novanta in politiche di inclusione sociale, capaci di affiancare servizi di inserimento socio-lavorativo al trasferimento monetario,
fino a diventare negli ultimi anni vere e proprie politiche di attivazione dei beneficiari.
L’articolo prova a chiedersi se la recente influenza dell’approccio del Social Investment nelle
politiche sociali europee, sostenuta a livello comunitario, possa aver contribuito a intensificare
questa tendenza, oppure se sia il sentiero di policy intrapreso in ogni paese ad aver segnato
le singole traiettorie di trasformazione delle politiche di reddito minimo. L’analisi del
caso inglese, apripista dell’introduzione del reddito minimo e delle sue trasformazioni in Europa servirà per provare a rispondere a questi interrogativi.
Gianluca Busilacchi
Negli ultimi decenni le politiche di reddito minimo in Europa hanno cambiato poco a poco la loro impostazione originaria. Nate nel secondo dopoguerra come strumenti passivi di protezione del reddito dei poveri, si sono evolute negli anni novanta in politiche di inclusione sociale, capaci di affiancare servizi di inserimento socio-lavorativo al trasferimento monetario, fino a diventare negli ultimi anni vere e proprie politiche di attivazione dei beneficiari. L’articolo prova a chiedersi se la recente influenza dell’approccio del Social Investment nelle politiche sociali europee, sostenuta a livello comunitario, possa aver contribuito a intensificare questa tendenza, oppure se sia il sentiero di policy intrapreso in ogni paese ad aver segnato le singole traiettorie di trasformazione delle politiche di reddito minimo. L’analisi del caso inglese, apripista dell’introduzione del reddito minimo e delle sue trasformazioni in Europa servirà per provare a rispondere a questi interrogativi.
ENGLISH - Over the last decades the guaranteed minimum income (Gmi) policies have changed their original setting, from a «passive approach» of social assistance to a more active perspective, through social services for social inclusion and towards employability for the recipients of the minimum income cash transfer. This paper try to investigate whether the influence of Social Investment paradigm on the European social policies might intensify this trend, or if it is more important the path dependancy of Gmi. The case study of Uk, that was the first country to introduce gmi in Europe, is used to answer these questions.
Reddito minimo garantito: il dibattito europeo tra schemi nazionali e linee guida comunitarie
Guaranteed minimum income: the european debate between national schemes and Eu guidelines
Il presente articolo si propone l’obiettivo di fornire un inquadramento generale dello stato
delle politiche di reddito minimo nell’Unione europea. A tal fine vengono analizzati due aspetti
principali. Innanzitutto si presentano l’evoluzione storica e i tratti fondamentali degli schemi di reddito minimo nei paesi membri. Inoltre si esamina il ruolo delle politiche di contrasto alla povertà nel dibattito europeo, ritracciando il percorso delle politiche di reddito minimo nelle fonti del diritto europeo (di hard e soft law). Alla luce dei principi idealmente indicati dall’Unione europea dagli anni novanta ad oggi, l’articolo delinea dunque un breve
quadro comparativo dello stato dell’arte degli schemi effettivamente vigenti nei paesi membri.
Stefano Ronchi, Andrea Terlizzi
Il presente articolo si propone l’obiettivo di fornire un inquadramento generale dello stato delle politiche di reddito minimo nell’Unione europea. A tal fine vengono analizzati due aspetti principali. Innanzitutto si presentano l’evoluzione storica e i tratti fondamentali degli schemi di reddito minimo nei paesi membri. Inoltre si esamina il ruolo delle politiche di contrasto alla povertà nel dibattito europeo, ritracciando il percorso delle politiche di reddito minimo nelle fonti del diritto europeo (di hard e soft law). Alla luce dei principi idealmente indicati dall’Unione europea dagli anni novanta ad oggi, l’articolo delinea dunque un breve quadro comparativo dello stato dell’arte degli schemi effettivamente vigenti nei paesi membri.
ENGLISH - This article aims at providing an overview of minimum income policies in the European Union. To this end, two main aspects are analyzed. Firstly, the article examines the historical development and the key features of minimum income schemes in the member states. Secondly, it presents the role of policies to fight poverty in the European debate, retracing the development of minimum income policies in the sources of European Union (hard and soft) law. Therefore, in light of the principles indicated by the European Union from the nineties to the present, the article provides a comparative state-of-the-art overview of the schemes in place in the member states.
La povertà nel diritto del lavoro: reddito di inclusione e di cittadinanza tra Costituzione e vincoli europei
The fight against poverty: ≪Social Inclusion Income≫ and ≪Basic Income≫ between italian constitution and european legal systemIl contributo affronta il tema del contrasto alla povertà nella prospettiva del diritto del lavoro.
Il principio lavoristico che permea la Costituzione osta, di principio, all’erogazione di un reddito a carico della fiscalità generale in assenza di una controprestazione di lavoro. Né tale assunto, ad oggi, è scalfito dalle disposizioni del diritto dell’Unione europea. L’attuale disciplina del cosiddetto reddito di inclusione, peraltro, non appare idonea a favorire l’inclusione sociale, anche per l’ineffettività degli strumenti di condizionalità. Non sembrano poi sufficientemente valorizzati, nella lotta alla povertà, il ruolo conferito dalla stessa Costituzione alla famiglia e agli enti della società civile.
Marco Ferraresi
Il contributo affronta il tema del contrasto alla povertà nella prospettiva del diritto del lavoro. Il principio lavoristico che permea la Costituzione osta, di principio, all’erogazione di un reddito a carico della fiscalità generale in assenza di una controprestazione di lavoro. Né tale assunto, ad oggi, è scalfito dalle disposizioni del diritto dell’Unione europea. L’attuale disciplina del cosiddetto reddito di inclusione, peraltro, non appare idonea a favorire l’inclusione sociale, anche per l’ineffettività degli strumenti di condizionalità. Non sembrano poi sufficientemente valorizzati, nella lotta alla povertà, il ruolo conferito dalla stessa Costituzione alla famiglia e agli enti della società civile.
ENGLISH - The essay concerns the measures to fight poverty provided for by Labour Law. The «labour principle» set both by the Italian Constitution and the European legal system prevents the introduction of an income financed by general taxation. The current regulation of the so called «reddito di inclusione» (a type of basic income), however, does not ensure the social inclusion, also due to the ineffectiveness of the conditionality instruments. Furthermore, in the fight against poverty, the Italian legal system appears not to take into the adequate consideration the role assigned by the Italian Constitution to family and to civil society organizations.
Le politiche di reddito minimo in Italia
Minimum income policies in ItalyIl lavoro ricostruisce sul piano storico-analitico le politiche di reddito minimo in Italia dell’ultimo ventennio. Delle varie misure introdotte si analizzano le caratteristiche distintive, mettendone in rilievo i pro e i contro. Il lavoro si conclude con un esame sintetico delle principali questioni che il consolidamento di una misura di reddito minimo pone all’attenzione del policy maker, anche alla luce dell’accelerazione che il governo Conte intende dare a tali politiche con il progettato reddito di cittadinanza.
Stefano Toso
Il lavoro ricostruisce sul piano storico-analitico le politiche di reddito minimo in Italia dell’ultimo ventennio. Delle varie misure introdotte si analizzano le caratteristiche distintive, mettendone in rilievo i pro e i contro. Il lavoro si conclude con un esame sintetico delle principali questioni che il consolidamento di una misura di reddito minimo pone all’attenzione del policy maker, anche alla luce dell’accelerazione che il governo Conte intende dare a tali politiche con il progettato reddito di cittadinanza.
ENGLISH - This paper provides an overview of the minimum income policies in Italy over the last two decades. In particular, it analyzes the main characteristics of the various measures which have been introduced, focusing on their pros and cons. The paper concludes with a concise evaluation of the major issues dealing with the strengthening of such policies, also in the light of some recent proposals by the newly elected government.
Dal reddito di garanzia all’assegno unico. Gli interventi attuati in Trentino
From the ≪Minimum Guaranteed Income≫ to the ≪Universal Cheque≫. The evolution of social inclusion policies in TrentinoNel corso degli anni la Provincia autonoma di Trento ha sperimentato diverse forme di sostegno al reddito per i nuclei familiari in stato di deprivazione o a rischio povertà, come
gli assegni per la copertura del minimo vitale e il più recente reddito di garanzia. L’evoluzione
delle politiche di inclusione in Trentino ha portato nel 2017 al varo del nuovo assegno
unico che riunisce in una sorta di «reddito di comunità» diversi sostegni economici
per le famiglie a rischio povertà, per la cura dei figli e per l’inclusione dei disabili. L’Autore prende in esame, quindi, e caratteristiche salienti e le sfide future per una particolare forma
di reddito minimo nato all’ombra delle Dolomiti.
Andrea Grosselli
Nel corso degli anni la Provincia autonoma di Trento ha sperimentato diverse forme di sostegno al reddito per i nuclei familiari in stato di deprivazione o a rischio povertà, come gli assegni per la copertura del minimo vitale e il più recente reddito di garanzia. L’evoluzione delle politiche di inclusione in Trentino ha portato nel 2017 al varo del nuovo assegno unico che riunisce in una sorta di «reddito di comunità» diversi sostegni economici per le famiglie a rischio povertà, per la cura dei figli e per l’inclusione dei disabili. L’Autore prende in esame, quindi, e caratteristiche salienti e le sfide future per una particolare forma di reddito minimo nato all’ombra delle Dolomiti.
ENGLISH - Over the years, the Autonomous Province of Trento experimented with different minimum income schemes for families facing the risk of poverty or deprivation, such as the «Cheque for covering an essential minimum» or the more recent «Minimum guaranteed income». The evolution of social inclusion policies in Trentino brought to the establishment of the new «Universal cheque» which brings together into a sort of «community minimum income» diverse economic supports directed to families in poverty conditions, the support of children and the inclusion of disabled people. This contribution presents the most relevant characteristics and the future challenges of a peculiar minimum income scheme born under the shadow of the Dolomites.
Verso una maggiore inclusività e promozionalità individuale
Giuseppe Bronzini
Rilanciare le politiche per la coesione sociale
Paolo Nerozzi
Disuguaglianze economiche, qualità della vita e struttura occupazionale
Economic inequalities, quality of life and employment structureL’articolo è un commento dell’ultimo lavoro di Guido Baglioni La disuguaglianza e il suo
futuro nei paesi ricchi. Dopo aver discusso la contrapposizione tra differenze e disuguaglianze,
rilevando il ruolo decisivo della valutazione sociale, la tesi della relativa autonomia delle disuguaglianze nelle condizioni di vita dalla disuguaglianza economica viene messa in relazione con il filone di ricerche sul benessere sociale, secondo il quale la qualità della vita non dipende semplicemente dal Pil pro capite. Questo nuovo approccio, elaborato dal noto rapporto di Stiglitz, Sen e Fituossi (2009) e adottato anche da Oecd e Istat, fornisce un sostegno anche alla tesi di una tendenza all’avvicinamento delle diseguaglianze nelle condizioni di vita. Tendenza che però sembra destinata ad arrestarsi, se non a invertirsi, per la crescente polarizzazione della struttura occupazionale, che frena la mobilità sociale ascendente e provoca anche rischi di mobilità discendente.
Emilio Reyneri.
L’articolo è un commento dell’ultimo lavoro di Guido Baglioni La disuguaglianza e il suo futuro nei paesi ricchi. Dopo aver discusso la contrapposizione tra differenze e disuguaglianze, rilevando il ruolo decisivo della valutazione sociale, la tesi della relativa autonomia delle disuguaglianze nelle condizioni di vita dalla disuguaglianza economica viene messa in relazione con il filone di ricerche sul benessere sociale, secondo il quale la qualità della vita non dipende semplicemente dal Pil pro capite. Questo nuovo approccio, elaborato dal noto rapporto di Stiglitz, Sen e Fituossi (2009) e adottato anche da Oecd e Istat, fornisce un sostegno anche alla tesi di una tendenza all’avvicinamento delle diseguaglianze nelle condizioni di vita. Tendenza che però sembra destinata ad arrestarsi, se non a invertirsi, per la crescente polarizzazione della struttura occupazionale, che frena la mobilità sociale ascendente e provoca anche rischi di mobilità discendente.
ENGLISH - The article is a comment on Guido Baglioni’s latest work Inequality and its future in rich countries. After discussing the contrast between differences and inequalities, noting the decisive role of social evaluation, the thesis of the relative autonomy of inequalities in living conditions from economic inequality is related to the line of research on well-being, according to which the quality of life does not simply depend on Gdp per capita. This new approach, elaborated by the well-known report of Stiglitz, Sen and Fitoussi (2009) and also adopted by Oecd and Istat, also provides support for the thesis of a trend towards the reduction of inequalities in living conditions. However, this trend seems destined to stop, if not to reverse, due to the increasing polarization of the employment structure, which hinders upward social mobility and also causes risks of downward mobility.
Serve ancora, e se sì perché, occuparsi della disuguaglianza economica?
Paolo Feltrin
Le leggi elettorali e il falso mito della loro influenza sulla «governabilità»
The electoral laws and the false myth of their influence on ≪governability≫
L’attenzione politica verso i sistemi elettorali è giustificata dall’ipotesi discutibile che esercitino
un’influenza decisiva sul grado di frammentazione del sistema partitico e quindi sulla
durata dei governi. Di fatto, secondo questo argomento, il grado di frammentazione di un
sistema partitico sarebbe determinato dal sistema elettorale, e questo ultimo dunque sarebbe
Le leggi elettorali e il falso mito deQlla loro influenza sulla «governabilità» 225 la causa principale della presenza dei partiti anti-sistema, dell’instabilità del governo e della
coesione variabile della maggioranza che lo sostiene nell’arena parlamentare. Dopo aver discusso e criticato questa ipotesi generale, questo articolo presenta un quadro comparativo di
dati sulla durata dei governi nelle democrazie europee, suggerendo delle spiegazioni alternative.
In effetti, lo status dei governi nelle democrazie europee varia a seconda del loro grado
di integrazione nell’arena parlamentare. Viene formulata una nuova ipotesi generale, in
base alla quale quanto più un governo è integrato nell’arena parlamentare, tanto più estesa
risulta la sua durata in carica. I dati comparativi supportano quest’ipotesi e gettano nuova
luce sul legame tra governo e processo democratico.
Giuseppe Ieraci
L’attenzione politica verso i sistemi elettorali è giustificata dall’ipotesi discutibile che esercitino un’influenza decisiva sul grado di frammentazione del sistema partitico e quindi sulla durata dei governi. Di fatto, secondo questo argomento, il grado di frammentazione di un sistema partitico sarebbe determinato dal sistema elettorale, e questo ultimo dunque sarebbe Le leggi elettorali e il falso mito deQlla loro influenza sulla «governabilità» 225 la causa principale della presenza dei partiti anti-sistema, dell’instabilità del governo e della coesione variabile della maggioranza che lo sostiene nell’arena parlamentare. Dopo aver discusso e criticato questa ipotesi generale, questo articolo presenta un quadro comparativo di dati sulla durata dei governi nelle democrazie europee, suggerendo delle spiegazioni alternative. In effetti, lo status dei governi nelle democrazie europee varia a seconda del loro grado di integrazione nell’arena parlamentare. Viene formulata una nuova ipotesi generale, in base alla quale quanto più un governo è integrato nell’arena parlamentare, tanto più estesa risulta la sua durata in carica. I dati comparativi supportano quest’ipotesi e gettano nuova luce sul legame tra governo e processo democratico.
ENGLISH - The political attention towards the electoral systems is justified by the disputable hypothesis that they exert an influence on the degree of fragmentation of the party system and therefore on the duration of the governments. In fact, according to this argument, the degree of party fragmentation eventually determined by the electoral system would be the main cause of the presence of anti-system parties, of the instability of the government and of the cohesion of the majority that supports it in the parliamentary arena. After having dealt with this general hypothesis and criticized it, the article presents some comparative data on the duration of the governments among the European democracies that will address some alternative explanations. In fact, the status of the governments among the European democracies varies according to their level of integration in the parliamentary arena. A new general hypothesis is stated, according to which the more integrated in the parliamentary arena a government is in the parliamentary arena, the longer is its duration in office. The comparative data support this hypothesis and project new light on the link between governability and the democratic process.
Il nazionalsocialismo e la classe operaia (1933-1939)
National socialism and working classDurante il regime nazionalsocialista si verificò una certa eclissi della classe operaia tedesca
come soggetto sociale autonomo in grado di condizionare, seppur parzialmente, la politica
e la guerra. La classe operaia tedesca per certi versi perdette consistenza come forza autonoma
e venne integrata in misura importante nei meccanismi totalitari, di cui condivise alcuni
indubbi vantaggi, sottoposta a un livellamento sociale e culturale che ne alterò il profilo
e ne ridefinì parzialmente valori e modelli di comportamento. Lo sfruttamento delle risorse,
materiali e umane, dei popoli sottomessi a vantaggio della popolazione tedesca modificò
sensibilmente anche le condizioni sotto le quali il mondo del lavoro affrontava la guerra,
almeno fin quando i bombardamenti strategici degli Alleati sulla Germania non renderanno
le condizioni di vita della popolazione durissime. Inoltre, il regime fu capace di
introdurre misure riguardanti il diritto del lavoro che mostravano un’attenzione reale e
non solo retorica al mondo del lavoro: a titolo esemplificativo possiamo citare la protezione
contro i licenziamenti ingiustificati, il salario garantito in caso di malattia, miglioramenti
della previdenza sociale, l’equiparazione tra operai e impiegati ecc. Le reazioni alle difficoltà
della guerra per la classe operaia non si tradussero in un protagonismo collettivo quanto piuttosto nell’accentuazione di una tendenza già avvertibile negli anni di pace: il ritiro nel privato, l’isolamento dall’esterno e la limitazione dell’interesse alle cose di importanza più immediata. Il movimento nazionalsocialista, inoltre, avviò nella società una mobilità verticale sostanzialmente sconosciuta alla Germania. Il regime, a maggior ragione negli anni della guerra, puntò decisamente sulla razionalità e la modernità in campo tecnico ed economico a dispetto di un’ideologia strettamente legata all’antimodernismo völkisch.
Questo favorì come non mai la concentrazione industriale conferendo una spinta decisiva
al concentramento della forza lavoro nelle grandi industrie. Le tradizionali barriere professionali e i limiti geografici del mercato del lavoro vennero letteralmente spazzati via dal controllo statale sull’impiego di manodopera favorendo una mobilità enorme sia territoriale che sociale.
Edmondo Montali.
Durante il regime nazionalsocialista si verificò una certa eclissi della classe operaia tedesca come soggetto sociale autonomo in grado di condizionare, seppur parzialmente, la politica e la guerra. La classe operaia tedesca per certi versi perdette consistenza come forza autonoma e venne integrata in misura importante nei meccanismi totalitari, di cui condivise alcuni indubbi vantaggi, sottoposta a un livellamento sociale e culturale che ne alterò il profilo e ne ridefinì parzialmente valori e modelli di comportamento. Lo sfruttamento delle risorse, materiali e umane, dei popoli sottomessi a vantaggio della popolazione tedesca modificò sensibilmente anche le condizioni sotto le quali il mondo del lavoro affrontava la guerra, almeno fin quando i bombardamenti strategici degli Alleati sulla Germania non renderanno le condizioni di vita della popolazione durissime. Inoltre, il regime fu capace di introdurre misure riguardanti il diritto del lavoro che mostravano un’attenzione reale e non solo retorica al mondo del lavoro: a titolo esemplificativo possiamo citare la protezione contro i licenziamenti ingiustificati, il salario garantito in caso di malattia, miglioramenti della previdenza sociale, l’equiparazione tra operai e impiegati ecc. Le reazioni alle difficoltà della guerra per la classe operaia non si tradussero in un protagonismo collettivo quanto piuttosto nell’accentuazione di una tendenza già avvertibile negli anni di pace: il ritiro nel privato, l’isolamento dall’esterno e la limitazione dell’interesse alle cose di importanza più immediata. Il movimento nazionalsocialista, inoltre, avviò nella società una mobilità verticale sostanzialmente sconosciuta alla Germania. Il regime, a maggior ragione negli anni della guerra, puntò decisamente sulla razionalità e la modernità in campo tecnico ed economico a dispetto di un’ideologia strettamente legata all’antimodernismo völkisch. Questo favorì come non mai la concentrazione industriale conferendo una spinta decisiva al concentramento della forza lavoro nelle grandi industrie. Le tradizionali barriere professionali e i limiti geografici del mercato del lavoro vennero letteralmente spazzati via dal controllo statale sull’impiego di manodopera favorendo una mobilità enorme sia territoriale che sociale.
ENGLISH - During the National Socialist regime a certain eclipse of the German working class occurred as an autonomous social subject able to condition, partially, politics and war. The German working class in some ways lost consistency as an autonomous force and was integrated progressively in totalitarian mechanisms, shared some undoubted advantages, subjected to a social and cultural leveling that altered the profile and redefined values and behavior models. The exploitation of the resources, both physical and human, of the subjugated peoples for the benefit of the German population significantly changed the conditions under which the world of workclass faced war, at least until the Allied strategic bombardments on Germany will make the living conditions of the population harsh. Furthermore, the regime was able to introduce measures concerning labor law that showed real and not just rhetorical attention to the world of work: by way of example we can cite protection against unjustified dismissals, guaranteed wages in case of illness, improvements of social security, the equality between workers and employees, etc. The reactions to the difficulties of the war for the working class did not translate into a collective protagonism but rather in the accentuation of a tendency already visible in the years of peace: withdrawal in private, isolation from the outside and restriction of interest to things of more immediate importance. The National Socialist movement also initiated a vertical mobility in society that was largely unknown to Germany. The regime, even more so during the war, decided definitely on rationality and modernity in the technical and economic field in spite of an ideology closely linked to völkisch antimodernism. This favored, as never before, the industrial concentration gave a decisive push to the concentration of labor power in large industries. The traditional professional barriers and the geographical limits of the labor market were literally swept away by state control on the use of labor, favoring enormous mobility both territorial and social.